gelato vaschetta

Servono più regole per il gelato industriale. È la conclusione di un test realizzato dalla rivista francese 60 Millions de consommateurs che ha esaminato 30 vaschette di gelato alla vaniglia, al cioccolato e alla fragola vendute nei supermercati. Il primo elemento che emerge dalla lettura dell’etichetta è la differenza del numero di ingredienti soprattutto per il sorbetto alla fragola. Ci sono gelati con tre componenti (acqua, zucchero e purea di fragole), e altri con 5 con sino a un massimo di 20. L’aspetto su cui riflettere è che i consumatori sono più attirati dai gelati molto elaborati ricchi di aromi e coloranti  anche se spesso sono naturali, come il succo di barbabietola o i frutti di bosco nel gelato alla fragola. 

L’altro elemento da considerare è che nel test di degustazione è emerso un certo gradimento dei consumatori per il colore giallo del gusto alla vaniglia. La tonalità è collegata a coloranti come la curcuma o i carotenoidi e non certo alla vaniglia, che non è gialla. Lo stesso discorso si può fare per i baccelli della vaniglia che vengono aggiunti al gelato anche se non apportano note aromatiche, ma svolgono una funzione estetica apprezzata dai consumatori. Il test francese evidenzia l’utilizzo dell’aroma naturale di vaniglia in un solo prodotto, che però si aggiudica una posizione in cima alla classifica. Le altre marche usano l’estratto di vaniglia ottenuto dalla macerazione dei baccelli interi. Anche per il gelato alla fragola nel test primeggiano due marche che utilizzano l’aroma naturale. Apprezzata dal panel di assaggiatori è stata la presenza di pezzetti di cioccolato. Per quanto riguarda il Nutri-Score, quasi tutti i gelati alla crema vengono collocati nella fascia di colore arancione-giallo, tranne il caso di un sorbetto alla fragola.

Il test francese evidenzia la scarsa presenza di regole, che forse andrebbero meglio definite per classificare correttamente il gelato industriale. Il problema si pone anche in Italia dove la situazione è simile. Da noi esiste un Codice di autodisciplina del gelato adottato in modo volontario dalle aziende. Anche a livello artigianale mancano regole da seguire, e questa situazione non favorisce la trasparenza. Un mercato senza regole non aiuta le aziende che vogliono proporre un prodotto di qualità. In assenza di normative, anche i veri artigiani incontrano qualche difficoltà a differenziasi da chi preparare il gelato diluendo nel mantecatore un semilavorato in polvere con latte o acqua. L’altro elemento da sottolineare è la tendenza dell’industria a proporre gelati sempre più grandi, con un numero elevato di additivi e calorie, sostituendo e riducendo il contenuto degli ingredienti di pregio come latte, panna, succo di frutta e cioccolato. La tendenza dell’industria è ottenere un prodotto sempre più tecnologico, molto processato lontano dall’idea di gelato che ancora abbiamo in testa.

© Riproduzione riservata

0 0 voti
Vota
4 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Silvia
Silvia
3 Agosto 2020 19:52

Buongiorno, anche io mi sono accorta,e’ ciò mi desta non poche preoccupazioni, che stanno prendendo campo nel mercato gelati sempre più elaborati pieni zeppi di mille ingredienti e farciture, quest’anno poi sembra essere l’era del ” caramello salato” che non penso sia altro che il nome trendy del mou; in aggiunta di ciò le dimensioni dei gelati sono sempre più grandi, per un prezzo che molte volte è’ basso, considerando che bene o male nei supermercati questi prodotti sono sempre in offerta
Stenderei poi un velo pietoso sulle etichette nutrizionali che sono quanto di più fuorviante ci può essere, perché viene data enfasi all’apporto nutrizionale o per porzione ( che non si capisce quanto sia ) o meglio ancora come fantomatico riferimento ad una dieta di 2000 calorie per cui anche un gelato da 80g ricoperto di cioccolato diventa il 10 % o giù di lì dei nutrienti da assumere in un giorno ….senza fare grandi conti quindi si potrebbe pensare che con 6 – 7 gelati al giorno si potrebbe stare a dieta!,

Flavio
Flavio
27 Agosto 2020 09:31

Ho comperato alcuni giorni fa una vaschetta di gelato da 500 gr di una marca molto nota. Una volta a casa ho controllato gli ingredienti: ne ho contati 29!!! Ero talmente sorpreso, che li ho ricontati nel dubbio di aver sbagliato. Erano proprio 29. La prossima volta ritornerò sulla mia marca preferita, che ne ha solo 5 o 6 a seconda del gusto, e per di più è anche biologica. Ovviamente ha anche un altro prezzo….

Francesco
Francesco
27 Agosto 2020 10:15

Per fare un’ottima granita occorrono “quattro ” ingradienti :frutta,acqua, zucchero. Il quarto è la pazienza che non abbiamo più, per la lavorazione di un prodotto che sarà senz’altro più genuino di quelli industriali! !!

Mauro
Mauro
27 Agosto 2020 12:05

“La tendenza dell’industria è ottenere un prodotto sempre più tecnologico, molto processato lontano dall’idea di gelato che ancora abbiamo in testa.”

Come già osservato in altre occasioni dobbiamo farcene una ragione, perché alle industrie i cibi ultratrasformati convengono economicamente, e per questo stanno spingendo per l’adozione dell’etichetta “semaforo” che sanno già come manipolare per ottenere il “semaforo verde” proprio con prodotti con anche venti additivi, tra stabilizzanti, addensanti, emulsionanti, coloranti, conservanti… riducendo sempre di più gli ingredienti tradizionali.

Il consumatore medio guarda lo strillo pubblicitario e la foto (manipolata e neppure di vero cibo, ma invitante) del prodotto, e in più se vedrà in bella evidenza il bollo “verde” del semaforo si riterrà esentato dal leggere non solo le etichette ma neppure gli ingredienti, perché “se in etichetta c’è il semaforo verde allora vanno bene”, Silvia e Flavio che hanno commentato prima fanno parte di una minoranza attenta ma rara.

Ovviamente i gelati migliori, non solo artigianali ma anche quelli industriali più semplici, che con pochi ingredienti nulla possono fare per mimetizzarsi, verranno penalizati da un semaforo giallo o rosso essendo “colpevoli”, ad esempio, di contenere solo zucchero, uova, panna.

Speriamo, visto che il disastro ancora non si è compiuto, che lo Stato italiano non rinunci alla sua etichetta a batteria, molto più completa e difficile da ingannare, e che richiede solo un po’ di colore per renderla più facilmente comprensibile e di un peso di riferimento fisso obbligatorio di 100 grammi e non di una fantasiosa “porzione” (decisa poi dal produttore… “oste, il tuo vino è buono?”).