Il modo più sostenibile di bere un caffè è mangiarne la tazza, una volta bevuto il contenuto. Questa l’idea di fondo che ha spinto Miroslav Zapryanov, giovane imprenditore bulgaro, a progettare la prima tazza per bevande calde commestibile già nel 2010, e a fondare la start up Cupffee nel 2014. Poi, nel 2018, il salto di qualità dopo il brevetto, e cioè l’avvio di una produzione su larga scala a Plovdiv, nel distretto industriale bulgaro che negli ultimi anni è diventato anche uno dei più importanti hub di innovazione dei Balcani, con un aumento della capacità produttiva nel 2019. Quindi, nel 2020, l’azienda ha affrontato il trasferimento in una sede più grande, automatizzata e digitalizzata, per produrre in modo sempre più sostenibile e moderno e, in tal modo, riuscire a soddisfare le crescenti richieste e le partnership con marchi internazionali tra i quali H&M, Ethiad, Reiffeisen Bank, Wall Street Journal, National Geographic, Bühler e, in ambito alimentare, Lidl Bulgaria e soprattutto Lavazza.
Le tazze oggi prodotte sono di due volumi differenti, 110 e 220 ml, e sono realizzate con sei materiali vegetali non Ogm tra i quali la crusca d’avena, la farina di grano e lo zucchero, senza coloranti, conservanti o altri additivi. Il risultato è una specie di cialda che resta croccante per 40 minuti a 85°C e che non perde liquido per 12 ore. Pesa poco, solo 14 o 26 grammi, non ha alcun gusto particolare se non quello di cereali e non modifica quello del caffè, apportando 56 o 105 calorie. Le tazze, poi, presentano una base in carta (per poterle maneggiare quando sono piene di liquido caldo), che si presta a personalizzazioni come il logo di un’azienda o una frase per una ricorrenza. Anche questa, a sua volta, è composta da cartone riciclato e le parti non utilizzate, come tutti gli scarti della produzione, rientrano nel ciclo produttivo. Infine, il costo per unità è inferiore al mezzo euro e dipende anche dal trasporto (l’azienda afferma di poter arrivare ovunque nel mondo).
Ogni giorno nel mondo si utilizzano 400 milioni di tazze di plastica monouso, con un impatto devastante sull’ambiente, che Zapryanov voleva contribuire a ridurre. Per questo ha raccolto 1,3 milioni di euro dai fondi europei dello European Innovation Council e, come ricorda FoodNavigator, ha siglato un accordo con il fondo di investimento Eleven Ventures per ulteriori 500mila euro, per aumentare e ottimizzare una produzione che già oggi è di 2,5-3 milioni di tazze al mese, ma che si vorrebbe portare fino a 10 milioni. L’obiettivo è espandere ulteriormente la presenza sui mercati degli Stati Uniti, dell’Australia e del Medio Oriente, oltre a quello primario europeo, e conquistarne di nuovi, fino a diventare – questa l’ambizione – leader globale di un settore che sta nascendo ora, ma che secondo tutte le stime avrà un rapido e imponente sviluppo.
Sostituire 10 milioni di tazze in plastica al mese con tazze commestibili potrebbe avere un effetto immediato sulla limitazione della plastica, ma, soprattutto, potrebbe aiutare tutti coloro che abitano nei paesi dove la plastica monouso è ancora consentita ad avere comportamenti più responsabili.
© Riproduzione riservata Foto: Cupffee
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Giornalista scientifica
Mezzo euro a tazza? E chi la può usare? A Londra forse, dove mi hanno detto che un caffè costa 4 euro
semplicemente usando la tazzina del caffe’ del bar anche in ufficio .
Il modo più sostenibile di bere un caffè è ***LAVARNE*** la tazza!
Scusate la “correzione”, ma continuare a sostenere lo usa-e-getta contro la semplice pratica di UTILIZZARE STOVIGLIE LAVABILI come si fa dal tempo delle ciotole scolpite nel sasso lo trovo francamente intollerabile.
E questo QUALE CHE SIA IL MATERIALE usato per creare stoviglie monouso, perché in ogni caso ci sono i costi delle materie prime, di produzione e stoccaggio in fabbrica, trasporto e stoccaggio all’ingrosso, trasporto e stoccaggio al negozio, trasporto a casa, smaltimento
Beh, per sostituire la tazza del gelato la vedo bene! Per il caffé usiamo le tazzine del bar, pandemie permettendo.
NO… non vi è alcuna differenza tra usaegetta per gelato e usaegetta per caffè, lo stesso spreco di materie prime e risorse per la loro fabbricazione, stoccaggio, commercializzazione e trasporto, e in ogni caso le tazzine commestibili x gelato non arriveranno miracolosamente nelle gelaterie, e ovviamente non ne mangeremo anche gli scatoloni e le buste che le contengono, quindi rimarrà comunque un bel po’ di materiali da smaltire.
E non dimentichiamoci che TUTTI i prodotti “ECOLOGICI” (carta, bambù, mais…) già tentati per mantenere in vita il monouso contro ogni logica (eccetto quella commerciale) hanno svelato SOLO DOPO ANNI DI USO che potevano rilasciare sostanze dannose (chi si ricorda degli “innocui” PFAS?), l’unica soluzione che abbia un futuro è il divieto di fabbricazione, commercializzazione, vendita e detenzione di tutte le stoviglie monouso.