Difficile credere che nell’allevamento di maiali del più grande gruppo agroalimentare italiano del comparto avicolo e suinicolo (AIA Veronesi) ci siano carcasse di suinetti abbandonate, animali non curati con ferite profonde, scrofe con prolassi uterini dopo il parto, liquami e un’invasione di ratti. Il filmato mostra decine di roditori in una zona con feti abortiti in ambienti sporchi e infestati da insetti. È quanto emerge dalla nuova indagine di Greenpeace Italia, intitolata Dietro le sbarre (ne abbiamo parlato qui) basata su immagini girate all’interno dell’allevamento La Pellegrina del Gruppo AIA Veronesi a Roncoferraro (Mantova).
L’intervento di NAS e ATS
La segnalazione ha portato all’intervento dei NAS (Nuclei Antisofisticazioni e Sanità) e dell’ATS Val Padana che hanno riscontrato “gravi non conformità gestionali e strutturali, soprattutto in materia di biosicurezza e benessere animale” e deciso una multa per 10mila euro, oltre al sequestro di tutti i suini. Riscontrare all’interno dei capannoni condizioni così disastrose è inaccettabile. È una notizia da prima pagina considerando che La Pellegrina è la seconda azienda zootecnica italiana, preceduta da Tre Valli (un’altra società di proprietà del Gruppo AIA Veronesi, che opera sempre nel settore di allevamenti suini e di macellazione).
La Pellegrina gestisce l’intera divisione agrozootecnica del Gruppo e dispone della maggiore filiera di suino pesante in Italia. La società in Friuli gestisce un centro riproduttore composto da oltre 2.500 scrofe, altre 2mila sono tenute in un secondo sito in località Bondeno di Gonzaga, e poi ci sono grandi allevamenti in Lombardia e in Umbria. Considerando che una scrofa partorisce 12 suinetti due volte l’anno, i numeri finali sono da paura.
Coinvolta la filiera de salumi e prosciutti DOP
Non bisogna meravigliarsi se La Pellegrina fornisce a materia prima a tutti i prodotti di salumeria Dop fiore all’occhiello del made in Italy. L’elenco vede ai primi il Prosciutto di Parma, il Prosciutto di San Daniele e gli altri Dop come Prosciutto di Carpegna, il Prosciutto di Modena, il Prosciutto Toscano e il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo. Il suino pesante degli allevamenti del gruppo AIA-Veronesi viene utilizzato anche per altri salumi certificati come Coppa Piacentina, Pancetta Piacentina, Salame Piacentino, Salame Brianza, Salame di Varzi, Sopressa Vicentina, il Culatello di Zibello, Salamini Italiani alla Cacciatora, oltre alle specialità alpine Lard d’Arnad e Jambon de Bosses. Rientrano nella stessa filiera anche prodotti non Dop ma di grande pregio (*). C’è di più, la carne dei maiali macellati viene utilizzata anche per produrre prosciutto cotto.

Scandalo nazionale
Di fronte a questo scandalo i consorzi i tutela declinano responsabilità perché per statuto non controllano direttamente gli allevamenti, ma intervengono solo sul prodotto finito, verificando che il prosciutto, la coppa o il salume Dop rispetti i requisiti del disciplinare. In altre parole si disinteressano della fase di allevamento e quindi della salute, del benessere e del rispetto delle regole igieniche e sanitarie degli animali lasciando questo compito ai controlli portati avanti dai veterinari dell’ATS. Ma questi allevamenti e le altre strutture della filiera sono inserite nella filiera suinicola Dop e scoprire che le condizioni igieniche sanitarie e di benessere animale della più importante azienda italiana sono disastrose, dovrebbe forse interessare i consorzi. Questo atteggiamento non è una novità. I lettori forse ricorderanno l’atteggiamento quasi infastidito dei consorzi del prosciutto di Parma e San Daniele nello scandalo Prosciuttopoli, denunciato da Il Fatto Alimentare.
La filiera dei maiali
Il gruppo AIA, che conta complessivamente 8mila dipendenti e ha un fatturato di quasi 5 miliardi, è proprietario de La Pellegrina dove nascono maialini affidati ad allevatori che in soccida li crescono utilizzando mangimi forniti dalla società stessa. Quando i maiali diventano adulti vengono macellati nel macello Tre Valli, sempre di proprietà del Gruppo AIA-Veronesi, che poi cede le cosce ai prosciuttifici, la carne fresca ai salumifici e ai supermercati per la vendita al dettaglio. AIA-Veronesi ha anche stabilimenti di stagionatura a Parma e a San Daniele e suoi sono pure i salumi a marchio Negroni (con sei unità produttive), Montorsi e i prodotti carnei a marchio Wudy.
Situazione grave
Nel corso del sopralluogo avvenuto pochi giorni fa, l’ATS ha emesso un provvedimento di sospensione su richiesta dei Carabinieri del NAS per cui gli animali presenti sono stati posti sotto sequestro. Il sequestro implica che nessun maiale possa essere spostato o macellato finché la struttura non ottemperi alle prescrizioni sanitarie. Si tratta di una decisione severa che evidenzia la gravità delle infrazioni e l’ipotesi che i sanitari abbiano ipotizzato anche un rischio per la sicurezza alimentare (per esempio proliferazione di zoonosi portate dai ratti).

Maiali sequestrati
Le immagini diffuse riguardano un pezzo significativo della filiera suinicola italiana, che alimenta prodotti a marchio Dop considerati simboli del Made in Italy. A questo punto è lecito chiedersi cosa garantisce davvero un marchio come Prosciutto di Parma o Prosciutto di San Daniele, se il controllo non si estende alle condizioni igieniche, alla salute e al benessere degli animali che forniscono la materia prima. È un tema su cui i Consorzi non possono più evitare di confrontarsi e sul quale i consumatori hanno diritto a ricevere informazioni complete.
Il fatto che un allevamento di queste dimensioni presenti condizioni disastrose (basta vedere il video riportato sotto per inorridire) solleva domande anche sul sistema di controlli dell’ATS. Come è possibile che i servizi veterinari non si siano accorti di nulla? Come è possibile che in una situazione come quella attuale, dove a causa della peste suina occorre garantire la biosicurezza e innalzare il livello di igiene degli stabilimenti, ci siano situazioni di degrado di questo livello?
(*) Nota
Una precedente versione di questo articolo citava anche il Crudo di Cuneo, indicandolo erroneamente come IGP. Una nota del Consorzio di tutela e promozione del Crudo di Cuneo DOP precisa che “le cosce dei suini provenienti dagli allevamenti oggetto dell’articolo non possono rifornire, come invece traspare dal testo da voi scritto, la filiera del Crudo di Cuneo; infatti, ai sensi dell’art.3 del Disciplinare di Produzione, tutte le fasi di produzione del Crudo di Cuneo DOP (nascita e allevamento dei suini, macellazione, trasformazione e stagionatura) devono avvenire all’interno dell’area di produzione che si estende alle province di Cuneo e Asti e di 54 comuni della provincia di Torino.”
© Riproduzione riservata. Foto: Greenpeace, Adobe Stock, Depositphotos




Vedo che oltre a voi (complimenti) ne hanno parlato… tutti. Sempre a parte voi grande stampa italiana.
Vergognoso, pensano soltanto a riempirsi le tasche di soldi,poveri animali, che sofferenza e povera gente che si nutre delle loro carni. 10.000 euro di multa, questo mi fa ridere, è niente. Occorre immediatamente togliergli i marchi dopo e IGP e nei prosciutti mettergli la foto dei topi
Vatti a fidare
fidare di chi?
In un grande allevamento cose di questo genere lasciano basiti, comincio a pensare che i controlli siano inadeguati, intanto vanno fatti a sorpresa , e questo deve valere per tutti i settori , arrivo entro controllo, se ti rifiuti azienda chiusa,punto. Non si poi avere una rete di controllo com’è adesso, spero che qualche magistrato indaghi per trovare le responsabilità, ma vanno inasprite le sanzioni, e se c’è rischio per la salute deve scattare il penale. Questo è un danno assurdo anche per buon nome del paese e per il turismo.
guardi che sono tutti così gli allevamenti, in particolare quelli intensivi e lo sono da sempre, come da sempre tutti gli organi deputati al controllo lo sanno
Se non ricordo male anni fa un veterinario di quella zona, che aveva denunciato la situazione disastrosa, è stato oggetto di MOBBING da parte della dirigenza, con il licenziamento. Perché aveva toccato gli interessi delle grandi marche. Purtroppo quando i gruppi monstre aumentano a dismisura i loro guadagni sono sempre più interessati ai bilanci che alla salute sia dei cittadini, degli animali e del territorio. I cittadini sono sudditi non persone e come gli animali servono solo ad aumentare i profitti eliminando tutto quello che dà fastidio al “PADRONE DELLE FERRIERE”
Ai Consorzi di Tutela della Filiera non è mai importato nulla.
La rappresentatività degli allevatori in CDA è nulla (per precisa volontà dei Consorzi e del Ministero che ha avvallato le regole).
Negli organigrammi dei Consorzi quante persone con formazione zootecnica ci sono ? Andate a vedere.
Perciò in materia di allevamento, benessere animale, zootecnia, genetica, alimentazione, ecc. quelli dei Consorzi non ne sanno nulla.
Ergo, quando devono mettere mano a questi temi si debbono rivolgere all’esterno e chiaramente saranno in balia di questi “esterni” che faranno gli interessi loro, non quelli del Consorzio, in una parola non faranno gli interessi della filiera.
Quando poi vengono fuori le problematiche (e in questi ultimi dieci anni ne sono emerse parecchie e gravi) i Consorzi sono in difficoltà perché non sanno cosa rispondere o meglio non sanno rispondere da filiera.
Infatti la politica attuata in questi anni è sempre stata quella di affermare che “il Consorzio in questa vicenda è parte lesa” .
Quando sono in forte difficoltà si grida contro “coloro che vogliono affossare le eccellenze del Made in Italy”.
Molte volte poi semplicemente non si dice nulla e si aspetta solo che passi la buriana.
E si comunicano solo le notizie favorevoli (ad esempio per una sentenza sull’utilizzo di diciture) mentre tutto tace quando emergono immagini ed inchieste che fanno vedere cose inguardabili su come si ottiene la materia prima delle eccellenze.
E’ persino inutile rammentare in certi frangenti la totale assenza dei Ministeri e dei loro uffici.
Perciò cari Amministratori dei Consorzi cercate di portarvi in casa meno Tecnologi ed esperti di marketing e più veterinari, zoonomi ed agronomi.
E qualche avvocato esperto in agroalimentare.
La gente non è stupida ed alla fine ha in mano il mercato.
beh su chi ancora nel 2025 non si documenta e continua ad ingozzarsi di carne, pesce, uova e latticini… un “principio” di stupidità….
Queste aziende devono chiudere non cambiare spot pubblicitari dov’è tutto va bene.
Basta grandi allevamenti.
Non è possibile che i veterinari non vadano
se ci vanno, perchè a scadenza ci devono andare, non vedono… perchè non devono vedere…
Sono di Parma e sono ormai anni che ho smesso di mangiare il crudo locale.indovinate perché?
Leggete i disciplinari e smetterete di comprare Dop
chi tutela la nostra salute a fronte di tale scempio?.Multa ridicola
È evidente la complicità a vari livelli morale sociale didattico si di dat ti co dei veterinari non sono queste persone le stesse che accudiscono curano coccolano i nostri animali da compagnia È vergognoso e se parliamo degli allevamenti intensivi Ittici anche li succedono le medesime orribili violenze.
Vergognoso e scandaloso, bisogna chiedere le filiere altro che 10.000 €di multa. Invece dei salumi devono pubblicizzare i ratti contraddistinti col marchio “Vergogna”.
Forse una foto di un ratto sulla confezione aiuterebbe a capire…se le condizioni sono queste dovrebbe essere obbligatorio apporla!
Davanti a tanto orrore le parole non bastano per esternare rabbia e dolore per tanta sofferenza inflitta a degli esseri incapaci di difendersi .
I più fortunati sono i corpicini di quei feti che hanno avuto la fortuna di non conoscere tanto dolore.
Siamo inermi ed impotenti di porre fine a tanta disumanità
no no questa è proprio UMANITA’ è un comportamento tipico della solo nostra specie animale
10.000 euro di multa? Ma mi faccia il piacere ….
Di una estrema gravità
Questi insaccati e non li troviamo dappertutto,non solo nella grande distribuzione dove acquisto raramente,ma anche nei piccoli negozi di paese
Averla sanzionata con una multa di €10.000 poi lascia molto sconcerto
Il problema dei grandi gruppi come questo, che non è di certo sinonimo di qualità, è che hanno il benestare degli organi di controllo, finché non scoppia lo scandalo per cui quest’ ultimi sono costretti ad intervenire….. Ma la pellegrina non è di certo un campione rappresentativo degli allevamenti italiani, in questo paese pare non si veda l’ora che spunti fuori uno scandalo del genere per poter aggredire un’intera categoria, poi dicono che in Italia non si campa di stereotipi……
Noi italiani siamo DOP solo nel farci pubblicità, c’è un mondo nascosto dietro il cibo che a dir poco spaventa…
Scandaloso, e anche il fatto che dopo due giorni, la notizia non è riportata da nessun quotidiano.
Insieme alle inchieste sugli allevamenti intensivi di pollame, queste notizie fanno passare l’appetito di carne.
Orgogliosa di essere vegetariana, per non alimentare tali atrocità commesse verso esseri senzienti e molto intelligenti, quali sono i maiali
Sono uno che evita la carne così chiarisco bene.
bisogna fare una legge dove si impone a tutte le aziende dell’agroalimentare di permettere l’ingresso libero a chiunque voglia effettuare un controllo in azienda senza nessun preavviso pena la chiusura dello stabilimento è molto semplice come legge solo che le lobby dell’agroalimentare ingrassano i loro signori che lavorano solo il martedi
I controlli possono essere svolti solo dagli organi preposti..e DOVREBBERO.. e rimarco DOVREBBERO essere effettuati anche in MANIERA NON ANNUNCIATA..
Anche perchè per fare un audit bisogna conoscere la materia.
qui il problema non è ingresso libero.. o no ma è che chi dovrebbe controllare ( e per questo riceve lauto stipendio) non lo fa.. o se lo fa.. chiude entrambi gli occhi ( chissà spinto da cosa)