La stagione della vita in cui si hanno le idee più chiare è l’infanzia: i bambini sanno sempre cosa vogliono e cosa non vogliono. Anche a tavola. Così non basta comprare una merendina, deve essere “quella” merendina. Il perché si intuisce facilmente: è la preferita dal loro compagno di banco, ma più spesso  è quella che “regala” il gadget oppure è reclamizzata in tv da un buffo personaggio.

Basta mettersi davanti allo schermo nella fascia oraria dedicata ai più piccoli per accorgersi che caramelle, merendine, snack e leccornie varie fanno la parte del leone negli spot. Uno studio recente mostra che la quantità di tempo trascorsa davanti al piccolo schermo influenza le scelte alimentari dei bambini.

Ci sono già molte ricerche sulla relazione tra spot tv, gusti e consumi, e non è una sorpresa sapere che dopo una scorpacciata di piccolo schermo il bambino è più probabile che preferisca mangiare un prodotto reclamizzato che uno di una marca sconosciuta, che non ha mai sentito nominare. Come scrive Ali Elliott del sito canadese AboutKidsHealth, in nord America la “quota” di spot che spingono alimenti per bambini ricchi di grassi e zuccheri arriva all’80 % del totale, con un ritmo di circa 11 réclame di junk-food all’ora.

In uno studio condotto da alcuni ricercatori inglesi, e pubblicato dalla rivista scientifica Pediatrics, è stato esaminato l’effetto degli spot tv sulle preferenze alimentari di circa 300 bambini inglesi dai 6 ai 13 anni. I piccoli in due momenti distinti hanno guardato uno spot di 30 secondi di un giocattolo o di un cibo e dopo hanno seguito per 20 minuti il cartone animato Scooby-Doo. Alla fine sono stati interrogati sui loro gusti.

I ricercatori hanno visto che i bimbi scelgono di più gli alimenti ricchi di zuccheri e grassi dopo aver visto uno spot alimentare rispetto alla  pubblicità di giocattoli. L’altro elemento emerso è che non è tanto il marchio che conta, quanto la tipologia di cibo più o meno ricco di ricco di calorie. Un risultato che contraddice la linea di difesa normalmente utilizzata dai produttori di junk-food, secondo i quali la pubblicità indirizza  i bambini verso un marchio o e non influenza i gusti alimentari di base.

Lo studio ha anche evidenziato che i bambini che stanno davanti alla Tv per più di 4 ore sono più “sensibili” agli spot. Peferiscono cibi più ricchi di calorie e più “di marca” rispetto ai bimbi che guardano meno programmi. È probabile che una maggiore esposizione giochi un ruolo importante nel determinare la risposta “migliore” al contenuto della pubblicità: “Tu (non solo) vuoi questo tipo di alimento, lo vuoi (proprio) di questa marca”.

Paragonando l’effetto della pubblicità di alimenti a quello degli spot di giocattoli, i ricercatori hanno notato che i bambini tendono a riconoscere di più gli spot del cibo: dunque, apprezzano e prestano maggiore attenzione a queste réclame, probabilmente perché sono sempre molto divertenti, colorate e spesso mostrano bambini – nei quali i piccoli spettatori si rispecchiano –  felici che  apprezzano molto quello che stanno mangiando. 

Secondo l’American Academy of Pediatrics (Aap), quanto più i bambini guardano la Tv, tanto più consumano alimenti calorici e grassi e tanto meno frutta e verdura e c’è un collegamento tra l’iperalimentazione  e la visione della Tv durante i pasti.  L’Aap ha rivolto una raccomandazione ai medici perché a loro volta facciano pressioni per limitare questo tipo di spot . In Quebec, ricorda Ali Elliott, c’è già una legge che vieta le pubblicità dirette ai bambini con meno di 13 anni, e  sarebbe ora che anche il resto del Canada la adottasse. E, visto l’effetto che la pubblicità di cibo ha sui bambini, forse sarebbe ora di avere spot che promuovano gli alimenti più sani.

Mariateresa Truncellito

foto: Photos.com