Stabilimento di produzione in etichetta: domani riunione al Ministero per discutere. Decisiva la pressione dell’opinione delle organizzazioni dei consumatori e dei siti internet
Stabilimento di produzione in etichetta: domani riunione al Ministero per discutere. Decisiva la pressione dell’opinione delle organizzazioni dei consumatori e dei siti internet
Roberto La Pira 10 Febbraio 2015Il Ministero dello Sviluppo economico ha convocato per domani 11 febbraio 2015 una riunione per discutere sull’indicazione dello stabilimento di produzione da riportare sulle etichette dei prodotti alimentari. Federica Guidi ha invitato i tecnici degli altri ministeri interessati (Politiche agricole, Salute, Politiche europee) ed i rappresentanti di Federalimentare, Federdistribuzione, Confapi, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri per cercare una soluzione condivisa che tuteli i consumatori e le aziende alimentari, nel rispetto delle norme europee. Il nuovo tavolo di discussione è il risultato di una pressione dell’opinione pubblica, delle organizzazioni dei consumatori, di siti come Great Italian Food Trade e Il Fatto Alimentare che da mesi portano avanti questa battaglia, oltre che dei t firmatari di questa petizione e di quelli che hanno aderito alla raccolta firme del sito Ioleggoletichetta.
Il regolamento comunitario 1169/2011 entrato in vigore il 13 dicembre scorso ha stabilito l’elenco delle indicazioni obbligatorie da riportare nell’etichetta dei prodotti alimentari tra le quali non figura però lo stabilimento di produzione (cosa che non ne vieta comunque l’indicazione da parte delle imprese, come molte aziende italiane stanno già facendo su base volontaria). Lo stesso regolamento prevede che gli Stati membri possano introdurre obblighi aggiuntivi ma solo per categorie specifiche di alimenti purché siano giustificati da almeno uno dei seguenti motivi: protezione della salute pubblica, protezione dei consumatori, prevenzione delle frodi, protezione dei marchi, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni di origine controllata e per la repressione della concorrenza sleale.
Come abbiamo già detto i motivi ci sono, basta solo ricordare cosa succede nei casi di allerta alimentare quando la disponibilità immediata della sede dello stabilimento consente alle autorità di controllo di risalire in tempo reale alla causa del problema e di intervenire con efficacia per ritirare il prodotto, anche al di fuori dei giorni feriali e degli orari di ufficio. Nella gestione delle crisi di sicurezza alimentare il tempismo è cruciale, e l’indicazione dello stabilimento può sicuramente abbreviarlo. Il Ministero della salute in un recentissimo documento sul sistema di allerta scrive “in taluni casi si assiste ancora ad una poca efficacia per la rintracciabilità da parte degli Operatori del settore alimentare (OSA) che, a volte, ha comportato un rallentamento nelle indagini e negli interventi mirati. Infatti, in taluni casi è stato necessario effettuare numerosi solleciti e comunicazioni per l’acquisizione di documenti necessari a garantire la completezza delle informazioni (in particolar modo sui provvedimenti adottati in ambito territoriale, compreso il ritiro/richiamo).” Se tutto ciò accade adesso che l’indicazione dello stabilimento è chiara figuriamoci cosa può succedere un venerdì pomeriggio quando si scopre un caso di botulino su un vasetto di conserve vegetali e l’indirizzo sul prodotto indica una sede situata a Bruxelles o a Londra, naturalmente chiuse per il week end.
Sara Rossi
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Per sottoscrivere la petizione che chiede al Ministero di mantenere l’indicazione dello stabilimento di produzione clicca qui.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24