Il radar anti-bufale de ilfattoalimentare.it ha intercettato il numero dell’11 maggio di “Oggi”, sul quale Anna Bartolini, nella rubrica “La borsa della spesa”, lancia un falso allarme sui solfiti. Al di là dei toni allarmistici del tutto fuori luogo, vi sono alcune inesattezze che devino essere corrette.

Anzitutto, non è vero che “una legge impone di dichiarare la presenza di solfiti anche sulle etichette dell’aceto balsamico e di quello di vino”. La “direttiva allergeni” (dir. 89/2003/CE, recepita in Italia con d.lgs. 114/06) prevede l’obbligo di indicare la presenza di solfiti solo quando la loro concentrazione nel prodotto sia superiore a 10mg su kg/lt.

Al di sotto di questa concentrazione la lista degli ingredienti può riportare la presenza degli additivi mediante citazione dei codici di autorizzazione comunitaria (E 220-228). Peraltro, “l’indicazione degli ingredienti non è richiesta negli aceti di fermentazione, provenienti esclusivamente da un solo prodotto di base e purché non siano stati aggiunti altri ingredienti” (d.lgs. 109/92, art. 7, comma 2, lettera f).

La presenza della lista degli ingredienti sulla quasi totalità degli aceti di vino presenti sugli scaffali dei supemrercati non è un obbligo di legge, ma è un’iniziativa volontaria dei produttori.

La Bartolini, con un inspiegabile salto logico, scrive anche che “molti piatti non preparati in casa (salumi, formaggi, snack, primi pronti, pani speciali, corn flakes) sono definiti “cibi a rischio” dai nutrizionisti”. Davvero, e perché? “Sia perché sono ricchi in sale sia perché, appunto, molto spesso contengono solfiti”, prosegue l’articolo.

Cosa si vuole dire con queste dichiarazioni approssimative? Nei prodotti citati si fa un uso decisamente marginale dei solfiti come conservanti. Per i salumi, per esempio, ci sarebbe assai più di che allarmarsi sull’impiego dei nitrati. Semmai i cibi elencati possono essere criticati per l’eccessiva presenza di sale. E’ ormai universalmente noto che l’apporto medio di sodio nella dieta degli degli italiani è assai superiore a quello raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (10 grammi al giorno anzichè 6).

Questo non significa che gli alimenti salati si devono considerare per definizione “a rischio”. Bisogna invece imparare a mangiare cibi meno salati, ridurre il sale nell’acqua di cottura della pasta e leggendo attentamente le etichette dei prodotti alimentari che indicano il quantitativo presente. Anche nel capitolo 6 delle Linee Guida INRAN per una sana alimentazione italiana si indica la necessità di considerare il tenore di sale di alcuni alimenti per comporre una dieta equilibrata, senza però bandire nessun alimento.

Infine, sui solfiti l’allarmismo della Bartolin sembra del tutto fuori luogo. I solfiti sono utilizzati da da lungo tempo per la conservazione – vale a dire anche per la protezione, la garanzia della sicurezza – di molte categorie di prodotti alimentari. L’impiego nel vino è già documentato dagli antichi romani. Oggi il loro utilizzo come additivi alimentari è autorizzato in UE, sulla base di valutazioni periodiche ricorrenti ora affidate all’Autorità europea per la sicurezza alimentare. La nocività dei solfiti, peraltro, è documentata soprattutto in campo allergico. Va dunque considerata con estrema attenzione, ma soltanto per le persone con tendenze asmatiche e allergiche. Inutile seminare il panico in maniera indistinta.

Dario Dongo

Foto: Photos.com