Solfiti nel vino, per l’EFSA sono sicuri, ma sarebbe opportuno indicare la quantità precisa in etichetta per tutelare meglio le persone intolleranti
Solfiti nel vino, per l’EFSA sono sicuri, ma sarebbe opportuno indicare la quantità precisa in etichetta per tutelare meglio le persone intolleranti
Giulia Crepaldi 20 Aprile 2016L’European Food Safety Authority (Efsa) ha completato il dossier sulla sicurezza dei solfiti utilizzati come additivi nel processo di vinificazione per regolamentare la fermentazione, e anche in altri prodotti. Dopo una prima revisione condotta analizzando i più recenti studi scientifici, l’Efsa ha confermato la sicurezza di questi additivi, ritenendo ancora valida l’attuale dose giornaliera ammissibile (DGA) di 0,7 g/kg.
Questa soglia è da ritenersi temporanea: visto che l’autorità ha chiesto alla comunità scientifica nuovi dati sulla tossicità, per colmare alcune lacune. Il gruppo di esperti dovrà di riesaminare i dati fra cinque anni.
La carenza di dati aggiornati non riguarda solo i solfiti, ma anche molti altri additivi alimentari che l’Efsa, su mandato dell’Unione Europea deve rivedere periodicamente. Per ovviare alla situazione l’Efsa da tempo pubblica bandi di ricerca chiedendo la collaborazione delle aziende che utilizzano additivi.
L’Efsa invita le aziende ad indicare sull’etichetta l’esatto quantitativo di solfiti. L’attuale normativa prevede la semplice dicitura “contiene solfiti” quando la presenza supera i 10 mg per chilo o litro. Se però si riporta il quantitativo preciso, si viene incontro alle esigenze delle persone intolleranti che così potrebbero scegliere con più cognizione.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
In base alle normative vigenti, un vino con 11mg/kg di solfiti, a nostra insaputa, è uguale ad un’altro con 50mg/kg?
E l’analisi che scopre la differenza, consiste nel mal di testa del consumatore?
Penso si possa e si debba fare decisamente di meglio per tutelare la salute pubblica.
ma non ci sono delle tecniche, oggigiorno, che consentono di minimizzare ulteriormente, o addirittura escludere, il ricorso ai solfiti, con tecniche del tutto naturali basate sull’azione dei polifenoli e, mi sembra, anche con una tecnica del controllo dell’ossigenazione durante la vinificazione o l’invecchiamento? conosco già dei vini senza, o con solo tracce, di solfiti, in produzione da almeno 7-8 anni.