Dopo la prima ondata pandemica, il Governo britannico guidato da Boris Johnson ha deciso di autorizzare le riaperture generalizzate e, nello specifico, ha varato un programma di stimolo per la frequentazione di bar e ristoranti, chiamato ‘Eat Out to Help Out’, rimasto in vigore tra il 3 e il 31 agosto 2020. Esso prevedeva uno sconto del 50% a carico del governo su tutte le consumazioni di cibo e bevande non alcoliche effettuate tra il lunedì e il mercoledì, fino a un massimo di 10 sterline a persona, senza un limite al numero di volte cui farvi ricorso. Al programma avevano subito aderito quasi 60 mila esercizi commerciali, che in effetti hanno visto salire vertiginosamente il numero dei clienti (del 10-200%), fino ad avere numeri molto più alti della media infrasettimanale dell’epoca pre-Covid.
L’economista Thiemo Fetzer, dell’Università di Warwick, ha voluto analizzare l’andamento della pandemia in quei giorni, e in quelli successivi, per metterla in relazione alla ritrovata socialità e vedere se quest’ultima avesse avuto o meno un effetto sui contagi. Il ricercatore ha pubblicato quanto scoperto su The Economic Journal, rendendo così noto che una politica troppo disinvolta ha contribuito in maniera determinante all’innesco della seconda ondata di Covid-19.
In totale, infatti, in poco meno di un mese sono stati sussidiati circa 160 milioni di pasti, con un costo per il contribuente di 849 milioni di sterline: un successo clamoroso, anche se non a buon mercato. Andando a verificare come sono andati i contagi, Fetzer ha fatto emergere l’altra faccia della medaglia: una faccia feroce, visto che dopo la prima settimana si sono registrati numerosi focolai, tanto più estesi quanto più la zona era sede di ristoranti che avevano aderito all’iniziativa. Viceversa, i quartieri e le zone con meno esercizi commerciali non hanno avuto lo stesso andamento, così come non lo hanno avuto quelli che erano nelle zone dove, in quel periodo, si sono registrate le maggiori precipitazioni piovose. Inoltre l’associazione si è via via fatta meno chiara a partire dalla fine di agosto e del programma, fino a scomparire a partire dalla seconda metà di settembre.
In totale, secondo il ricercatore, le riaperture sarebbero state responsabili dell’11% dei casi registrati nel mese di agosto e nei primi giorni di settembre, caratterizzati da un picco di contagi molto superiore a quello medio osservato in luglio e fino ai primi di agosto. Il programma ha quindi aiutato i ristoratori e i gestori dei locali, ma a caro prezzo. E non è stato più replicato.
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Giornalista scientifica