Due mesi fa abbiamo inviato alla ministra della Salute Giulia Grillo una lettera firmata da 340 medici, nutrizionisti, dietisti e pediatri per chiedere che in Italia venga introdotta una tassa del 20% sulle bibite zuccherate (la cosiddetta sugar tax), da destinare a progetti di educazione alimentare. Tra i firmatari c’erano personalità di grande spicco del mondo scientifico, ricercatori e docenti universitari di tutta Italia. Nell’ambito della nutrizione trovare un sostegno così ampio è difficile. Esserci riusciti vuol dire che i dati italiani su sovrappeso e obesità tra i giovani sono considerati un problema serio, su cui è necessario intervenire.
Per questo motivo tra coloro che hanno espresso parere positivo sulla tassa ci sono personalità come l’ex presidente dell’Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, il direttore dell’Istituto di ricerca Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, il direttore del Dipartimento di nutrizione per la salute e lo sviluppo dell’Oms, Francesco Branca. La lettera è stata sottoscritta e condivisa anche da 10 società scientifiche che si occupano di nutrizione, tra le più accreditate in Italia. Tutto ciò lasciava sperare di trovare interlocutori disposti ad esaminare la questione, visto che la sugar tax non è un vezzo italiano, ma a un progetto adottato in decine di Paesi al mondo e in mezza Europa.
Sugar tax: aspettiamo una risposta
Fino ad ora la ministra Giulia Grillo non ha avuto modo di esaminare la proposta ma noi siamo fiduciosi. Il problema è che oggi in Italia pochi sono gli interlocutori disposti a fornire un parere quando si parla di nutrizione e di salute dei cittadini. In genere si manifesta incondizionato interesse per per la salvaguardia del Parmigiano Reggiano e del Prosciutto di Parma, e si adottano anche provvedimenti adeguati. Quando si tratta di intervenire sulla sicurezza alimentare e sullo stile alimentare degli italiani i discorsi sono solo teorici. Trovare pareri istituzionali su temi che da anni si dibattono in Europa, come la questione dell’olio di palma, dell’etichetta a semaforo e della stessa sugar tax è impossibile.
In Italia la sostituzione dell’olio di palma ha modificato la composizione di migliaia di prodotti, e questo cambiamento ha sicuramente contribuito a ridurre la quantità degli acidi grassi saturi nella dieta, in eccesso rispetto alle linee guida (Larn 2014). Nessuno ha però analizzato il problema. L’ex Istituto nazionale della nutrizione – ora assorbito dal Crea e alle dipendenze del Ministero delle politiche agricole – che dovrebbe intervenire su queste cose, da anni è praticamente fermo e non riesce a pubblicare la nuova edizione delle Linee guida per una sana alimentazione che ormai risalgono a 16 anni fa. Il Cnsa (Comitato nazionale sicurezza alimentare), un organo scientifico che realizza dossier su richiesta del ministero della Salute, riceve poche indicazioni e non certo su questi temi. Nonostante la situazione, siamo fiduciosi e attendiamo una risposta dalla ministra Giulia Grillo.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
La sensibilità della classe politica di tutto l’arco costituzionale italiano, salvo qualche rara eccezione, non è solitamente molto attenta ai temi della prevenzione dei problemi sanitari e quando raramente si mobilita lo fa’ con piedi d’elefante, come nel caso dei vaccini, stimolando spesso una reazione contraria piuttosto che una logica ed auspicabile adesione.
Nelle forze politiche attualmente al governo, c’è una potenziale maggiore sensibilità rispetto al passato e vedremo se questa predisposizione è solo promessa, o si trasformerà in atti concreti che tutti (o quasi) auspichiamo e ci aspettiamo dalla Ministra G. Grillo.
Sono un dentista.
Tutti i medici sanno che lo zucchero provoca molte delle attuali principali patologie
Tutti i dentisti sanno che lo zucchero provoca la carie. Mi chiedo: perché le nostre associazioni di categoria non promuovono in prima persona inviti come questo ? E nemmeno li sottoscrivono?
dottor Giulio Calderoli
Ottima osservazione. In effetti abbiamo inviato la petizione direttamente anche alla Accademia Italiana di Odontoiatria Conservativa e Restaurativa, alla Accademia Italia di Odontoiatria Protesica e alla Società Italiana di Parodontologia e Implantologia e non abbiamo avuto alcuna risposta.
Forse non hanno interesse a prevenire la carie…
Quanto alle società mediche che non hanno risposto, spicca la SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) e l’ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica). In questi ultimi due casi forse la scelta potrebbe essere legata al fatto che hanno ricevuto sponsorizzazioni dalla Coca Cola e/o Eridania…
Come docenti universitari di Scienze e Tecnologie Alimentarie e Chimica degli Alimenti presso l’Università degli Studi di Bari abbiamo apprezzato la proposta che in Italia venga introdotta una tassa del 20% sulle bibite zuccherate, da destinare a progetti di educazione alimentare.
La storia Europea della tassazione sui junk food ha radici antiche, e inizialmente alcuni stati hanno emanato leggi sullo zucchero, sui dolci e sulle bevande analcoliche (beni voluttuari) ignorando il potenziale effetto sulla salute e l’ambiente, ma badando solo all’effetto sulle finanze pubbliche. Già nel 1922 la Danimarca impose prelievi fiscali sui prodotti con un alto contenuto di zucchero; nel 1981 in Norvegia fu introdotta la tassa su dolci, cioccolatini e bevande analcoliche; dobbiamo aspettare 30 anni affinché anche la Finlandia nel 2011 imponesse una imposta di 0,75 euro per chilogrammo di dolciumi. A seguire l’Ungheria nel 2012 introdusse una tassa sulle patatine fritte e altri alimenti confezionati con un contenuto elevato di sale, zucchero o carboidrati. L’ultimo e più noto caso è la Francia che nel 2012 salì agli onori della cronaca per la cosiddetta tassa sulla Coca-Cola, l’imposta sulle bevande gassate e zuccherate che incide nella misura di circa due centesimi per barattolo.
La tassazione degli alimenti può rappresentare uno strumento in grado di influenzare i consumi ed i comportamenti dei consumatori nei confronti del cibo. Se ben utilizzate, le tasse possono determinare profondi cambiamenti nel quadro epidemiologico della popolazione nel lungo periodo riducendo in maniera significativa la spesa sanitaria di uno stato. L’approccio dominante individuato nella letteratura è l’imposizione di tasse sul “cibo spazzatura” con lo scopo di incrementare il gettito fiscale. Questa tipologia di tasse grava principalmente sul consumatore ed è fortemente contrastata dalle lobby delle grandi industrie.
Una alternativa che potrebbe vedere l’Italia pioniera e orientata verso un modello di pensiero positivo è affiancare la food tax, che è penalizzante per i produttori di junk food, con l’applicazione di incentivi basati sulla detrazione fiscale per le aziende che producono alimenti salutistici. Tale primato può e deve essere italiano poiché, per le nostre latitudini e per il clima mediterraneo, l’Italia ha un potenziale produttivo di cibi salutistici nettamente superiore alle nazioni che hanno già applicato la food tax intesa in senso punitivo. Tale combinazione favorirebbe la maggiore disponibilità di alimenti salutistici sul mercato poiché lo sgravio fiscale rappresenterebbe di per sé un incentivo per le aziende, ed aumenterebbe la percentuale di acquisto di alimenti salutistici da parte dei consumatori perché avrebbe una azione calmierante sui prezzi. Non ci resta che offrire la nostra disponibilità ad integrare la lettera, sostenute dalla presenza nel nostro ateneo di uno dei più autorevoli professori di Diritto tributario, esperto in food tax, Antonio Felice Uricchio. Bisogna valutare che la proposta di una detassazione incontrerebbe minori ostacoli lobbistici e legislativi della sola sovra-tassazione.
Maria Lisa Clodoveo – Dipartimento Interdisciplinare di Medicina – Università degli Studi di Bari
Filomena Corbo – Dipartimento di Farmacia-Scienze del Farmaco – Università degli Studi di Bari
Perdonatemi,
senza nulla togliere alla vostra lodevole petizione.
Ma mi chiedevo,
perchè non coinvolgere piu’ persone, c’è un sito change.org
organizzato molto bene, ha una visibilità veramente notevole.
Facile da usare, basta un click per firmare una petizione, e fino ad ora
la maggior parte delle petizioni proposte hanno avuto il successo desiderato.
A volte i politici, sono piu’ sensibili se gli arrivano petizioni firmate da centinaia di migliaia di persone.
Abbiamo invitato a firmare solo nutrizionisti , medici , dietisti e società scientifiche per dare maggior forza alla richiesta.