La lotta alla plastica continua e si arricchisce di nuove idee. In Asia sta prendendo piede la soluzione forse più originale: foglie di banano per impacchettare frutta e verdura. L’ideatore della confezione eco-compatibile e garantita senza pesticidi, sembra essere stato il supermercato Rimping a Chiang Mai, in Tailandia, e grazie ai post entusiastici dei clienti sui social, l’idea si è diffusa rapidamente in altri punti vendita del continente.
Alcune grandi catene di supermercati in Vietnam, come Lotte Mart, Saigon Co.op, e Big C, si sono interessate e hanno riproposto, per adesso solo in fase di test, il nuovo packaging con foglie di banano per i prodotti dell’ortofrutta. Le prime impressioni sembrano positive tanto che un rappresentante della catena Lotte Mart ha dichiarato che, superato il periodo di sperimentazione, l’intenzione è di sostituire la plastica in tutti i punti vendita a livello nazionale e non solo per frutta e verdura, ma anche per incartare (o imbananare) i prodotti a base di carne fresca.
I virtuosi si trovano anche in Italia, come a Ossana (Tn), in Val di Sole, dove una giovane imprenditrice locale, Patrizia Pedergnana, ha vinto il bando del comune per aprire un supermercato con prodotti a km zero e plastic-free. Per assicurare il basso impatto ambientale del negozio, i vincoli da rispettare sono particolarmente rigidi. Per esempio i prodotti alimentari secchi si possono vendere o senza confezionamento (per una quota di almeno il 70%) o usando vetro (per almeno il 20%). I prodotti liquidi (olio, vino e altre bevande) devono essere venduti sfusi per almeno il 90% e per il 75% dovranno essere stati prodotti o trasformati entro 110 chilometri dal punto vendita.
Norme analoghe per frutta e verdura fresca e i cibi nel banco frigo. Certo, si tratta di una piccola realtà locale ma, come nel caso asiatico, potrebbe fare da apri pista per altre aziende e amministrazioni pubbliche che hanno a cuore la sostenibilità.
Tra i supermercati da sempre più sensibili alle tematiche ambientali spicca ancora una volta NaturaSì che dopo l’eliminazione delle bottiglie di acqua in plastica dagli scaffali e la scelta dei sacchetti riutilizzabili per l’ortofrutta, continua la sua lotta alla plastica seguendo l’esempio dei già esistenti “negozi leggeri”. È di questi giorni il comunicato in cui l’azienda annuncia il ritiro dagli scaffali di 22 prodotti che progressivamente saranno venduti esclusivamente sfusi tramite erogatore come cereali, legumi, zuppe, muesli, fiocchi d’avena, semi misti, frutta secca. Oltre all’eliminazione del packaging in plastica e alla possibilità di acquistare solo la quantità desiderata, i consumatori apprezzeranno la riduzione del prezzo del 10% rispetto a quelli confezionati. L’obiettivo è quello di aumentare il numero degli alimenti venduti sfusi nei prossimi anni.
© Riproduzione riservata. Foto: Pagina Facebook di Perfect Homes Chiangmai
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
Molto interessante davvero!
Sappiamo già che in alcuni paesi (esempio Caraibi, Mauritius) le foglie di banano vengono impiegate anche per cuocere i crostacei, il pesce e altre pietanze, come accade con le foglie di vite in Grecia.
Le domande che mi sorgono sono: abbatteranno i banani per prendere le foglie? e se non li abbatteranno basteranno le loro foglie per impacchettare tutti i cibi?
Di converso la loro necessità potrebbe diventare la “scusa” per piantare moltissimi alberi!!!
Errore: in Grecia (Turchia, Siria, Palestina, Iran etc.) le foglie di vite non servono a cuocere i cibi, ma sono parte integrante degli stessi, mentre le foglie di banano non si mangiano.
Il banano muore dopo aver fruttificato e viene ripiantato, per cui oggi le foglie , se non altrimenti utilizzate, sono semplicemente biomassa.
A rigore il banano non è neppure un albero in senso stretto.
Mr Delta, mille grazie per le precisazioni!
Molte cose troppo complicate. Al posto delle banane, sacchetti o strisce di carta vanno benissimo. E sullo sfuso, il problema è organizzativo (contenitori) e di tempo. Credo ci siano soluzioni più semplici
Io penso che bisognerebbe analizzare molto, ma molto bene, l’utilizzo delle foglie di banano per il confezionamento degli alimenti. Ma non perché il banano presenti qualche problema, ma per il quantitativo necessario di piante da utilizzare. Ammesso e non concesso che tutti vadano in questa direzione, di quanti banani avremmo bisogno? Probabilmente un numero così elevato che richiederebbe coltivazioni estensive di bananeti: la via più semplice, e quindi più praticata, sarà senz’altro quella di abbattere altra foresta equatoriale e piantare banani, come è già stato fatto per la produzione di olio di palma.
A me pare che la coperta sia sempre troppo corta: o di qua o di là sorgono sempre dei problemi. Quindi, prima che tutti si lancino sulle foglie di banano, andrebbe esaminato anche questo problema (facile a dirsi, ma credo quasi impossibile a farsi). Queste scorciatoie possono essere veramente pericolose.
Per non parlare poi del problema della salute dei bananeti: sto parlando del Fusarium oxysporum, che uccide le piante e fa strage nelle coltivazioni: credo che il problema sia ancora irrisolto (i banani muoiono, e le persone che lavorano nelle piantagioni si ammalano per l’uso spropositato, senza successo, di fungicidi e antiparassitari), a meno di utilizzare piante OGM che resistano alla malattia. Come si può comprendere, non si può imboccare una strada senza pensare alle conseguenze.
La carta bisogna farla, e lo sfruttamento del legno per produrre a poco prezzo polpa di cellulosa da carta (in certi paesi) non è un problema da poco.
Per quanto ne so, inoltre, la carta riciclata non è ammessa per alimenti.