Gli americani sprecano circa il 31% del cibo acquistato in supermercati e negozi, e consumato in ristoranti e mense: una quantità enorme, con impatto ambientale molto rilevante, e che da tempo si cerca di ridurre. L’Università dell’Illinois di Urbana-Champaign, una delle più impegnate sul fronte alimentare da molti punti di vista, nel 2016 ha lanciato una campagna educazionale nelle sue residenze per studenti che, però, non ha portato ai risultati sperati. Uno studio di quello stesso anno, peraltro, aveva fatto emergere che per ogni pasto si sprecavano 93,5 grammi di cibo, per un totale – nelle sei mense presenti – di 6.747 chilogrammi buttati ogni settimana, una quantità impressionante. Inoltre aveva dimostrato come il costo complessivo dello spreco, sia ambientale che economico, degli alimenti sprecati fosse superiore a quello del cibo mangiato (perché anche smaltire costa, e consuma risorse).
Per questo le ricercatrici dei Dipartimenti di Economia agricola e del consumo (ACE) e di Scienze alimentari e nutrizione umana hanno pensato a un approccio diverso, che puntasse sulla quantità di cibo mangiata in mensa, spesso eccessiva e, di conseguenza, in parte sprecata. E, per diminuire le porzioni, questa volta hanno modificato la forma dei piatti, che da tonda è diventata ovale, con una minore superficie disponibile per il cibo.
Come hanno poi raccontato su Resources, Conservation and Recycling hanno utilizzato due mense self service in modalità all you can eat del campus per un test in condizioni reali, e hanno proposto lo stesso menu mettendo a disposizione piatti tondi, come al solito, oppure ovali. Dopo che gli avventori avevano deciso liberamente, li hanno avvicinati a uno a uno e hanno chiesto loro di fotografare il piatto scelto, pesarlo e rispondere a qualche domanda.
Alla fine hanno raccolto più di 1.200 osservazioni e dimostrato che chi aveva optato per il piatto ovale ha scelto (318 grammi, in media, contro 359,9), consumato (280,5 contro 302,9 grammi) e sprecato (37,5 contro 57 grammi) molto di meno: l’11,8%, contro il 15,8% rispetto a chi si è orientato sul piatto classico, anche quando si prendeva un bis. Tradotto in peso, chi aveva il piatto ovale per ogni piatto ha sprecato circa 20 grammi di cibo in meno: può sembrare poco, ma moltiplicato per migliaia di piatti serviti ogni giorno può fare una differenza rilevante.
Offrire meno cibo con questo espediente, anche se comporta una spesa iniziale per il cambio dei piatti, può aiutare a ridurre lo spreco e a mangiare di meno. Se poi – concludono gli autori – a ciò si aggiungono campagne educazionali, l’effetto può essere ancora più marcato, e forse durevole.
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Giornalista scientifica
Forse anche adeguando il quantitativo di cibo in base all’età e al relativo bisogno nutrizionale non sarebbe male…