Un uovo al giorno non ha alcun effetto negativo sulla salute, neppure per coloro che hanno una storia di malattie cardiovascolari o metaboliche. Forse la controversia sui benefici o, viceversa, sui danni associati al consumo regolare di uova è arrivata a una conclusione affidabile, grazie a un’analisi condotta dai ricercatori canadesi del Population Health research institute (Phri) della McMaster University e di Hamilton health sciences. Gli scienziati hanno esaminato i dati di 177 mila persone raccolti nell’ambito di tre grandi studi precedenti, condotti in 50 paesi di sei continenti.
Le tre ricerche – si legge sull’American Journal of Clinical Nutrition – avevano coinvolto 146.000 soggetti sani (in quella chiamata Prospective urban rural epidemiology o Pure) e oltre 31.500 persone con una patologia cardiovascolare (in due studi clinici* nati con lo scopo di verificare l’efficacia di terapie farmacologiche anticolesterolo). In tutti e tre erano presenti dati sulle abitudini alimentari, e per questo è stato possibile dimostrare che chi mangia un uovo al giorno o meno non ha alcuna conseguenza sui livelli del colesterolo ematico, sull’incidenza di gravi eventi cardiovascolari come gli infarti e sulla mortalità.
Da notare che l’analisi, a differenza di altre simili, è stata finanziata dal Population health research institute, dal Canadian institutes of health tesearch, da Heart and Stroke Foundation of Ontario e dallo European research council, cioè da agenzie e centri pubblici, e da alcune aziende farmaceutiche. Lo studio dovrebbe quindi essere meno a rischio di conflitti di interesse rispetto ad altri, finanziati in parte o interamente da aziende produttrici di uova.
Resta il fatto che si tratta di studi prospettici, nei quali si valuta la presenza di associazioni eventuali tra un certo fattore e una o più malattie, ma non si può mai dimostrare un nesso di causa-effetto. Ciò accadrebbe se lo studio fosse stato progettato per questo scopo, per esempio se i partecipanti fossero stati suddivisi in due gruppi, uno cui era permesso di mangiare uova e l’altro no. Tuttavia l’entità della popolazione esaminata e il fatto che provenisse da studi condotti dallo stesso gruppo di esperti e quindi con dati raccolti ed elaborati secondo un modello unico e affidabile, depone a favore della grande attendibilità dei risultati. Le uova sembrano insomma scagionate dalle accuse, e tornare finalmente a essere soprattutto fonti di preziosi nutrienti.
(*) ONTARGET, da Ongoing Telmisartan alone and in Combination with Ramipril Global End Point Trial, e TRASCEND, da Telmisartan Randomized Assesment Study in ACEI Intolerant Subjects with Cardiovascular Diseases.
Giornalista scientifica
Essendo uno studio basato su dati mondiali è sicuramente piuttosto convincente e consolatorio per gli affezionati del consumo delle uova, anche considerato che l’alimentazione sembra incidere solo per il 20% del colesterolo totale e in maniera molto diversa da individuo a individuo.
Nonostante la gravosa percentuale di malattie cardiovascolari nel Nord America, da nazione a nazione poi ci sono valori limite oltre i quali si interviene con medicinali, per esempio credo che in Canada vengono consigliate le statine con LDL uguale o maggiore di 195 che a me sembra valore molto alto.
Detto questo quindi non credo che cambierò il mio uso parsimonioso delle uova.
Non esagerare. Mangiare tutto. Ovviamente per persone in discrete condizioni. Tutto lì. Per il resto dato che siamo tutti differenti c’è il medico di fiducia.
Sarebbe bello raccogliere tutti gli studi sulle uova, da quelli che “non più di un uovo 1 volta al mese” ad “un uovo tutti i giorni”….
In questo caso mi pare si confermi che il colesterolo ematico è soprattutto endogeno (normalmente per l’80% e prodotto dal fegato), quindi deriva dal proprio metabolismo ed è di origine genetica, piuttosto che dall’introduzione con l’alimentazione.
Credo che uova e caffè siano i prodotti che nel tempo subiscono i maggiori alti e bassi negli studi scientifici.
Si tratta di studi “prospettici” o “retrospettivi”?
Gentile Carlo, si tratta di uno studio retrospettivo basato sui dati precedentemente raccolti da uno studio prospettico (Prospective urban rural epidemiology) e da due trial clinici di farmaci anticolesterolo (ONTARGET e TRASCEND)
Ma non è una novità,
negli anni 90 si era cercato di abbassare il contenuto di colesterolo nelle uova modificando l’alimentazione delle ovaiole con alimenti vegetali naturali (portulaca).
Dovendo affrontare il problema mi documentai in merito e mi imbattei in un lavoro scientifico di un confronto di diete.
32 persone divese in due gruppi da 16 una con una dieta standard e l’altra con 3 uova al giorno.
Statisticamente non risultò nessun aumento significativo del colesterolo tra i due gruppi; morale : conta più la genetica che la dieta.
p.S. poi si arrivò alla conclusione che non si può abbassare significativamente il contenuto di colesterolo nelle uova perchè la gallina è geneticamente programmata a produrre uova che generino pulcini sani.
Nello studio PURE c’erano già forti dubbi su come interpretare i risultati soprattutto dati dal fatto che una gran parte dei soggetti è di etnia asiatica. Inoltre lo studio non dava indicazioni attendibili sulla dieta complessiva e questo faceva pensare che molti soggetti avessero una dieta con una quantità di energia molto inferiore alle abitudini occidentali. Sappiamo che l’incidenza delle malattie cardiovascolari dipende molto dallo stato ponderale dei soggetti. Le evidenze di questo studio, che comprende anche il PURE, fanno emergere il “valore” del colesterolo sull’aumento del rischio. Una dieta povera di calorie e ricca di alimenti vegetali (asiatica) può comprendere un uovo al giorno anche se apporta 200mg d colesterolo, ma può modificare il rischio cardiovascolare se l’uovo quotidiano è associato ad una dieta povera di verdure, ricca di carne, povera di pesce, anche se con un corretto bilancio energetico? Tutti gli studi fin qui pubblicati sostengono di no, la IFM&D ha già rivisto 2 anni fa il consumo di uova portandolo da 2 a 2-4 a settimana, arrivare a 7 però potrebbe aumentare il rischio inutilmente dal momento che vi sono altri alimenti che possono agevolmente sostituire le uova.
Nei vari studi viene anche considerato il tipo di cottura/preparazione dell’uovo ?