
L’Autorità Europea per la Sicurezza aAimentare (EFSA) ha respinto la richiesta di autorizzazione di un nuovo claim salutistico proposto dall’Università di Bari Aldo Moro, secondo cui i polifenoli dell’olio extravergine d’oliva contribuirebbero al mantenimento di livelli normali di colesterolo HDL nel sangue, il cosiddetto ‘colesterolo buono’.
Come spiega Teatro Naturale, la domanda era stata inoltrata attraverso il Ministero della Salute italiano, in base al regolamento (CE) n. 1924/2006, che disciplina le indicazioni nutrizionali e sulla salute riportate sugli alimenti. Il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA su nutrizione, nuovi alimenti e allergeni alimentari (NDA) ha analizzato il dossier per valutare se esistano prove scientifiche sufficienti a dimostrare l’efficacia del componente.

Colesterolo HDL e polifenoli
Le lipoproteine ad alta densità (HDL) sono considerate protettive per la salute cardiovascolare perché aiutano a rimuovere l’eccesso di colesterolo dai tessuti e dalle arterie, riportandolo al fegato per l’eliminazione. I polifenoli presenti nell’olio extravergine di oliva – come oleuropeina, tirosolo e idrossitirosolo – sono noti per le loro proprietà antiossidanti, e alcuni studi avevano ipotizzato un loro effetto benefico sul metabolismo lipidico.
L’Università di Bari aveva presentato una revisione sistematica e una meta-analisi di dieci studi di intervento sull’uomo per sostenere la richiesta. Tuttavia, secondo gli esperti dell’EFSA, le evidenze fornite non sono sufficienti: solo uno di questi studi – condotto su uomini adulti – ha mostrato un aumento dose-dipendente del colesterolo HDL dopo tre settimane di assunzione di polifenoli. Ma nessun altro studio ha confermato questo risultato, né lo ha replicato su altre popolazioni o in tempi più lunghi.

Nessun meccanismo d’azione dimostrato
Nel dossier, l’Università suggeriva alcuni possibili meccanismi d’azione: dalla modulazione dei geni del metabolismo lipidico, alla stimolazione del microbiota intestinale, fino alla riduzione dello stress ossidativo. Tuttavia, i ricercatori non hanno fornito riferimenti scientifici diretti a sostegno di queste ipotesi.
Per l’EFSA, quindi, non esiste una prova credibile e coerente che colleghi il consumo di polifenoli dell’olio extravergine di oliva al mantenimento dei livelli di HDL. Il gruppo di esperti ha concluso che non si può stabilire una relazione causa-effetto tra il consumo del componente e l’effetto benefico rivendicato.
Questa bocciatura rappresenta un segnale chiaro per il settore alimentare: anche nel caso di alimenti tradizionalmente considerati salutari, come l’olio extravergine d’oliva, per ottenere un claim approvato a livello europeo servono dati solidi e replicabili, oltre a una chiara dimostrazione del meccanismo d’azione. Una sfida non da poco per chi vuole valorizzare le proprietà funzionali degli alimenti mediterranei.
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Basterebbe far conoscere bene quello che già si può dire ( si scrive olio d’oliva ma si intende evo naturalmente )……………………
https://olivoeolio.edagricole.it/salute-e-benefici-dellolio/claim-salutistici-degli-oli-extravergini/
Nel corso degli ultimi anni sono state approvate diverse indicazioni sulla salute, alcune delle quali utilizzabili anche dalle imprese del settore oleario. I claim salutisti che si possono impiegare per etichettare gli oli di oliva sono le seguenti:
claim 1: “I polifenoli dell’olio di oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo” (questa indicazione deve essere accompagnata dall’informazione che l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di 20 g di olio d’oliva);
claim 2: “La sostituzione nella dieta dei grassi saturi con grassi insaturi contribuisce al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue. L’acido oleico è un grasso insaturo”;
claim 3: “La vitamina E contribuisce alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo”;
claim 4: “È stato dimostrato che, sostituendo grassi saturi con grassi insaturi nell’alimentazione si abbassa/riduce il colesterolo nel sangue. Il colesterolo alto è un fattore di rischio per lo sviluppo di patologie cardiache coronariche”.
Di queste quattro indicazioni, l’unica specifica per gli oli di oliva è quella riguardante l’effetto benefico sulla salute esplicato dai polifenoli (claim 1). Secondo il parere dell’Efsa esiste, infatti, un’adeguata evidenza scientifica circa la relazione causa-effetto tra l’assunzione di polifenoli dell’olio di oliva e la protezione del LDL (Low Density Lipoprotein) dal danno ossidativo.
Le altre tre indicazioni non sono specifiche dell’olio d’oliva, ma possono essere applicate a diversi alimenti che, in accordo a quanto stabilito dal Reg. Ce 1924/2006, possano considerarsi ricchi in acidi grassi insaturi (claim 2 e claim 4) oppure fonte di vitamina E (claim 3).
Se l’EFSA ritiene non sufficientemente provato un ruolo nel mantenimento sotto controllo del colesterolo HDL, riconosce comunque come documentato un effetto protettivo sulla salute vascolare.
Sulla base del suo parere, con il reg. UE n. 432/2012 la Commissione ha autorizzato il claim “I polifenoli dell’olio di oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo”.
Il claim può essere impiegato per l’olio d’oliva che contenga almeno 5 mg di idrossitirosolo (un polifenolo) e/o altri fenoli (come oleuropeina e tirosolo, il primo è più abbondante nello olive prima dell’invaiatura – in parole povere potremmo dire che ce n’è di più nelle olive ancora verdi-, ambedue contribuiscono anche al gusto amaro dell’olio) per 20 g di olio d’oliva.
L’indicazione va accompagnata dall’informazione che l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di 20 g di olio d’oliva.
Va anche tenuto presente che gli stessi 20 g di olio contengono da soli intorno ai 4 mg di vitamina E, un terzo del valore nutrizionale di riferimento/fabbisogno minimo giornaliero.
20g di olio/giorno mi sembra tanto.
20 grammi equivalgono più o meno a 2 cucchiai d’olio,.
Apportano 180 calorie (il 9% delle 2.000 di riferimento) e rappresentano il 28.5% del consumo di riferimento per i grassi, che è di 70 grammi.
Dott. Pinton, due domandine:
-20 a crudo (il riscaldamento, sia cottura che frittura, nuoce?)?
-la vita. E deperisce con luce e imbottigliamento, forse anche con temperatura di stoccaggio, allora è per questi motivi che la maggior parte dei prodotti in scaffale sono privi dell’indicazione “contiene vit. E”?
E’ stato richiesto il claim “pulisce le arterie” per il vino, per la presenza di nanoparticelle di resveratrolo?…
Poi oh, se anche Gesù ha trasformato l’acqua in vino, (quello buono) male non può fare !
No, l’autorizzazione di un claim “pulisce le arterie” non è mai stata presentata.
Per il resveratrolo è stata però presentata la richiesta di autorizazione del claim “Grazie alla sua attività antiossidante, il resveratrolo contribuisce alla protezione delle cellule dai danni causati dai radicali liberi. Fornisce una protezione antiossidante. Aiuta a eliminare i radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento cutaneo. Aiuta a combattere l’invecchiamento cutaneo grazie alla sua attività antiossidante”, individuando come relazione con la salute la protezione del DNA, delle proteine e dei lipidi dai danni ossidativi.
L’EFSA, però, nella sua opinione scientifica pubblicata il 25/02/2010 (https://www.efsa.europa.eu/en/efsajournal/pub/1489) ha ritenuto il claim non conforme al regolamento perché, sulla base delle prove scientifiche valutate, l’effetto dichiarato non è stato comprovato.
Pertanto la richiesta di autorizzazione è stata respinta.
Dal Registro UE dei claim si accede in modo trasparente alla storia di ogni richiesta di autorizzazione, accolta o negata.
Era un trucco per avvicinare più discepoli …
La conclusione dell’articolo ci rassicura sul ruolo di Efsa nel contenere lo strapotere mercantile di “vendere acqua per vino”. Ed è positivo.
Ma Efsa mi pare un “vecchio elefante” quando si tratta di intervenire per ridurre i vietare l’esposizione/assunzione di altre sostanze, ad esempio il biossidi di titanio, piuttosto che l’acrilammide. E si sa qualcosa dei furani? Se alcune sostanze si possono produrre dopo la commercializzazione perché non indicarlo?