Vuoto a rendere per le bottiglie in PET: un’altra occasione persa per l’Italia? E intanto gli Alpini invadono Trento con un mare di plastica
Vuoto a rendere per le bottiglie in PET: un’altra occasione persa per l’Italia? E intanto gli Alpini invadono Trento con un mare di plastica
Valeria Nardi 10 Maggio 2018Vuoto a rendere o invasione di plastica? La grave situazione ambientale che deriva dai rifiuti di plastica è un problema su cui è puntata l’attenzione dei Paesi di tutto il mondo. Anche Il Fatto Alimentare ha trattato il tema più volte, in particolare sostenendo le campagne che promuovono il consumo dell’acqua di rubinetto invece di quella in bottiglia. In questi giorni abbiamo assistito a diverse iniziative virtuose: dal primo maggio 2018 le Isole Tremiti hanno bandito la plastica, sostituita da contenitori biodegradabili, in attesa di eliminare anche le bottiglie in pet e i contenitori di polistirolo. Il governo britannico invece si è dichiarato contrario alle cannucce monouso utilizzate per le bevande, ai bastoncini inseriti dai barman nei cocktail e ai cotton fioc.
Vuoto a rendere e rimborso
Ma è in arrivo un’altra novità positiva: in Italia sta per tornare il vuoto a rendere per le bottiglie di pet utilizzate soprattutto per le acque minerali, il latte e altri liquidi alimentari. A parlarne è un articolo di Valori, a firma di Emanuele Isonio, che spiega come “dopo due anni dalla richiesta, il Ministero dell’Ambiente ha emanato il decreto che autorizza le attività del consorzio Coripet, il progetto presentato nella primavera 2016 da sei dei più importanti produttori di acque minerali e dai riciclatori. Il via libera ministeriale permetterà di gestire in modo autonomo le bottiglie in PET”. Queste si potranno ancora buttare nella frazione differenziata della spazzatura domestica, “ma – continua Isonio – verrà introdotto un “premio” per i cittadini che decideranno di inserirle in appositi macchinari eco-compattatori che saranno installati nei supermercati” in cambio di un piccolo sconto sulla spesa effettuata.
Paesi a confronto
Si tratta di un’iniziativa lodevole, che rischia però di essere uno specchietto per le allodole nella lotta all’inquinamento. Il sistema del vuoto a rendere funziona se, oltre buona volontà, i consumatori possono effettivamente recuperare qualche euro sulla spesa. In Italia, per ogni bottiglia riportata, verrà riconosciuto un importo di 1,5 centesimi, meno del prezzo delle buste compostabili dell’ortofrutta che tanto scalpore hanno generato in questi mesi. In Germania il sistema è attivo da diversi anni, ma con una differenza fondamentale: per ogni bottiglia il cliente riceve un buono di circa 15 centesimi (l’importo varia a seconda del materiale e del formato dai 2 ai 25 centesimi, vedi sito).
Facciamo un esempio: il cittadino tedesco virtuoso che invece di buttare una decina di bottiglie nella spazzatura le porta al supermercato, riceve un buono sconto di 1,5 euro. La medesima procedura fatta in Italia frutterà a uno sconto di 15 centesimi! Quando l’italiano virtuoso vedrà quei 15 centesimi sottratti all’importo della spesa sullo scontrino, forse gli verrà in mente la tassa annuale sulla spazzatura e si domanderà se anche da quei 2/300 euro potrà detrarre i meritati 15 centesimi…
Riciclare è encomiabile e necessario, ma per evitare di essere sommersi dalla plastica la soluzione più logica è, da parte delle aziende, diminuire il packaging, e per i consumatori privilegiare alimenti sfusi o evitare acquisti inutili, come ad esempio l’acqua in bottiglia, scegliendo di bere quella del rubinetto o delle casette dei Comuni.
Sia le aziende sia i singoli cittadini hanno ampio margine di azione per ridurre la quantità di rifiuti e queste iniziative lo dimostrano, ma c’è un altro attore che dovrebbe promuovere le “buone pratiche”: l’amministrazione pubblica.
Il caso degli Alpini
In molte fiere di carattere gastronomico o alimentare che si tengono a Milano e Torino, oramai è prassi l’impiego di stoviglie monouso realizzate con materiale compostabile e biodegradabile, purtroppo non è sempre così.
Come nel caso della 91° Adunata Nazionale degli Alpini che si terrà a Trento il prossimo fine settimana (11, 12 e 13 maggio). Sono previsti oltre 600.000 visitatori, eppure il Comune di Trento non ha ritenuto necessario inserire nella convenzione stipulata con il Comitato organizzatore, l’obbligo all’uso di stoviglie compostabili. Un’occasione persa la piccola città ma colta al volo da Pro.Mo – Gruppo Produttori Stoviglie Monouso in Plastica – che pubblicizza la collaborazione con l’Adunata come una festa all’insegna della “sostenibilità globale, grazie alla fornitura di stoviglie monouso in polipropilene”. E per la pace degli ambientalisti scettici si precisa che “a fine evento i prodotti saranno riciclati e trasformati in nuovi oggetti: un perfetto esempio di economia circolare a salvaguardia dell’ambiente”. A coronare l’intera faccenda l’immagine pubblicitaria pregna di significato: piatto e bicchiere di plastica, cappello da alpino e sullo sfondo le Dolomiti (Patrimonio Mondiale UNESCO dal 2009).
Scegliere l’opzione più ecologica era possibile, come dimostrano da anni gli organizzatori di “Fa’ la cosa giusta”, la Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili. Quest’anno ha raggiunto 91mila visitatori a Milano, e da regolamento vieta l’utilizzo della plastica a tutti gli espositori. Durante l’esposizione si possono utilizzare esclusivamente piatti e bicchieri lavabili o al 100% biodegradabili e compostabili.
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[sostieni]
Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
Il cittadino tedesco ha pagato una cauzione sulla bottiglia che gli viene restituita in forma di buono spendibile nel punto vendita in cui riconsegna il vuoto. Non ci sono sconti di nessun tipo.
Questo avveniva anche qua in Lombardia, .nel supermercato c’era un banchetto a cui consegnav i vuoti di vetro, in cambio ti veniva restituita la cauzione che avevi pagato all’acquisto.Essendo in gettoni , la potevi spendere solo nel supermercato di provenienza.
Il vuoto a rendere ha senso se coniugato con il principio del riutilizzo, non del riciclaggio. il senso è che riutilizzi non solo lo stesso materiale, ma esattamente lo stesso manufatto, lavato e sterilizzato, con ovvio risparmio non solo di materia prima, ma anche di energia. Questo vuoto a rendere, invece, è solo un riciclaggio mascherato, riciclaggio per il quale già paghiamo profumatamente i nostri comuni e che funziona se va bene al 50%. Il 50% della plastica va agli inceneritori, altro che “nuovi oggetti”, a causa dell’ignoranza dei cittadini e, soprattutto, delle istituzioni, che non sono riuscite a creare un linguaggio ed un simbolismo comune tale da evitare le plastiche non riciclabili..
Che senso ha continuare ad usare materiali evidentemente dannosi per l’ambiente (vedi microplastiche) e spacciarle invece per amiche dell’ambiente? Il vetro, quando disperso nell’ambiente, mantiene la sua caratteristica inerzia chimica e si comporta come se fosse un sasso, della sabbia…. la plastica ce la ritroviamo nel branzino, invece.
Bravo Guido Cladini
un governo lungimirante dovrebbe usare la leva fiscale per indirizzare i consumi e la produzione.