L’Europa continua a sprecare quantità enormi di cibo, che nel 2021 hanno addirittura superato quello importato. Lo sostiene l’associazione no profit Feedback EU, appoggiata da 43 realtà di 20 paesi tra i quali Too Good To Go, lo European Environmental Bureau, Zero Waste Europe e membri della Eu Platform on Food Losses. In un dettagliato rapporto intitolato No Time to Waste, la Ong fissa in 138 i milioni di tonnellate di prodotti agricoli importati (per le quali sono stati spesi 150 miliardi di euro) e in 153,5 quelli di cibo buttato via: un valore circa doppio rispetto a quello contenuto nelle stime precedenti e spiegabile con il miglioramento dei dati provenienti dal settore agricolo (aziende agricole, allevamenti e così via), tuttora, peraltro, largamente incompleti. Ma lo spreco di cibo, che interessa circa un quinto di quello che viene prodotto, costa all’Europa 143 miliardi di euro, ed è associato al 6% delle emissioni di gas serra dell’Unione. Se si riuscisse a dimezzarlo entro il 2030, e cioè a rispettare gli obiettivi delle Nazioni Unite, oltre a risparmiare moltissimo denaro, si potrebbe evitare di utilizzare 4,7 milioni di ettari di terreno agricolo.
Si tratta comunque di cifre che non sono più tollerabili, a maggior ragione in un momento in cui tutto il mondo fa i conti con i cambiamenti climatici, la crisi alimentare innescata dalla guerra e dall’impazzimento dei costi energetici. Per questo Feedback EU chiede provvedimenti stringenti come rapporti regolari e dettagliati, oltre a tetti allo spreco finalizzati a raggiungere l’obiettivo di un dimezzamento entro il 2030, da far rispettare con multe e sanzioni. I limiti allo spreco dovrebbero tuttavia comprendere non solo i rivenditori e i consumatori, ma tutte le parti della filiera alimentare, perché solo in questo modo i provvedimenti potrebbero essere realmente incisivi. Se, al contrario, fossero inclusi solo distributori finali e consumatori, l’effetto potrebbe escludere tra il 48 e il 76% dello spreco attuale. Inoltre, le nuove misure dovrebbero essere approvate immediatamente e fatte entrare in vigore nel 2023, perché l’Europa non può più perdere tempo. Se così fosse, le misure potrebbero diventare un riferimento per tutti i paesi, perché in tutto il mondo si cerca di rispettare gli obiettivi dell’Onu, ma quasi dieci anni dopo la loro elaborazione e presentazione, ben poco è stato fatto e ovunque si continuano a sprecare ‘incredibili’ quantità di cibo (questo il termine usato).
Per dimostrare come ridurre lo spreco non sia affatto fuori dalla portata dei sistemi industriali e agricoli più avanzati, infine, il rapporto cita alcune aziende e stati che hanno intrapreso questa strada da tempo. Tra queste, la Kellogg’s, che tra il 2016 e il 2019 ha ridotto lo spreco del 17% (pari al 5,6% della produzione annua), la G’s Fresh, che in Regno Unito e Spagna, tra il 2017 e il 2020, lo ha ridotto del 43%, risparmiando oltre 21mila tonnellate di cibo, e poi IKEA, che dal 2016 a oggi ha diminuito lo spreco dei suoi ristoranti e dei suoi negozi alimentari del 46% (procedendo con il 9% annuo), o la mensa di Ostenda, in Belgio, che hanno eliminato il 40% di sprechi tra il 2021 e il 2022 o, ancora, l’hotel polacco Novotel Warsaw Centrum, che ha raggiunto il 55% di riduzione in un solo anno. Anche Carrefour è riuscita a comprimere il proprio spreco del 27%, tra il 2016 e il 2020, mentre in Danimarca una serie di iniziative concertate tra il governo e alcuni produttori ha portato a dimunire lo spreco di una quantità compresa tra l’11 e il 13% all’anno, tra il 2014 e il 2018. Questi esempi confermano che ottenere risultati importanti, anche in tempi relativamente brevi, è possibile: basta volerlo, e trovare le soluzioni più adatte alle singole realtà, sotto l’egida di norme condivise e omogenee.
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Giornalista scientifica
Le norme possono aiutare ma per il cambio radicale di certi – cattivi – comportamenti ci vuole ben altro.
Le norme possono andare bene per la grande distribuzione e per strutture complesse legate alla produzione di cibo. Per migliorare i comportamenti domestici serve altro.
Ai tempi dei miei nonni (inizi ‘900) quando la fame era costante a causa di risorse alimentari ridottissime, non si sprecava neppure 1 chicco di grano.
Se la povertà tornerà nei paesi occidentali ora benestanti e spreconi, sarà fisiologico ricominciare a non sprecare.
A casa mia non si è mai sprecato del cibo. Poco tempo fa, ad esempio, è andato a male del latte e allora, anzichè buttarlo, ho fatto come faceva mia madre: ho fatto della ricotta ed il siero l’ho utilizzato per innaffiare le piante.
https://toogoodtogo.it/it/movement/knowledge/dove-sprechiamo-cibo
Come facciamo a fare ragionamenti generali come se fossimo tutti ugualmente responsabili? prendiamo dai dati riportati nel link per esempio i numeri USA 2017 ( 415 kg-anno procapite ) , Italia ( 130 kg-anno) e Cina/Giappone ( circa 40/50 kg-anno ) ………