sugar tax bibite coca cola

Spilled sugar from a glass on a blue background. Giant sugar concentration in everyday beverages.Le fake news rimbalzate nelle ultime settimane sui giornali e in rete dicono che la sugar tax non funziona. Si tratta di bugie utilizzate per giustificare la posizione contraria ribadita dall’industria alimentare, dalle lobby e da alcuni ministri del governo Conte. La realtà è leggermente diversa. La sugar tax sulle bibite, e solo in qualche caso sulle merendine, è applicata in circa 50 paesi. In molti casi si tratta di una risposta all’invito dell’Oms di promuovere iniziative per ridurre il consumo di zucchero. In questo articolo, che abbiamo pubblicato pochi mesi fa, descriviamo le varie iniziative in corso in Paesi come la Francia e il Regno Unito fatta dai ricercatori dell’Università di Otago (Nuova Zelanda) esaminando 17 studi sulla tassazione in diverse realtà statunitensi (Cleveland in Ohio, Portland nel Maine, Berkeley in California e Filadelfia in Pennsylvania) oltre che in Catalogna (Spagna), Cile, Francia e Messico. Come riferito su Obesity Reviews, il risultato è stato che, in media, a una tassa del 10% corrisponde un calo del consumo di bevande zuccherate della stessa entità. Lo stesso vale per il consumo di altri prodotti: con una tassa del 10%, i consumi di bibite alternative salgono in media dell’1,9% e quelli di acqua del 2,9%.

Certo, quando si parla di tassa sullo zucchero, la scelta da fare è tra gli interessi dei cittadini e quelli delle lobby. D’altro canto la riduzione di zuccheri, sale e grassi nella dieta quotidiana è una necessità in tutti i Paesi occidentali e anche in Italia, se si vuole affrontare in modo serio il problema dell’obesità. L’eccesso di zuccheri nella dieta è ritenuto dall’Oms un importante fattore di rischio per la salute. In Italia ne consumiamo il doppio rispetto a quanto consigliato e questo dato dovrebbe prevalere su qualsiasi argomentazioni di tipo economico.

Sugar tax tassa zucchero
La suga tax è adottata in circa 50 Paesi

Il Fatto Alimentare nel mese di gennaio 2019 ha inviato all’allora ministra della Salute Giulia Grillo una lettera firmata da 340 medici, nutrizionisti, dietisti e pediatri per chiedere che in Italia venga introdotta una tassa del 20% sulle bibite zuccherate, da destinare a progetti di educazione alimentare. I 250 milioni che potrebbero entrare nella casse dello stato, dovrebbero essere destinati esclusivamente a iniziative contro l’obesità e il sovrappeso (considerando che il  problema interessa il 30% dei bambini e il 45,1% degli adulti). Tra coloro che hanno espresso parere positivo sulla sugar tax ci sono personalità come l’ex presidente dell’Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, il direttore dell’Istituto di ricerca farmacologica Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, e il direttore del Dipartimento di nutrizione per la salute e lo sviluppo dell’Oms, Francesco Branca. La lettera è stata sottoscritta e condivisa anche da 10 società scientifiche che si occupano di nutrizione, tra le più accreditate in Italia.

La vicenda è stata ignorata dalla ministra della Salute di allora, forse più sensibile alle argomentazioni di Federalimentare, Assobibe e Coldiretti e alla narrazione sugli scarsi risultati ottenuti negli altri Paesi. I politici hanno creduto a queste storielle e hanno tranquillizzato le lobby opponendosi alla tassa. Il mondo dei nutrizionisti e delle più autorevoli società scientifiche italiane è schierato a favore della sugar tax, ma i politici e i ministri preferiscono ascoltare l’industria alimentare dei prodotti da forno e delle bibite zuccherate. L’aspetto bizzarro è che sui media e sui social sono mancati i commenti e i pareri dei nutrizionisti e degli esperti di alimentazione, che difficilmente potrebbero essere negativi. Convinti della buona proposta abbiamo inviato la petizione al nuovo ministro della Salute Roberto Speranza fiduciosi di ricevere una risposta.

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