L’organizzazione internazionale per la protezione degli animali Animal Equality ha presentato oltre mezzo milione di firme alle Nazioni Unite insieme a una petizione che chiede la fine della vendita di animali vivi nei wet market di tutto il mondo. La vendita di animali vivi in questi luoghi sta causando grande preoccupazione agli esperti. Ad aprile, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE) e il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) hanno chiesto congiuntamente la sospensione a livello mondiale della vendita di mammiferi selvatici vivi nei mercati tradizionali, noti come wet market, a causa dell’alto rischio che questi ambienti comportano per la trasmissione di malattie fra gli esseri umani.
Numerosi scienziati e virologi hanno avvertito le autorità del fatto che questi mercati sono il terreno fertile perfetto per le malattie di origine animale. Secondo i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, inoltre, il 75% di tutte le malattie nuove o emergenti nell’uomo proviene dagli animali.
A fronte della pandemia da COVID-19 che alcuni membri della comunità scientifica ritengono sia nata in un wet market, Animal Equality ha pubblicato due indagini nel 2020 che mostrano le condizioni scioccanti di vendita e macellazione di animali vivi nei mercati tradizionali in Cina, Vietnam e India. Queste inchieste hanno documentato l’estrema negligenza e le crudeltà di cui gli animali sono vittime all’interno di questi luoghi insalubri che ancora oggi nonostante gli avvertimenti dei funzionari sanitari continuano a esistere. .
Insieme al COVID-19, altre epidemie come SARS e H5N1 sono state scientificamente collegate ai mercati tradizionali. Animal Equality chiede che il problema della vendita di animali vivi nei wet market sia portato all’attenzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e degli altri leader globali che hanno il potere di attuare rapidamente restrizioni in riferimento a questi luoghi pericolosi e disumani.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Grazie di cuore ad ‘ Animal Equality.”. C è anche la mia firma tra queste 569 mila consegnate all ONU.!!! Non ci vogliono scienziati o virologi per comprendere che dove esiste un commercio pericoloso di animali selvatici e non , uccisi con evidente bestialità umana esiste un pericolo consistente, poiche ciò costituisce terreno fertile per la proliferazione di virus e malattie trasmissibili direttamente dall animale all essere umano. Si cerca un “capo espiatorio” per la pandemia nata in Cina , nata a Wuhan diversi mesi prima della fine di dicembre 2019 , ma la pandemia è nata proprio così..
Vengono presi provvedimenti di chiusura di Wet Market e vendita di animali vivi “a causa dell’alto rischio che questi ambienti comportano per la trasmissione di malattie fra gli esseri umani”, mentre “le crudeltà di cui gli animali sono vittime all’interno di questi luoghi insalubri” non sono mai state prese in considerazione.
Come al solito.
Hai ragione Claudio.!!!! Hai fatto bene a sottolinearlo.
Tanto i cinesi a casa loro faranno sempre quello che vorranno.