Le vespe non godono di ottima reputazione, perché sono predatrici e perché la loro puntura può provocare gravi reazioni allergiche. Eppure andrebbero rivalutate, perché occupano una nicchia fondamentale negli ecosistemi, perché potrebbero essere utilizzate per impieghi agricoli dall’enorme valore economico e perché forniscono sostanze in studio come medicinali, oltre a materia prima alimentare. Bisognerebbe solo sconfiggere i pregiudizi e, soprattutto, conoscerle meglio.
A rivalutarle provvede ora una grande metanalisi condotta dai ricercatori dello University College di Londra insieme con i colleghi dell’Università dell’East Anglia e del centro per la ricerca sulla biodiversità e sull’ambiente dell’Università di Firenze, appena pubblicata su Biological Reviews. In essa sono stati presi in esame ben 500 studi scientifici condotti negli ultimi anni su molte delle oltre 30 mila diverse specie note di vespe aculeate, analizzate da vari punti di vista, e ciò che è emerso è davvero notevole.
Innanzitutto, le vespe sono predatrici di altri insetti: uno strumento formidabile, se lo si utilizza nel modo corretto. Quelle solitarie si specializzano in una specie, mentre quelle che vivono in comunità sono più generaliste, anche se la preferenza, per i loro pasti, è tendenzialmente verso gli artropodi, in particolare, verso gli afidi e i bruchi, tra gli infestanti più temuti dagli agricoltori.
Per capire che valore abbiano, basta ricordare che la lotta biologica agli insetti parassiti ogni anno alimenta un giro d’affari da 416 miliardi di dollari nel mondo: un business di cui le vespe fanno già parte, ma del quale potrebbero diventare protagoniste di primaria importanza, se fossero impiegate di più a questo scopo. Si pensi, inoltre, a che cosa potrebbero rappresentare per tutti i Paesi che non possono permettersi costosi insetticidi e che vogliano al tempo stesso proteggere l’ambiente: esperimenti in questo senso, condotti dagli stessi autori (inglesi) di questa metanalisi, sono già stati effettuati con grande successo in Brasile, in campi di canna da zucchero e mais.
Le vespe, poi, sono impollinatrici: un ruolo senza il quale non è possibile la coltivazione di molte specie vegetali, ma che oggi è talmente in crisi da dover essere sostenuto con spostamenti di grandi colonie di api, in alcuni Paesi come gli Stati Uniti. Le vespe sono impollinatrici sia dirette, sia indirette, perché visitando un gradissimo numero di piante – non meno di 960, 164 delle quali dipendono totalmente da loro per la fecondazione – lo diventano involontariamente. Nel mondo il valore economico dell’impollinazione effettuata dagli insetti supera i 250 miliardi di dollari ogni anno.
Le vespe sono anche osservate speciali come possibili fonti di farmaci: nella loro saliva si trovano potenziali nuovi antibiotici, mentre il veleno ha già mostrato proprietà antitumorali. Infine, le larve sono ottime come fonte alimentare, e infatti sono già utilizzate in alcuni paesi in questo modo.
Come molti altri insetti e soprattutto come le parenti strette api, anche le vespe sono declino. Ma poiché sono conosciute molto meno delle api, e tenute in minore considerazione, sono più a rischio. L’appello finale degli autori è dunque a fare di più su tutti i fronti: quello della ricerca e della tutela dei loro habitat, ma anche quello dei pregiudizi, così come quello dei possibili utilizzi.
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Giornalista scientifica
Ormai non si può più parlare di un insetto senza anche ipotizzare di mangiarselo 🙂