Rocchetta non dovrebbe proclamarsi ‘Acqua della salute’ come invece si vede dal 2004 negli spot tv, nella pubblicità sui giornali e come si legge sulle etichette delle bottiglie. L’ultimo spot è di venerdì 26 maggio 2023 sul canale televisivo La7, dove la pubblicità con Michele Hunziker dell’acqua minerale Rocchetta conclude con la frase ‘Acqua della salute’. Più volte abbiamo ribadito che questo claim è ingannevole e che nelle pubblicità delle acque minerali andrebbe vietato ogni riferimento alla salute per non indurre i consumatori ad attribuire a queste acque minerali qualità non giustificate. La richiesta è stata più volte inoltrata all’Istituto di autodisciplina pubblicitaria che nel 2004, con la Pronuncia n. 211/04, si era espresso, ma il documento, a differenza di quanto si leggeva al suo interno, concludeva in modo paradossale.
“Reputa il Comitato di Controllo che l’affermazione “le acque della salute” sia inaccettabile perché ingannevole. Il riferimento alla “salute” è infatti – secondo il Comitato di Controllo – del tutto improprio e potenzialmente equivoco per il pubblico dei consumatori se riguarda prodotti che, essendo e rimanendo semplici alimenti, non hanno in sé e per sé alcuna proprietà terapeutica né di prevenzione e presentano caratteristiche mediamente possedute dai prodotti similari.” E poi: “quanto al riferimento alla ‘salute’ il Comitato ha illustrato la sua posizione dichiarando che non dovrebbe essere consentito anche perché da altra pubblicità delle stesse acque minerali si evince che ad esse vengono attribuite caratteristiche terapeutiche come quella di favorire la digestione, la diuresi etc. etc.. […] il Comitato ha, di recente, esaminato diverse pubblicità di alimenti in relazione alle quali si è posto nell’ottica di evitare che facciano riferimento alla salute.” E ancora: “quanto al riferimento alla salute il Comitato intende operare affinché esso sia bandito dalla pubblicità dei prodotti alimentari tanto più che il beneficio per la salute viene strumentalizzato sulla base della preoccupazione che gli italiani nutrono a questo riguardo. La dizione ‘le acque della salute’ – per il Comitato di Controllo – non è generica perché contiene un riferimento specifico alla funzione terapeutica del prodotto.”
Dopo queste illuminate riflessioni, il comunicato conclude che: “al Giurì non appare conforme all’art. 2 del Codice è che Uliveto e Rocchetta siano qualificate come ‘le’ acque della salute perché la determinazione insita nell’articolo comporta inevitabilmente che le due acque in questione acquisiscano un carattere di superiorità, che non vi è prova che esse possiedano rispetto alle moltissime altre acque minerali che affollano il mercato italiano.” Insomma il problema non è il richiamo alla ‘salute’ tramite ogni mezzo di diffusione, ma l’articolo determinativo ‘le’.
Che l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria sia un po’ confuso lo dimostra una recente Ingiunzione (n. 21/22 dell’11/7/22) in cui viene censurato per comunicazione commerciale ingannevole uno degli ultimi messaggi di Rocchetta “contribuisce a preservare l’idratazione della pelle”; “l’idratazione con acqua Rocchetta aiuta a proteggere le cellule dell’epidermide dai radicali liberi (i maggiori responsabili dell’invecchiamento)… favorendo il mantenimento della vitalità cellulare della nostra pelle”. A supporto di quest’ultima decisione, l’autorità tira in ballo il claim “Acqua della Salute”, ritenendolo colpevole di creare, assieme agli altri messaggi, “la specifica aura di medicalità che il messaggio attribuisce agli effetti promessi dall’acqua pubblicizzata (ad esempio attraverso i claim: “Acqua della Salute”; l’azione di protezione cellulare richiamata da uno studio scientifico pubblicato su una rivista medica; il logo di una Associazione medica, etc.) non è accettabile in mancanza di un claim che sia stato specificamente richiesto e valutato da Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, che come è noto, è preposta al rilascio di pareri scientifici che forniscono la base delle rivendicazioni ammissibili per i prodotti alimentari e gli integratori alimentari.”
L’Istituto di autodisciplina pubblicitaria qualche settimana ci ha informato di avere chiesto alla Cogedi (proprietaria dei marchi Rocchetta e Uliveto) di dimostrare la veridicità di alcune frasi inserite in diversi spot, precisando di avere ottenuto la modifica di alcuni claim non riconducibili ai termini del decreto del ministero della Salute n. 4415 del 2022 (decreto che autorizza solo l’affermazione secondo cui Rocchetta è un’acqua che “Contribuisce all’idratazione dell’epidermide e ne mantiene la fisiologica rigenerazione cellulare”).
Purtroppo le frasi che lo Iap è riuscito a fare modificare non si conoscono. Resta il fatto che lo slogan “Acqua della salute”, nonostante i rilievi mossi da anni dello Iap, viene regolarmente usato. Basterebbe fare un ripasso veloce di quanto scritto in anni passati e consultare un testo di nutrizione per rendersi conto che Uliveto e Rocchetta non possono essere definite “Acque della salute”. Basterebbe ricordare i sei provvedimenti accumulati negli anni dalle pubblicità scorrette di queste acque per rendersi conto che lo slogan presenta criticità e non è sostenuto da fondamenti scientifici. Ci aspettiamo più coerenza da una autorità come l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria che ha al suo interno esperti, professionisti e nutrizionisti in grado di valutare la scorrettezza del spot, mantenendo così la credibilità acquisita negli anni.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Ma quanto sono forti i produttori delle suddette acque e quanto guadagnano se si permettono di fare spot continuamente!!! Il resto non lo scrivo …
Riassumendo, non è corretto che le acque Rocchetta e Uliveto si autodefiniscano “LE acque della salute”, perché questo sottintende che le altre acque non lo siano… ma se si definiscono semplicemente “acque della salute” sono in regola, in quanto non negherebbero che anche altre acque possiedano questa caratteristica.
Un bell’esempio di come la lingua italiana sia un mezzo potente e flessibile, con la quale si può affermare o negare ciò che si vuole, purché la si sappia usare correttamente e in modo del tutto inavvertibile da parte dell’utente medio.
Più che altro direi che siamo fortunati ad avere una lingua così precisa, che conoscendola permette di esprimere concetti precisi ed incontestabili.
Tutto questo alla faccia di chi dell’italiano se n’è sempre fatto un baffo…
Ma nessuno ha mai pensato di inserire nel consumatore-automa l’algoritmo “la pubblicità non è Vangelo”? Un normale umano solitamente acquista acqua minerale al supermercato per dissetarsi, magari scegliendo quella che al suo gusto sembra migliore. La pubblicità serve per attirare l’attenzione su un prodotto, ma non credo che sia presa alla lettera dall’acquirente medio e i bambini molto piccoli non vanno a fare acquisti. Ricordo la pubblicità di un detersivo che lavava “così bianco che più bianco non si può”: ora sarebbe sotto accusa perché con adeguati strumenti si può valutare che il bianco ottenuto non è il bianco assoluto nella gamma fisica dei colori visibili dall’occhio umano…
Su, un po’ di fiducia nell’essere umano, a volte sa ancora distinguere fra pubblicità e realtà.
Bravissima! È ora di smetterla di prendere gli italiani per degli stolti incapaci di analizzare e percepire un messaggio pubblicitario tutto sommato piuttosto scherzoso. Se il livello è questo non è colpa dell’uccellino (della pubblicità). Siamo tornati all’epoca del grandissimo Maestro Manzi, che a suo tempo alfabetizzava l’Italia del dopoguerra? Oggi il problema non è l’alfabetizzazione (ancorché ci sarebbe molto da discutere sul tema), ma a forza di riassumere tutto in uno spot, non leggere, non discernere e non aver nessun senso critico, la soluzione non è mandare a processo e multare i presunti colpevoli di fare uno spot tutto sommato anche divertente (vi ricordate quello della Esso con gli uccellini nel nido che cinguettavano « Esso »? A chi di noi non ha fatto un po’ di tenerezza? Eppure cosa c’era di « ecologico » in quel messaggio? Niente. Eppure nessuno di noi ci ha mai creduto. Siamo stati tutti sciocchi e creduloni? Non credo. Per finire direi che, se con questa pubblicità contestata sui principi, si riesce a far bere agli italiani « più acqua e meno alcol » forse un risultato è stato raggiunto.
Sono d’accordo con te, Paolo. Più pubblicità all’acqua, qualunque sia la marca- purchè controllata e autorizzata dagli organi competenti – e meno alcol, meno bevande addolcite e piene di additivi, che nuocciono alla salute, sulle cui pubblicità ingannevoli sembra nessuno abbia da eccepire !