Ridurre l’impatto ambientale nei trasporti delle merci in un Paese come il nostro con poche  infrastrutture “eco-friendly”, con poche rotaie e corsi navigabili è una sfida difficile. Eppure uno dei grandi gruppi industriali italiani, Ferrero risulta all’avanguardia.
“Lo sviluppo sostenibile è quello che soddisfa le necessità delle attuali generazioni senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie” (Nazioni Unite, Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, 1987). La filiera alimentare “from the farm to the fork”, dalla fattoria alla forchetta, si presta a diverse aree di intervento: eco-agricoltura, approvvigionamenti, trasformazione industriale, packaging, distribuzione. In ogni fase si cerca di limitare lo sfruttamento delle risorse naturali e a ridurre l’impatto complessivo delle produzioni e dei prodotti sull’ambiente.

L’attenzione si orienta anche verso le attività logistiche, in particolare sul trasporto delle merci. Riutilizzo e riciclo delle pedane di carico  pallets), ottimizzazione dei tragitti per abbattere il numero dei chilometri percorsi da camion privi di carico, rinnovo degli automezzi in vista della progressiva riduzione delle loro emissioni (anche sonore).
L’intervento più difficile è il passaggio dal trasporto su gomma a quello su rotaia o su fiume. Tra i pionieri di questo cambiamento c’è la  Ferrero, che dal 2005 in Francia ha iniziato a trasportare su treno i suoi prodotti, superando a Natale scorso il traguardo dei 50 milioni di unità. Non solo: lo scorso mese ha dato il via al trasporto delle merci sulla Senna, da Rouen fino alla regione di Parigi.
Al di là dell’Atlantico la stessa azienda nel mese di ottobre ha annunciato una sinergia con Hershey, il gigante Usa del cioccolato, proprio per ridurre il “carbon footprint” e magari anche i costi operativi legati a depositi, trasporti e distribuzione logistica.

Anche il gruppo francese Bel, quello dei formaggini tondi nel guscio di cera rossa “Mini Babybel”, ha messo a punto diverse iniziative per sviluppare su alcuni tragitti l’opzione-rotaia. Il trasporto combinato – vale a dire, treno più camion (dalla stazione di arrivo a destinazione) – costa ancora qualcosa in più rispetto al tutto-strada. Eppure il continuo aumento del prezzo del gasolio, le tasse sui grandi veicoli già introdotte in alcuni Paesi Ue e la congestione del traffico inducono a credere possa trattarsi della scelta vincente. Così il formaggio Leerdammer, distribuito appunto da Bel, già viaggia in treno da Rotterdam a Milano.
Oltre Manica a distinguersi è PepsiCo, che già da due anni carica in treno i suoi fiocchi d’avena “Quaker Oats” e “Scott’s Porrage Oats” dallo stabilimento scozzese fino al profondo sud dell’isola a Leicester.

Un’ultima idea dal nord della Francia è quella di Geodis, che esegue le consegne urbane a Lille per conto di Carrefour mediante camion refrigerati a motore ibrido. Meno gas, meno rumore.
E se pure i “supply-chain managers” si convertono alla “green economy”, aumentano le speranze verso un futuro con meno gas e meno rumore.

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