L’Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa) di Parma sostiene che il 75,8% dei polli venduti sugli scaffali dei supermercati è contaminato da Campylobacter, mentre ì il 15% presenta una discreta quantità di Salmonelle. L’indagine pubblicata a metà marzo ha riguardato 10.132 campioni provenienti da 561 macelli di 26 Stati europei, oltre alla Norvegia e alla Svizzera. È vero che le analisi sono state effettuate nel 2008, ma la situazione non è mutata. Certo i dati non sono sempre omogenei, in Italia la presenza stimata di Campylobacter è del 49,6%, un dato inferiore rispetto all’88,7% della Francia, al’86,3% dell’Inghilterra, al 60,8% della Germania, ma decisamente superiore rispetto al 5,5%d ella Finlandia.
Per le Salmonelle il nostro valore di contaminazione (17,4%) risulta superiore alla media generale. Per capire meglio il significato dell’indagine, bisogna ricordare che in Europa la carne di pollo è il principale veicolo di contaminazione delle malattie di origine alimentare e le responsabilità ricadono spesso proprio sui questi batteri.
Non bisogna però allarmarsi perché Campylobacter e Salmonella sono sensibili al calore e una buona cottura li neutralizza facilmente. La questione più delicata riguarda la contaminazione incrociata, dovuta al contatto tra la pelle o la carne del pollo con altri cibi presenti sul piano della cucina o nel frigorifero, oppure quando si usano le stesse stoviglie per diverse preparazioni. Ci sono altre precauzioni utili da seguire: tenere il pollo dopo l’acquisto nel suo imballo, oppure conservarlo in un recipiente chiuso o coperto con un film di plastica o di alluminio. L’altro accorgimento è asciugare eventuali tracce di sangue o di altri liquidi. Lavarsi sempre le mani con il sapone ogni qual volta si manipolano polli e uova e lavare pure le stoviglie e gli altri oggetti utilizzati.
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