Il divieto di portare i sacchetti da casa per comprare frutta e verdura non piace a molti lettori, poco disposti a condividere le ragioni di tipo igienico-sanitario dei supermercati e del Ministero della salute. Nei commenti che abbiamo pubblicato si dice che in campagna la frutta e la verdura non viene certo raccolta con i guanti e messa in contenitori asettici, e che non servono sacchetti monouso ma basterebbe portare qualche borsa da casa. Altri avanzano riserve sull’igiene dei carrelli di certi punti vendita.
L’igiene di frutta e verdura
Alla base di questi ragionamenti c’è una visione bucolica sui metodi di coltivazione e confezionamento della frutta e della verdura destinata a essere venduta nei mercati all’ingrosso oppure finire nella piattaforma di una catena di supermercati per essere distribuita ai vari punti vendita. “Secondo questi lettori – precisa Antonello Paparella, microbiologo alimentare e preside della Facoltà di Scienze e tecnologie alimentari all’Università degli Studi di Teramo – la frutta e la verdura arriverebbero al supermercato imbrattate da terriccio o da feci di uccelli e altri animali, i lotti sarebbero contaminati da microrganismi presenti nell’aria, per non parlare della manipolazione dovuta alle persone addette alla raccolta. La realtà è leggermente diversa e racconta di processi di lavorazione dopo la raccolta molto accurati in grado di garantire un buon livello di igiene e di prolungare la vita di scaffale del prodotto”.
Le misure per migliorare l’igiene
In tutti i Paesi del mondo, frutta e verdura sono sottoposte a una serie di operazioni per migliorare l’igiene e la presentazione del prodotto. Quando i bancali con i contenitori arrivano nei centri di confezionamento la frutta viene prima di tutto lavata e pulita utilizzando speciali spazzole. Dopo la fase di asciugatura si procede alla cernita eliminando i frutti ammaccati o difettosi per poi continuare con la selezione per dimensione, forma, peso e colore e il confezionamento in cassette. Si tratta di procedure adottate anche nei Paesi tropicali come mostra questo video girato presso un fornitore di manghi da esportare negli Stati Uniti.
“Grazie a questi accorgimenti – spiega Paparella – il prodotto può rimanere per diversi giorni sui banchi del fruttivendolo o del supermercato senza alterarsi. Viste le premesse ci sono buone probabilità per ritenere soddisfacenti gli standard igienici della frutta esposta sugli scaffali dei supermercati, altrettanto non si può dire sulle pratiche domestiche di milioni di persone che frequentano i supermercati”.
Le minacce microbiologiche
Una lettrice scrive che non userebbe mai una busta sporca per andare a fare la spesa, e nessuno lo dubita, anche se forse va chiarito il concetto di sporco. Una borsa visivamente poco pulita non è per forza una minaccia dal punto di vista microbiologico, mentre una busta impeccabile tenuta in un luogo inadeguato può favorire lo sviluppo di microrganismi indesiderati.
Anche il lettore che ricorda la presenza nel nostro organismo di miliardi di microrganismi ha ragione, così come le persone che rifiutano di perseguire l’obiettivo della sterilità. Ma è altrettanto doveroso ricordare che i microrganismi eventualmente presenti su frutta e verdura a causa di manipolazioni improprie, sono diversi da quelli ospitati dall’organismo umano. I batteri estranei sono capaci di provocare – in alcuni casi fortunatamente non comuni – patologie a elevato tasso di mortalità (anche superiore al 25%, come nel caso della listeriosi).
Per quanto riguarda la campylobatteriosi (considerata una grave patologia alimentare, così diffusa in alcuni Paesi occidentali da avere soppiantato la salmonellosi) è opportuno ricordare che si trasmette anche attraverso la frutta e la verdura, e che il batterio ha una dose infettante pari a un numero ridottissimo di cellule per grammo. “Anche per questi motivi – conclude Paparella – l’uso di borse e sacchetti portati da casa è inopportuno, come pure va ribadita la necessità di usare sempre i guanti nella fase di acquisto”.
Il documento del Ceirsa
A supporto di queste tesi vale la pena citare la premessa di un recente documento del Ceirsa Piemonte (Centro interdipartimentale di ricerca e documentazione sulla sicurezza alimentare) firmato da Valentina Marotta, Bartolomeo Griglio, Claudio Maggi e Margherita Gulino dal titolo “Frutta e verdura: quali pericoli per il consumatore”, che focalizza l’attenzione sui pericoli di contaminazioni.
Il testo esordisce dicendo “Le modalità, il numero di persone coinvolte e gli alimenti implicati nelle tossinfezioni alimentari si sono evolute col tempo. Nel passato le malattie alimentari si manifestavano sotto forma di epidemie che coinvolgevano un numero elevato di persone ed erano soprattutto legate a prodotti di origine animale. Oggi il quadro epidemiologico è cambiato: le epidemie classiche si sono notevolmente ridotte, sostituite da focolai infettivi costituiti da un numero minore di soggetti coinvolti, e quindi più difficili da individuare, causati non più solo da alimenti di origine animale ma anche da altre tipologie di cibi, ritenuti fino a poco tempo fa improbabili veicoli di infezione, come frutta e verdura”.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Il suo ragionamento torna! Ma allora perché non ci fanno pagare anche le vaschette di plastica della carne o della rosticceria? Quella è comunque plastica e inquina maggiormente del mater-bi.
Insomma ma poi perché dobbiamo pagare una cosa (se sicuramente pagavamo già…)per fare un favore all’ambiente? A me questo proprio non torna….chi compra un kg di mandarini prima o lo compra adesso inquina in ugual misura … forse se compriamo meno frutta e verdura inquiniamo meno….è forse un metodo per tenerci lontani dagli scaffali più sani??
Sono miliardi di sacchetti a 2-3 € cent,che tolgono con uncinetto sono aggiunti alle altre sempre nuove tasse.Bisogna pagare tutto ,tra poco inventeranno delle nuove così diveniamo sempre più poveri per mantenere Europa, ministri e incapaci che governano e se sbagliano non falliscono ma prendono liquidazioni che un operaio con quella cifra deve vivere e mantenere la famiglia tutta la vita.Unica cosa giusta sarebbe che la popolazione decide tutto con vari referendum senza partiti.Figli fanno lavori precari senza contributi ,promoter e varie senza un domani.
Ma, nei paesi dove sono permesse le retine riutilizzabili, per comprare frutta e verdura, sono tutti contagiati da campylobacter, listeria o salmonella?
Il vero ecologista non ė quello che consuma un materiale biocompatibile al posto della plastica ma colui che sa riciclare o riutilizzare qualcosa che già ha. E poi, perchė non si sostituiscono le vaschette di polistirolo e di plastica con quelle di cartone? E i guanti monouso? Quelli vanno bene anche se sono di plastica…
Troppe incongruenze…
Gli episodi di contaminazione da campylobacter, listeria o salmonella sono pochi ma molto gravi. A livello di prevenzione si tratta di una norma comprensibile e condivisibile , anche se alla stragrande maggioranza delle persone può sembrare esagerata.
Il problema sacchetti della spesa è solo l’1% del capitolo contenitori di plastica e se osserviamo bene cosa portiamo a casa ogni giorno ce ne renderemo conto.
E’ solo l’inizio di un approccio tardivo sacrosanto, ma mal proposto.
Pensiamo davvero che i contenitori degli alimenti (tutti nessuno escluso), li paghino i produttori ed i commercianti, mentre le buste di plastica le dovremo pagare noi?
Tranquilli non è cambiato niente perché, salvo eccezioni, li paghiamo tutti noi e da sempre!
1- I sacchetti li pagavamo anche prima: sì, però poi erano miei e potevo riutilizzarli finché anche all’infinito; invece adesso vogliono obbligarmi a comprare un articolo e poi mi proibiscono di riutilizzarlo: COL CAVOLO!!! (a proposito di frutta e verdura…..). Infine, non è detto che io mi accorga di tutti i “furti” nascosti ai miei danni ma se me ne accorgo è normale, giusto e sicuro che punterò i piedi.
2- Il sacchetto portato da casa potrebbe essere portatore di chissà quanti e quali agenti contaminanti: in buona sostanza, io a casa ho il batterio-killer che diventa pericoloso solo se contamina il sacchetto che voglio riutilizzare. Ma per piacere!!!
Intanto, il miglior rifiuto è quello che NON si produce, quindi il riutilizzo andrebbe, semmai, incentivato; e poi smettiamola di chiamare biodegradabili questi sacchetti che già lo sono solo parzialmente e che con l’aggiunta dell’etichetta non lo sono più.
La verità è che ai produttori di quel materiale è stato promesso un certo volume d’affari anche se, detto fra noi, non vale una cicca: non regge il peso e non tiene l’umido. Un sacchetto può servire giusto se il maggiordomo deve portarti a casa 200 grammi di tartufo ma se ti servono 5 chili di patate per sfamarti devi comprarne 25 di sacchetti.
Ma i sacchetti bio per frutta e verdura restano bio anche con l’etichetta che vi attacchiamo dopo la ‘pesata’ ? Non credo proprio. Francamente me ne importerebbe poco dei 2 o 3 cent se questa spesa avesse un senso. Ma se alla fine a causa dell’etichetta dobbiamo buttare tutto nel secco cosa è cambiato?
Basta appiccicare l’etichetta nella parte apicale sul manico e poi tagliare quel pezzetto prima di usarlo per il rifiuto umido di casa
1- I sacchetti li pagavamo anche prima: sì, però poi erano miei e potevo riutilizzarli anche all’infinito; invece adesso vogliono obbligarmi a comprare un articolo e poi mi proibiscono di riutilizzarlo: COL CAVOLO!!! (a proposito di frutta e verdura…..). Infine, non è detto che io mi accorga di tutti i “furti” nascosti ai miei danni ma se me ne accorgo è normale, giusto e sicuro che punterò i piedi.
2- Il sacchetto portato da casa potrebbe essere portatore di chissà quanti e quali agenti contaminanti: in buona sostanza, io a casa ho il batterio-killer che diventa pericoloso solo se contamina il sacchetto che voglio riutilizzare. Ma per piacere!!!
Intanto, il miglior rifiuto è quello che NON si produce, quindi il riutilizzo andrebbe, semmai, incentivato; e poi smettiamola di chiamare biodegradabili questi sacchetti che già lo sono solo parzialmente e che con l’aggiunta dell’etichetta non lo sono più.
La verità è che ai produttori di quel materiale è stato promesso un certo volume d’affari anche se, detto fra noi, non vale una cicca: non regge il peso e non tiene l’umido. Un sacchetto può servire giusto se il maggiordomo deve portarti a casa 200 grammi di tartufo ma se ti servono 5 chili di patate per sfamarti devi comprarne 25 di sacchetti.
Concordo con l’osservazione di Rita sul fatto che gli indistruttibili erano riutilizzabili per molto tempo e varie volte, ma che purtroppo presto o tardi finivano tutti nella spazzatura.
Ma chi si è mai portato al super i sacchetti per la frutta e la verdura? Forse qualche mosca bianca.
Meglio usare la carta dove è possibile ed i compostabili che degradano in tre mesi, risolvendo il problema etichetta, non tanto per la carta, ma per l’inchiostro tossico solitamente impiegato per la stampa.
Poi armiamoci di robuste borse di tela per raccogliere tutta la spesa ed invitiamo le istituzioni a meglio attrezzarsi per la raccolta differenziata ed il riciclaggio efficiente di tutti gli scarti, che impietosamente verso noi stessi e l’ambiente produciamo.
La mia domanda: Ma quindi pure i guanti dovrebbero essere biodegradabili? Così pure le etichette da apporre ai sacchetti?
prendo l’ultima frase: ” le epidemie classiche si sono notevolmente ridotte, sostituite da focolai infettivi costituiti da un numero minore di soggetti coinvolti, e quindi più difficili da individuare, causati non più solo da alimenti di origine animale ma anche da altre tipologie di cibi, ritenuti fino a poco tempo fa improbabili veicoli di infezione, come frutta e verdura”.
All’ inizio avete smentito l’idea bucolica della raccolta e conservazione della frutta, che la frutta è controlla e garantita. Tutti usano sacchetti e guanti. MI SPIEGATE COME DIAVOLO SI INFETTA ALLORA FRUTTA E VERDURA COS CHE PRIMA NON SUCCEDEVA ( LO DITE VOI….)???
Poi voi avete analizzato il processo di raccolta, ma non avete menzionato il luogo ( o i luoghi) dove è più probabili e di certo avviene una contaminazione: trasporto e magazzini/celle GDO.
Il supermercato rilava le mele che arrivano? le celle in cui vengo stoccate sono tutte sanificate?
Per cortesia evitiamo ridicole prese di posizione, farete marcia indietro sul Palma , dovrete fare una campagna fra qualche anno su oli di mai e girasole, state sbagliando anche sui sacchetti.
La frutta e la verdura sono “sporche”, si comprano e si LAVANO. il sacchetto sporco portato da casa non aggiunge e non toglie probabilità di contagio.
Esistono anche le BORSE DI COTONE, LAVABILI IN LAVATRICE A 90°. NON VANNO BENE???
Milioni persone consumano cibi in condizioni igieniche non sempre perfette, la ristorazione tutta , non potrà mai garantire il perfetto e pieno rispetto delle norme , le nostre casa sono piene di batteri e la contaminazione crociata è all’ordine del giorno. COME MAI I PRONTO SOCCORSO SONO SONO PIENI DI GENTE CHE STA MALE???
Credo si stia facendo “molto rumore per nulla”. Personalmente faccio la spesa una volta alla settimana e compro mediamente 10 tipologie diverse tra frutta e verdura, per un totale di maggior addebito di € 2,40/anno (€ 0,02 a sacchetto, compreso agosto). Non penso che questo maggior addebito cambierà il mio bilancio familiare (preciso che ho un lavoro da impiegato con uno stipendio medio per una città come Milano, dove vive la mia famiglia). Credo che questa sia una buona scelta e che sia giusto che tutti facciano la propria parte per salvaguardare l’ambiente già fortemente compromesso da errori secolari di noi tutti e spero che presto tutti i contenitori alimentari siano compostabili o almeno riciclabili. Forse da buoni italiani avremmo preferito i sacchetti “gratis” come erano prima? Scusate, ma non ci crede nessuno che fino a ieri i supermercati ci abbiano regalato i sacchetti non compostabili: li abbiamo sempre pagati “compresi” nel prezzo di frutta e verdura. Quindi… meglio così: più trasparenza, più igiene, più correttezza, e poi infine, usiamoli per il rifiuto organico: costano molto meno di quelli in commercio (mediamente da €0,15 a € 0,30 cadauno).
A vedere cosa commenta la gente su questa vicenda cascano le braccia ancora più del solito. Emerge un preoccupante mix di ignoranza e di micragnosità del popolino, unita a paure montate ad arte da certi politici senza scrupoli. Da questo punto di vista si va sempre un po’ peggio, perché anche gli ignoranti e gli stupidi oggi pretendono che la loro opinione abbia lo stesso valore di quella delle persone istruite e preparate.
Io spero solo che presto tutti gli imballaggi verranno fatti pagare in maniera esplicita, così la gente si renderà conto dei reali costi dei prodotti confezionati (e dopo aver fatto le proprie valutazione magari continuerà a sceglierli, non c’è nulla di male purché sia fatto consapevolmente) mentre oggi qualcuno crede che solo perché il costo di un imballo non è visibile nello scontrino non sia comunque lui a pagarlo…
Lorenzo e Vincenzo: grazie!
(Dopo tante scomposte urla fuori luogo, mi rincuorate, c’è ancora un’ Italia che ragiona…anche se siamo ormai pericolosamente minoranza )
Concordo con la conclusione e la proposta che condivido di rendere esplicito il costo dell’imballo, per informare correttamente il consumatore sull’incidenza dei costi dei rifiuti che gestiamo in filiera.
E perché non includere nel discorso anche i costi dei molti trasporti intermedi (Km Zero, oppure il giro del mondo), per arrivare al prodotto finito?
In disaccordo totale con alcuni commentatori sulla necessità d’insultare “dall’alto” chi non è informato, oppure ha una convinzione errata sulla formazione del prezzo e dei costi di produzione, perché basta argomentare ed informare correttamente, per produrre un risultato migliore e meglio assimilabile.
E ringraziamo pure anche Fabrizio, che ringrazia Lorenzo e Vincenzo! Scherzo naturalmente, ma mi associo agli ultimi commenti Questa volta almeno una donna, e in età (con tante spese fatte, cercando di essere abbastanza attenta a quel che succede, a quel che si dice..). Bene il FATTO ALIMENTARE!
Ho letto tutti i commenti, qualcosa di vero c’è in tutti. Ma diciamo anche cose che non possiamo sapere; ci improvvisiamo!! Tanto poi finisce tutto a “piove governo ladro”
I sacchetti li abbiamo sempre pagati, non c’è dubbio; come tutto quello che ci portiamo a casa. E comunque inciderà sul portafoglio delle famiglie x pochi euro, 2? 4? 6? euro all’anno!
Qualcuno in TV ha detto che la gente sta andando di più ai negozi di frutta e verdura, perchè non fanno pagare i sacchetti bio; ma cosa costa la frutta e verdura nei negozi di vicinato? Io so cosa spenderei di più se tutta la spesa la facessi al negozio sotto casa; vedo il prezzo quando ci entro all’ultimo, verso sera, perchè manca qualcosa x cena; un abisso di differenza! Non so voi!?
La logica del prezzo in chiaro è perchè si debba tutti essere più attenti a non consumarne di più, a casaccio; quel che non si paga non conta; è la montagna di rifiuti impossibili da riciclare che dobbiamo
contribuire a non far crescere a dismisura; spero si proceda su questa strada in futuro.
Nella mia zona i sacchetti bio neanche si riesce a utilizzarli per l’umido perchè sono troppo piccoli per entrare nel bidoncino.