Plastica inquinamento rifiuti spazzatura

Persona regge una scatola di rifiuti di plasticaRiciclare totalmente la plastica è ancora un obiettivo, più che una realtà, perché molti ostacoli tecnici ed economici limitano fortemente la creazione di filiere del tutto circolari. Si calcola che all’incirca solo il 10% della plastica prodotta sia riciclata, e oltretutto i prodotti ottenuti non sono utilizzabili per qualunque scopo. Ora però un’azienda propone un metodo innovativo, così come fanno diversi studi usciti nell’ultimo anno, e tutto questo autorizza a sperare che, in un futuro non così lontano, il riciclo diventi quasi totale, e dia così un contributo concreto alla riduzione della presenza delle plastiche nell’ambiente (otto milioni le tonnellate che finiscono nei mari ogni anno) e al contenimento dell’impronta ambientale associata alla loro produzione.

L’azienda finlandese Olefy Technologies, spin off del politecnico statale VTT Technical Research Centre of Finland, ha messo a punto una tecnologia che, almeno teoricamente, riesce a riciclare la plastica all’infinito, anche quando è composta da polimeri di bassa qualità; ne parla FoodNavigator, spiegando in che modo potrebbe avere successo laddove, finora, altri hanno fallito. La carta vincente è l’idea di non ricorrere a mezzi meccanici ma di sfruttare la gassificazione o, per essere più precisi, la conversione termica, su cui il VTT lavora da quasi mezzo secolo, e che permette di ri-trasformare la plastica in olefine, cioè nei derivati del petrolio da cui è sintetizzata, e in altri idrocarburi utilizzati dalle industrie.

bioplastiche
L’azienda Olefy propone un nuovo metodo di riciclo della plastica che permette di riottenere materie prime di alta qualità

Secondo quanto sostiene Olefy, che ha presentato otto domande di brevetto, con la sua tecnologia si arriva al 70% di riciclo rispetto al materiale di partenza e si ottengono materie prime che si possono usare per qualunque scopo. I materiali ottenuti poi sono potenzialmente riciclabili all’infinito, perché non subiscono degradazioni ogni volta che passano da un impianto di riciclo. Il procedimento, inoltre, non risente dei contaminanti e per questo può essere applicato anche a plastiche poco pure. Infine, la gassificazione avviene in un solo passaggio, rendendo i costi del tutto abbordabili (e molto inferiori a quelli di altri metodi attualmente utilizzati). Secondo Olefy, questo sistema potrebbe ridurre anche drasticamente la necessità di nuove plastiche e spingere molti governi a incentivare economicamente il riciclo se non, addirittura, il recupero dall’ambiente (per esempio nelle acque o nei terreni). Il sistema potrebbe essere pronto per una dimostrazione industriale entro il 2026, e spera possa essere adottato su larga scala sfruttando anche i circa 500 impianti petrolchimici a livello globale adatti a questo processo.

Il primo degli studi, pubblicato su ACS Catalysis, si concentra invece sulla trasformazione della plastica in idrocarburi da usare come carburanti e materie prime grazie alla correzione di una reazione già in uso, che richiede un elemento raro e costoso come catalizzatore, il rutenio. I ricercatori del Pacific Northwest National Laboratory hanno dimostrato che ne basta molto meno rispetto a quanto ne viene usato oggi: la reazione diventa più efficiente e produce molto meno metano come sottoprodotto. Un altro studio, uscito questa volta su PNAS, fornisce una possibile soluzione per uno dei polimeri finora più refrattari al riciclo: il polisterene. I ricercatori del Virginia Tech insieme a colleghi di altre università hanno infatti trovato il modo di trasformarlo negli idrocarburi di partenza, con un procedimento che è sostenibile economicamente e dal punto di vista ambientale.

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