Il problema però è globale: per ogni chilo di plastica riciclata (nel mondo solo il 15%!) se ne producono otto, con danni immensi per il pianeta sia nel momento della produzione. I nostri oceani stanno infatti soffocando: mentre nel Pacifico si è creata un’isola di rifiuti grande quanto gli Stati Uniti, 700 kg di plastica finiscono in mare ogni secondo.
Ancora prima del riciclo quindi, la vera priorità è la riduzione della produzione di materiale plastico. Il principale responsabile della produzione di rifiuti da imballaggio (2/3 del totale) è il settore agroalimentare ed insieme, come consumatori, possiamo fare in modo che la situazione cambi. In quest’ottica una soluzione semplice ed economica esiste: dobbiamo cambiare radicalmente il modo in cui facciamo la spesa. Sostituire la busta di plastica con quella di cotone quando tutto ciò che la contiene è imbustato e impacchettato non può essere sufficiente.
Chiediamo quindi a tutte le catene di grande distribuzione di introdurre nei propri punti vendita sezioni dedicate allo sfuso: pasta, riso, biscotti, cereali, legumi, insalata, caffè, uova, latte, vino, detersivi e chi più ne ha più ne metta. Se è normale per frutta e verdura, perché non può esserlo per (quasi) ogni altra cosa che consumiamo? In Italia ci sono già molte realtà che propongono lo sfuso si può fare, facciamolo! L ’imballaggio rappresenta un costo nascosto, che incide in modo significativo sul prezzo del prodotto. Esso contribuisce addirittura fino al 30% del prezzo finale e spesso, al netto del margine di profitto, costa più del prodotto stesso. La scelta dello sfuso permetterebbe di acquistare esattamente la quantità di cibo di cui si ha bisogno.
Contribuire in modo significativo alla riduzione dei rifiuti è possibile e le grandi catene di distribuzione possono farlo. L’introduzione di un consistente reparto di prodotti sfusi nei supermercati è un passo importante per una cospicua e immediata riduzione di imballaggi superflui che gravano sull’ambiente e sul nostro futuro. La petizione che ormai ha superato le 800 mila forme sarà consegnata al ministro delle Politiche agricole alimentari, e alle principali catene di supermercati.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Lo sfuso e’ un discorso molto interessante, ma credo esclusivamente riservato alla GDO o perlomeno , parlo da piccolo dettagliante, con chi ha soldi da spendere nell’attrezzatura. Avete provato a vedere quanto costa un buon dispenser a caduta ? Per una dozzina di referenze siamo su un paio di migliaia di euro di costo, e visto che si parla di pasta, riso, fiocchi cioe’ referenze con battuta di cassa bassa, vuol dire che per quelle referenze guadagni zero per un anno … . Puoi farlo per iniziativa promozionale, ok, ma devi comunque spalmare la perdita sulle altre referenze. E poi … e’ anche una questione di educazione del cliente, adesso vendiamo sfusi i detersivi (tanica con rubinetto, costo d’impianto zero) e vino (bag in box, idem), ma con vendita assistita, cioe’ riempiamo noi i contenitori perche’ se lasci fare al cliente e’ piu’ quello che versano (e non pagano) che altro, il massimo e’ quando fanno fare ai figli, roba da accapponare la pelle !
So che dire queste cose per qualcuno (normalmente non commerciante) si passa “per bottegai privi di visione strategica”, ma la gestione di un’attivita’ commerciale e’ un’alchimia di tante piccole e grandi scelte che ti devono permette di portare la tua microazienda all’utile nei periodi buoni per poterli usare nei periodi cattivi.
Anch’io sono arrivato, da consumatore, al pensiero che prima è necessaria l’educazione del cliente.
Ho visto io stesso ad un Auchan anni fa, circa 15/20, gente che “assaggiava” (a piene mani) i vari cereali sfusi prima di decidere di non acquistarli.
E di sicuro ci sarebbero ancora tanti che farebbero così, col risultato che tutti poi toglieranno nuovamente i dispenser perché non sostenibili.
oltre a un enorme problema di rotazione: lo sfuso se non ottimamente conservato decade a livello organolettico (in primis si inumidisce), non è più buono e la gente lo sceglie sempre meno.
forse la GDO ha volumi per garantire un po’ di qualità, i piccoli commercianti oltre all’investimento secondo me vedrebbero sempre meno ritorni
Retromarcia: avevano proibito lo “sfuso” per problemi igienici…
Ma poi la mozzarella sfusa che compro dove me la mettono? In un sacchetto di plastica…
Dal lato igienico sanitario, tempo molte contaminazioni, vista la maleducazione imperante.
La petizione, così com’è, ha poco senso in quanto pretenderebbe di eliminare la plastica con l’installazione dei distributori di prodotti sfusi, strada già tentata con scarsi risultati per una serie di motivi già evidenziati da DoDo e Roberto, a iniziare dai costi di installazione (e manutenzione, la gente trova sempre il modo di romperli o bloccarli) e dei problemi igienici (ogni distributore ha una parte esposta da cui deve uscire il prodotto, e nessuna garanzia che mani che sono state ovunque non l’abbiano pacioccato).
Per non parlare poi dei dosaggi (ne volevo 7 etti, è sceso un chilo, 3 etti li butto nel cestino o a terra), degli errori di confezionamento (ne voglio 2 chili ma il sacchetto è previsto per 1,5 allora lo riempio a tappo e nel chiuderlo lo rompo e butto via tutto), dei pentimenti in corso d’opera (ho preso mezzo chilo di farfalle ma in realtà volevo le conchiglie, butto tutto e rifaccio), degli errori da analfabetismo funzionale (ah gli ziti costavano 1,41 non 1,14, allora li butto)…
Per una vita abbiamo comprato sfuso, ma mai e in nessun negozio il cliente metteva le mani nel procedimento, il tonno sott’olio lo levava dalla latta da 5 chili il pizzicagnolo e lo pesava e avvolgeva nella carta oleata, la palottata di zucchero la prendeva il droghiere dal boccione di vetro e la versava e pesava nel foglio di carta blu, il chilo di spaghetti passava dal contenitore alla bilancia e veniva impacchettato e consegnato chiuso al cliente… che entrava in gioco solo per riporre il tutto nella propria borsa della spesa, un procedimento che nel caso andrebbe riprodotto presso i distributori di sfuso nei super con personale dedicato e relativi spazi (e costi).
Piuttosto si potrebbe iniziare definendo le misure minime delle confezioni e cosa possano e non possano contenere, ha senso che si vendano in una vaschetta di plastica sei spicchi di mandarino sbucciati? Due uova sode sgusciate? Cinquanta grammi di mortadella? Due caki da 100 grammi in un blister biposto che ne pesa 30? Una bottiglietta di acqua colorata da 250 grammi con tanto di tappo aprichiudi? Una scatola di cartone vuota per 1/3 con dentro pasta o detersivo o caramelle che allegramente sbatacchiano nel vuoto?
Ecco, iniziando a contenere queste confezioni e imballaggi assurdi già si farebbe un passo avanti sulla strada della riduzione dello spreco, senza provvedimenti drastici, costosi da applicare e impossibile da mantenere, e perfezionare il riciclo, ad esempio le macchinette che compattano le bottiglie di plastica e rilasciano punti fedeltà o piccoli sconti sulla spesa farebbero sparire migliaia delle bottiglie attualmente abbandonate in giro.
Io sono sempre più convinto che di deve da subito vendete prodotti x la pulizia /;igiene personale solo da distributori automatici, che il negozio sia un ipermercato o un piccolissimo negozio , tutte le ditte produttrici obbligarle a mettere a proprio spese i distributori dei loro prodotti e i contenitori che di plastica che il cittadino utilizza x riempire il primo e’ gratis il secondo paga 5 euro poi x il terzo 10 euro si aumenta in funzione della quantità di contenitori che perde o dimentica in giro. Da quello che ho letto nei commenti dove si afferma che vi sono molte difficoltà ad eliminare la plastica sono i soliti blablatori a cui va bene tutto basta non cambiare abitudini e pensiero sono fuori non c’è più posto x questi pensatori fori tempo.
Ma sei serio? Distributori automatici più grossi di frigoriferi nei pochi negozietti che sopravvivono e già non hanno spazio per girarsi e che richiedono un operatore deicato o li rimpono in due giorni? E davvero credi che si potrebbe far pagare “multe” a chi non riporta il contenitore, “il primo e’ gratis il secondo paga 5 euro poi x il terzo 10 euro”… sì certo e al quarto lo picchiamo, lo chiudiamo in un lager, o gli spariamo direttamente in testa?
E per controllare se riportano il flacone vecchio cosa fai, gli fotografi un documento, gli prendi le impronte digitali, gli fai esibire il “Coccolino Pass”? o pensi che il gestore del super si ricordi a memoria chi dei suoi 3000 clienti ha preso il flacone il mese prima? E se il cliente dice “mai avuto il flacone” cosa fa, non gli vende l’ammorbidente? lo caccia via? chiama la Celere?
Siamo seri, la proposta che vedo sopra di iniziare a razionalizzare gli imballaggi, no a confezioni esageratamente piccole come le bottigliette di bibita da un bicchiere, no a 50 grammi di mandarino a spicchi (e compralo sano e sbuccialo sto mandarino!), no a scatole mezze vuote, mi sembra la più seria e anche di favorire il riciclo con le macchinette che scambiano le bottiglie vuote con uno sconto sulla spesa, incentivi invece di punizioni da medioevo che tanto non si possono applicare!