La questione dei sacchetti per l’ortofrutta, che dal 1° gennaio 2018 devono essere compostabili e i supermercati devono far pagare al consumatore, ha occupato molto spazio nei giornali e anche nei social, ed è diventata oggetto di dibattito politico. La vicenda è stata caratterizzata dalla totale assenza delle istituzioni che non hanno diramato comunicati se non per confondere le idee (come la dichiarazione sulla possibilità di usare sacchetti portati da casa). Anche i supermercati hanno la loro parte di responsabilità, visto che non hanno informato i consumatori con un adeguato anticipo, anche se la questione è nota da 5 mesi. Le catene hanno appeso dei cartelli nei punti vendita solo il 2 e 3 gennaio, spiegando cosa stava succedendo e questo ha lasciato sbigottiti i consumatori. Nei giorni successivi sono stati pubblicati centinaia di articoli e sono apparsi servizi in tv e in radio con troppe notizie farlocche. Certo l’argomento non è semplicissimo, per questo abbiamo cercato di rispondere alle 20 domande più frequenti che sono arrivate in redazione.
I nuovi sacchetti buidegradabili per la frutta e la verdura si devono pagare?
Sì. La normativa obbliga i negozianti e le catene di supermercati a vendere questi sacchetti realizzati con materiale compostabile e biodegradabile, con uno spessore inferiore ai 15 micron, indicando l’importo sullo scontrino.
Sono previste sanzioni ?
Sì. Chi non applica la normativa rischia sanzioni da 2.500 a 25.000 €, fino a 100.000 in caso di ingenti quantitativi.
Quanto costano?
Il prezzo di vendita al pubblico viene stabilito liberamente da ogni punto catena. Fonti accreditate ci hanno confermato che i supermercati pagano i nuovi sacchetti 2 centesimi circa. Una recentissima circolare varata nel mese di dicembre 2017 dal Ministero dello sviluppo economico dà però la possibilità di rivenderli sottocosto a 1 centesimo.
Ci sono dati sul prezzo di vendita delle varie insegne?
Secondo la rilevazione realizzata da Il Fatto Alimentare con l’aiuto dei lettori in 46 insegne, il 50% circa dei negozi vende i sacchetti sottocosto a 1 centesimo, mentre l’altra metà li propone a 2 centesimi, riversando così l’intero prezzo di acquisto sulla clientela.
È vero che alcuni supermercati il 2 gennaio hanno annunciato un prezzo superiore ai 2 centesimi e poi lo hanno ridotto?
Sì. Diverse catene si sono adeguate ai prezzi della concorrenza e hanno abbassato il prezzo annunciato per non fare brutte figure con la clientela
A quanto ammonta la spesa annuale per una famiglia di 3 persone?
Il valore oscilla da 4 a 8 euro circa. Si arriva a 12 se si fa la spesa nei pochi supermercati che vendono i sacchetti a 3 centesimi
Si pagano anche quelli usati nel banco pesce e gastronomia o carne?
Sì. Il prezzo a volte lievita perché i sacchetti hanno uno spessore e una resistenza maggiore e costano di più.
Perché i consumatori non sono stati avvisati?
Non è dato saperlo. Le istituzioni avrebbero dovuto avvisare i consumatori spiegando loro le motivazioni che stanno dietro alla scelta di far pagare anche i sacchetti ultraleggeri, ma nulla è stato fatto.
Prima si pagavano?
No, i vecchi sacchetti di plastica non riciclabile costavano circa 1 centesimo di euro e venivano distribuiti gratis come i guanti.
Si possono usare i sacchetti di carta?
Certamente. Il problema è che costano molto di più, ma il supermercato può decidere di distribuirli gratis. Alcune realtà hanno optato per questa soluzione. Così facendo la spesa per l’acquisto rientra nelle spese generali, come quella per i guanti di plastica del reparto ortofrutta.
Si possono portare da casa borse a rete o altre buste?
No, per un problema di ordine igienico. È buona regola evitare che borse o buste sporche venano introdotte all’interno del supermercato contaminando bilance e altra frutta. Per maggiori approfondimenti su questo aspetto che ha destato anche un certo scalpore tra i nostri lettori rimandiamo alla lettura dell’articolo pubblicato sul sito con le motivazioni del microbiologo alimentare Antonello Paparella.
Ma il Ministero della salute ha detto il contrario?
Il Ministero della salute il 4 gennaio 2018 ha dichiarato che sarà possibile portare da casa i sacchetti, ma solo se si tratta di buste monouso biodegradabili e per alimenti. C’è da chiedersi quale sia la convenienza per un consumatore nel portare da casa sacchetti monouso per alimenti quando al supermercato costano 1 o 2 centesimi. I sacchetti si possono anche acquistare su Amazon o Ebay o da un grossista ma ad un prezzo decisamente superiore.
Ci sono altri motivi?
Sì, nel caso di contaminazioni serie o di eventi avversi sarebbe problematico stabilire la responsabilità dell’eventuale contaminazione. Ipotizzando una grave contaminazione rilevata nell’insalata conservata nel frigorifero di casa, diventa difficile stabilire le responsabilità se il sacchetto non è quello del punto vendita . Se invece il contenitore (ancora integro e non aperto) è quello del supermercato la soluzione è più semplice.
C’è anche una questione di tara?
Sì. Le bilance dei supermercati sono tarate in modo da sottrarre dal peso di frutta e verdura la tara del sacchetto (4 -6 g circa). La scelta di usare contenitori portati da casa impedirebbe il calcolo corretto della tara.
Si può pesare la frutta e la verdura senza usare i sacchetti?
La scelta di pesare frutta e verdura senza sacchetto pone qualche problema. Quando si mettono arance, mele o pere… sul piatto della bilancia il visore sottrae automaticamente dal peso totale i 4-6 g della tara, e quindi se non si usa il sacchetto l’importo da pagare risulta inferiore al dovuto. L’altro motivo è che in alcune catene di supermercati la bilancia è preimpostata in modo da aggiungere ad ogni pesata il prezzo del sacchetto (1-2 centesimi).
Lo stesso problema si pone anche per ananas, manghi, avocado o piccoli meloni?
Sì perché le bilance elettroniche sono programmate per sottrarre la tara (4-6 g) ad ogni pesata. Diverso è il caso se su banane e meloni compare l’etichetta del prezzo appiccicata dal supermercato e non bisogna pesare la frutta o la verdura.
I nuovi sacchetti si possono utilizzare per il rifiuto organico e umido di casa?
Sì. L’unico problema sollevato a diversi consumatori è che i sacchetti a volte sono delicati e si rompono facilmente. La resistenza non dipende dalla materia prima ma dallo spessore. Alcune catene per spendere meno riducono i micron e le buste risultano più delicate. Basterebbe pagare qualche frazione di centesimo in più al produttore per ottenere buste più resistenti facili da riutilizzare anche per l’umido domestico.
Ma allora posso fare a meno di comprare i sacchetti per l’umido?
Sì. Nelle città dove si pratica la raccolta differenziata dell’organico le famiglie comprano le buste al supermercato pagandole circa 10 centesimi. D’ora in poi si potranno usare i sacchetti dell’ortofrutta che costano 1-2 centesimi. Facendo bene i conti l’operazione potrebbe risolversi anche con un vantaggio economico.
Ma le etichette del prezzo sono biodegradabili?
Tranne Esselunga, che dichiara di utilizzare materiali biodegradabili, negli altri casi bisogna avere l’accortezza di appiccicare l’etichetta nella parte apicale del manico, salvo poi tagliare questo pezzetto prima di usare il sacchetto per l’umido di casa. Altre catene si stanno attrezzando per inserire al più presto nelle bilance etichette biodegradabili.
Anche i guanti devono essere biodegradabili ?
No. La legge non dice nulla e al momento si usano guanti in plastica monouso e sono distribuiti gratuitamente.
Per approfondire i motivi che hanno spinto le autorità sanitarie a sconsigliare l’impiego di sacchetti portati da casa per la spesa di frutta e verdura al supermercato leggi questo articolo (clicca qui).
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Il solito metodo all’italiana.
1) Se i sacchetti di prima costavano 1 cent ed erano gratuiti oggi, che costano 2, dovrebbero essere fatti pagare solo 1 cent.
2) E l’etichetta che non è biodegradabile?
3) E i guanti che non sono biodegradabili?
Io ho visto sacchetti in vendita a 15 cent in un negozio di frutta.
Gentile redazione
ho letto con interesse l’articolo riguardante la nuova norma sui sacchetti entrata in vigore ad inizio anno e che tanto ha fatto discutere.
Ritengo che la migliore soluzione, ovvero quella ambientalmente più sostenibile, sia consentire di usare sacchetti riutilizzabili, pratica che è già adottata e promossa in numerosi paesi come la Svizzera o il Belgio. Le motivazioni di carattere igienico che impediscono l’impiego di sacchetti riutilizzabili mi trovano abbastanza perplesso, soprattutto guardando cosa avviene oltre i nostri confini e considerando che la frutta e la verdura presente sugli scaffali dei supermercati si trova in un ambiente tutt’altro che sterile ed esente da qualsiasi forma di contaminazione microbilogica.
Pertanto vi chiedo se i problemi di contaminazione dovuti al sacchetto riutilizzabile ci sono solo in Italia e non ci sono in Belgio o Svizzera. In più come la mettiamo con i negozi packaging free, che stanno prendendo piede anche in Italia, dove ognuno può portarsi la busta/contenitore da casa non rispettando quelle disposizioni igienico-sanitarie che impediscono l’uso di un sacchetto riutilizzabile?
Grazie per un vostro riscontro
Sono d’accordo con lei, bisognerebbe essere un poco realistici e considerare che frutta e verdura sono coltivate all’aperto, sono concimate con concimi chimici, ma anche con stallatico (letame bovino), spesso prima della coltivazione viene sparso letame suino, non dimentichiamo poi la pollina, derivata da escrementi avicoli, in ogni caso il terreno contiene spore di clostridium tetani, perfrigens e botulini solo per citare quelli responsabili di malattie come tetano, botulismo e cangrena gassosa.
Anche per i frutti che non sono a contatto con il terreno le occasioni di contaminazione da parte di feci di uccelli non sono infrequenti.
Quindi se facessero a meno di tirare in ballo problemi sanitari secondo me sarebbe onesto, diciamo che nei supermercati bisogna usare contenitori singoli da poter prezzare per ciascuna varietà di prodotto per facilitare il conto alla cassa.
Io personalmente andrò a fare la spesa vegetale solo in quei supermercati che pesano alla cassa così mi evito la seccatura di appiccicare e staccare le etichette autoadesive.
Un altro problema di difficile soluzione è quello dei sacchetti del pane con una striscia trasparente la cui natura è misteriosa, alcuni supermercati dicono essere riciclabile sia con carta sia nell’umido, possibile?
In generale, anche le buste fornite (a pagamento) dai supermercati alla cassa per imbustare la spesa sono fatti di plastica biodegradabile e compostabile, quindi anche quelli potevano essere riutilizzati per la raccolta dell’umido, non è un’esclusiva dei sacchetti per l’ortofrutta.
Certo è così
Ho notato una cosa con i nuovi sacchetti,il prezzemolo perde subito freschezza e lucidità la cosa che non si verificava con quelli in plastica anche dopo giorni.Adesso provo a vedere altra verdura .
Anch’io ho notato che la verdura (specie se ha foglie verdi sottili come insalate, bietole,ecc) avvizzisce molto prima (di conseguenza perdendo valori nutrizionali) di quando la si conservava nei sacchetti di plastica normale
Chissà perchè…
Scusate, non voglio fare polemica sul provvedimento in se, che anzi mi è sembrato buono per l’intenzione di ridurre l’inquinamento da plastica provocato da ognuno di noi nella nostra vita di tutti i giorni… MA: “contaminazioni serie dell’insalata”, “borse o buste sporche”? Mi chiedo: chi è che va a far la spesa portandosi un sacchetto SPORCO per metterci del cibo da portarsi a casa? E ancora: la frutta e la verdura vendute sfuse prima di finire nel sacchetto si trovano forse in ambiente asettico? Non mi pare poprio… E poi ancora: chi è che compra patate, cipolle, aglio, agrumi, i già citati ananas o mango, la frutta secca… e li mangia CON LA BUCCIA, senza lavarli e/o senza farli cuocere prima? Perchè compiendo una qualunque di queste 3 azioni il problema della eventuale contaminazione (che con frutta e verdura sfusa può appunto avvenire lo stesso, anche usando i sacchetti del supermercato, prima che il prodotto finisca nel sacchetto!)… Così a occhio verrebbe da dire: “basterebbe un po’ di buon senso”. Tutto questo lo scrivo perchè da 4 anni a questa parte per fare la spesa (verdura e frutta sfuse) ho sempre usato, portandole da casa, le mie retine di nylon lavabili, che quindi al momento dell’acquisto di nuova frutta e verdura sono pulite, semitrasparenti (quindi alla cassa vedono il contenuto), sono resistenti (uso le stesse 10 da 4 anni e sono ancora in ottimo stato) e ancora più ecologiche dei sacchetti monouso compostabili (visto che la motivazione di questo provvedimento dovrebbe essere di tipo ecologico).. E vi posso assicurare che in 4 anni non ho mai avuto alcun problema di salute riconducibile ai sacchetti in cui compro frutta e verdura. Spero vivamente che i nostri ministeri (ambiente e salute) “correggano il tiro” al più presto, non per il costo di 2 centesimi, che per la maggior parte degli italiani è probabilmente affrontabilissimo, ma proprio per permettere a questa nuova legge di essere davvero un passo avanti verso la diffusione di abitudini più ecologiche! 🙂
Ferruccio,
non sarebbe stato più semplice obbligare i rivenditori a sostituire i sacchetti in uso con quelli degradabili senza addebito al cliente. Il rivenditore avrebbe potuto recuperare il maggiore onere, estremamente esiguo, aumentando il ricarico che normalmente fa per spese generali e suo margine di utile. Si sarebbereo evitate queste ridicole polemiche.
Anch’io ho fatto lo stesso ragionamento:i costi vengono assorbiti nel prezzo di vendita dei prodotti…..
compreso il costo dei sacchetti ( che pagavamo anche in precedenza)
Sarà un problema di IVA,visto che il costo è da indicare separatamente nello scontrino?
Aggiungerei, oltre ai commenti sopra che condivido, che comunque si voglia al supermercato si entra con le buste per la spesa portate da casa, non vedo il senso di pensare ad un rischio microbiologico per alimenti che davvero passano di “mano in mano”. Il problema della tara è relativo, come per la busta acquistata in cassa viene inserito il costo in scontrino, stessa cosa si può fare con il numero di sacchetti dell’ortofrutta, scagionando la questione tara della bilancia.
E’ sempre un peccato fare una manovra che può essere intelligente, ma non aver esposto con anticipo i vari problemi/soluzioni. Intendo “può” essere intelligente perché come sottolineato da Ennio, etichette e guanti rimangono materiale di consumo non biodegradabile.
Ma se si compera frutta e verdura al mercato da coltivatori diretti?
Io da anni porto sacchetti di carta da casa …. ora cosa succede?
Per una maggior salvaguardia dell’ambiente perchè non vengono aboliti i guanti di plastica per ortofrutta considerando che si tratta di alimenti che prima di essere consumati devono comunque essere preventivamente lavati o sbucciati? Non mi risulta che esistano norme che li impongono diverse da quelle previste dalle strutture di vendita.
Davvero non comprendo perché vietare il riutilizzo di sacchetti portati da casa o di reti come già avviene in altri Paesi europei con la scusa dell’igiene e del pericolo di contaminazione. I supermercati non sono luoghi sterili e la frutta e verdura percorrono spesso centinaia di km su tir per poi essere smistate in magazzini che non posso pensare come luoghi sterili, quindi mi sembra davvero un falso pretesto per vietare il riutilizzo di sacchetti o reti.
Detto questo è ovvio che se debbano prevenire situazioni di pericolo ma non dimentichiamo che il nostro organismo è fatto da miliardi di microorganismi (tra i quali i batteri) e tutta questa ricerca del super pulito o dello sterile non giova sempre alla nostra salute
Io trovo che l’argomento, seppure degno di nota, sia alquanto fuorviante dai veri problemi che puntualmente all’inizio di ogni anno si evidenziano in modo rimarchevole sul fondo delle nostre tasche: energia elettrica, gas, autostrade e tasse in genere….. solo l’annuncio degli aumenti, poi il silenzio assoluto. Rassegnazione ? certo…anche. Le buste per la spesa, tanto le pagavamo anche prima, non mi risulta che nella Grande Distribuzione, e neanche nella piccola, diano qualcosa gratis.
Io comunque, continuo a non capire il meccanismo mentale che ha portato a far pagare i sacchetti biodegradabili e non gli imballaggi in plastica.
Sarò strana io, ma pensavo che i comportamenti virtuosi andassero premiati.
Chiedo gentilmente a La Pira se i sacchetti che danno alle casse per portare via la spesa devono essere compostabili. Lo chiedo perché una piccola catena della mia città continua a fornire sacchetti “biodegradabili” (?) facendoli pagare 10 centesimi. Grazie
In questo articolo ci sono i dettagli riguardo i sacchetti destinati all’asporto: http://www.ilfattoalimentare.it/sacchetti-biodegradabili-qualita-prezzo.html
I sacchetti distribuiti alle casse dei supermercati devono essere compostabili e in genere costano 10 centesimi
La direttiva comunitaria ha sicuramente molto senso e va nella direzione giusta.
Altra cosa è il recepimento da parte dello stato italiano e trovo che sia criticabile in più punti.
Si, perché se vogliamo davvero puntare verso una maggiore sostenibilità e un minore impatto ambientale non dobbiamo accontentarci di usare buste compostabili o materiali plastici riciclabili, bensì bisogna fare decisamente rotta su un minore dispendio di energia e di materie prime, ergo produrre/consumare meno sacchetti.
Questa poteva essere l’occasione per tentare di introdurre anche una modalità di acquisto slegata dalla classica busta, e invece ci obbligano a comprarne una (e i n primis a produrla) anche quando se ne potrebbe fare a meno.
Non dico di avere la ricetta magica in tasca, ma almeno ci si poteva pensare.
Alla fine di questo circo mi pare si sia persa l’occasione di premiare quei consumatori virtuosi che, cercando di guardare al futuro, vogliono evitare di alimentare questo circolo vizioso.
So già cosa mi verrà risposto: con la classe dirigente che si trova ad avere questa italia è già tanto che abbiano recepito la direttiva giusto in tempo per non incorrere in sanzioni.
Non mi spiego perchè i sacchetti compostabili siano stati resi obbligatori solo nei negozi del Settore Alimentare, mentre nei negozi del Settore Non Alimentare (scarpe, abbigliamento, ecc), non sono obbligatori. Non ditemi che essendo diffusi in quantità minore il problema è minore. Comunque ritengo più scandaloso l’aumento dei prezzi dei carburanti che non la questione sacchetti compostabili e purtroppo questo non ha generato lo stesso clamore.
In Italia le cose vanno così :
– ci accaloriamo per un motivo futile come i sacchetti per la frutta che comporteranno una extraspesa di ben 2 o 3 €
– ma quando si tratta di esprimere la propria opinione nelle elezioni politiche, che comporteranno poi un cambiamento del sistema paese,. ….più del 40% se ne frega! !!!
Io mi chiedo facciamo parte di una comunità europea ,da loro noi prendiamo solo negatività le positive dove vengono favoriti le persone comuni non sono mai acquisite dal nostro governo .Ora ci chiedono di pagare un sacchetto x la frutta quando codesto può essere a spesa del rivenditore oppure darci altre tipi di possibilità x ovviare questa spesa ,no non si può inquina …..ma cosa inquina se già quello che noi mangiamo non sappiamo da dove arriva e con quali tipi di pesticidi sia stato trattato perché la frutta
che noi paghiamo con un costo inferiore non arriva mica dalla Italia chi sa da dove è che tipi di trattamenti adoperano……
Il sacchetto frutta lo paghiamo è biodegradabile ok….
Il sacchetto spesa lo paghiamo e biodegradabile ok…
E secondo voi con solo questi due sacchetti noi riusciremo a sanare il problema inquinamento?
Non credo visto che il 99,9 %rimane plastica sacchi spazzatura, compri abbigliamento spesso diciamo sempre è in un sacchetto di plastica ,le bottiglie ecc.,insomma la plastica è ovunque.
Secondo me qui la discussione è di altro genere ci dobbiamo chiedere chi ci guadagna in tutto ciò?
A chi conviene questa soluzione?
Solito modo raffazzonato dei politici italiani.
1) Non si riduce l’inquinamento facendo pagare i sacchetti. Gli incivili che lo buttano nell’ambiente non cambiano.
2) Se i sacchetti rimanevano gratuiti ben venga che siano biodegradabili. Il maggior costo riversato su frutta e verdura non sarebbe avvertito.
3) L’addetto alla cassa si lamenta di dover fare un conto manuale dei sacchetti, perdendo tempo e allungando la fila.
4) Molti continueranno a buttarli nella plastica perchè dubitano che siano biodegradabili al 100%
5) E’ assurdo un sacchetto biodegradabile con un’etichetta non bio. Pochi la staccheranno.
6) Il legislatore doverebbe rendere obbligatoria per ogni tipo di confezione o imballaggio un’indicazione se
secco-carta-vetro-umido. Invece spesso non c’è scritto come smaltire correttamente.
7) Il legislatore dovrebbe obbligare i produttori fornire confezioni riempite al 90%. invece compriamo scatole
grandi mezze vuote.
8) Il legislatore dovrebbe obbligare i produttori di tabacco a fornire sigarette in confezioni biodegradabili.
La innumerevole quantità di pacchetti vuoti lanciati ai bordi delle strade inquina molto di più dei
sacchetti della frutta.
e che dire della bustina piccola delle farmacie che a Roma costa 5 cent ?
Basta dire al farmacista che la bustina non serve e non si paga. Il prezzo di vendita è comunque una libera scelta dell’esercizio
mi ritrovo in accordo con la maggioranza che avrebbe voluto una legge più seria e non solo una risposta veloce per non incorrere alla penale prevista dall’Europa . Molti che criticano questa brutta legge già si ponevano con serietà del problema ambientale , riutilizzando più volte i sacchetti di plastica o utilizzando retine comprate in altri paesi europei o in Internet , come me. Vedo con piacere che alcune catene alimentari stanno modificando la proposta dando ai clienti cestini di plastica dove porre la merce che una volta pesata alla cassa verrà posta nei sacchetti dei clienti . Altri danno gratuitamente sacchetti di plastica . Io spero che prenda piedi in Italia l’uso delle reti lavabili. In Trentino hanno richiesto di non buttare questi nuovi sacchetti nell’umido perchè possono bloccare i macchinari per la trasformazione in bio-gas vista la presenza del 60% di plastica . Tali impianti di riciclo stanno sorgendo in tutte le regioni . Dispiace che chi dovrebbe darci informazioni serie difendano questa legge squallida
“non buttare questi nuovi sacchetti nell’umido perchè possono bloccare i macchinari per la trasformazione in bio-gas vista la presenza del 60% di plastica” Questa informazione non è corretta. I sacchetti per l’asporto della spesa e, dal primo gennaio, quelli dell’ortofrutta devono per legge essere biodegradabili e compostabili. I marchi che attestano la certificazione della biodegradabilità sono “OK Compost” e “ Compostable”. Esistono altri sacchetti prodotti con plastiche oxo-biodegradabili (quelle che si frammentano) ma questi non superano il test di certificazione di compostaggio. Qui può trovare ulteriori informazioni e capire come riconoscerli. http://www.ilfattoalimentare.it/plastica-additivi-biodegradabile.html