Lo scorso ottobre 2022, a Erice, durante il workshop “Food supplements vigilance systems in a public health perspective” (I sistemi di vigilanza sugli integratori alimentari in una prospettiva di salute pubblica), è stato redatto un Manifesto sulla sicurezza degli integratori alimentari, firmato da esperti del settore (in tossicologia, farmacologia, epidemiologia, farmacovigilanza, comunicazione…) di diversi Paesi europei.
Perché sono arrivati a questo? Ci sono dubbi sulla sicurezza degli integratori? L’abbiamo chiesto a Francesca Menniti Ippolito, coordinatrice del Sistema nazionale di fito-sorveglianza dell’Istituto superiore di sanità.
“Dal punto di vista normativo, – dice Menniti – gli integratori sono considerati analoghi agli alimenti, ma per le loro caratteristiche possono, in alcuni casi, avere effetti collaterali negativi e dare luogo a interazioni fra loro o con i farmaci eventualmente assunti da chi li consuma. Prima di essere messo in commercio, in Italia, ogni integratore deve essere notificato al Ministero della salute. Però la normativa del settore è diversa tra i Paesi europei, mentre questi prodotti si muovono nel mercato comunitario e possono essere acquistati liberamente anche online. Sarebbe necessario quindi innanzitutto uniformare la legislazione, per esempio stabilendo elenchi comuni per le piante ammesse o non ammesse e rendendo uniformi i limiti delle sostanze utilizzate.”
La melatonina, per esempio, in Danimarca e in repubblica Ceca non è autorizzata negli integratori mentre, quando è ammessa, la dose autorizzata varia dagli 0,28 mg della Germania ai 2 mg di Francia, Lettonia e Portogallo. Un altro aspetto critico è l’assenza di studi prima della messa in commercio: la sicurezza dei prodotti è responsabilità dei produttori ma non deve essere dimostrata da studi specifici.
Il problema non è trascurabile perché il mercato degli integratori è in continua espansione. Secondo un sondaggio commissionato dalla Food Supplements Europe, condotto tra marzo e aprile 2022, sono quasi 9 su 10 gli europei che hanno assunto, almeno in qualche momento della loro vita, integratori alimentari. La maggior parte lo fa per mantenere lo stato di salute o per potenziare il sistema immunitario, altri motivi sono recuperare energia e mantenere in salute pelle, capelli e unghie.
In questo quadro, bisogna notare che sono gli italiani quelli che spendono di più: il mercato italiano degli integratori vale 4 miliardi di euro, più di un quarto del mercato totale europeo.
Le cause di reazioni avverse possono essere varie: la tossicità delle piante utilizzate, interazioni fra le piante presenti negli integratori e i farmaci assunti, la presenza di contaminazioni accidentali o di adulterazioni intenzionali. In passato si sono verificati casi di reazioni avverse, per esempio in seguito all’utilizzo di integratori a base di curcuma. Casi che sono stati individuati solo perché molto gravi e ospedalizzati. Sarebbe necessaria invece una maggiore attenzione, sia ai prodotti utilizzati che alle possibili interazioni con altri integratori oppure farmaci.
“Il Manifesto – continua Menniti – nasce dalla necessità di incentivare la segnalazione di sospette reazioni avverse agli integratori, di promuovere un consumo consapevole di questi prodotti nel pubblico, e di fornire informazione indipendente a medici e farmacisti che li consigliano. Gli integratori sono ritenuti sicuri per il semplice fatto che sono “naturali” ma questo non è sufficiente: la maggior parte delle reazioni avverse sono infatti legate a integratori che contengono piante. Dato che esiste un sistema di fitosorveglianza, dedicato proprio agli effetti avversi di integratori e piante, è necessario partire da qui, promuovendo una maggior attenzione a questi aspetti, tramite campagne informative efficaci. Sarebbe inoltre auspicabile la creazione di un sistema di sorveglianza coordinato a livello europeo.”
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
Alcune riflessioni, non è per fare polemica, solo per esplicitare i dubbi che mi sorgono: ritengo, infatti, la fitoterapia effettuata sui principi attivi ed a fronte di indagini scientifiche un’arma in più nel bagaglio medico. ma per i prodotti da banco i dubbi mi sorgono.
1-Anche se indicati sulla confezione tipo d erba e titolazione dei principi attivi non esiste la sicurezza che il contenuto sia effettivamente quello indicato, come dimostrano alcune indagini di confronto sui diversi contenuti di alcuni preparati tra di loro analoghi.
2-Certi prodotti contengono ingredienti miscelati con nomi di fantasia di cui a volte non sono indicate le composizioni, per cui non si riesce a risalire all’esatto contenuto.
3-Accanto ai suggerimenti forniti dai farmacisti (che qualcosa devono vendere a fronte di una domanda dell’utente) ci sono le prescrizioni di diversi medici, che nella maggior parte dei casi non conoscono alcunché della fitoterapia e si basano solo su quanto indicato dagli informatori. Spesso ciò accade a livello di specialisti di varie branche, quando non sono ancora indicati i farmaci o quando quelli provati non sono efficaci o se il paziente è già in politerapia: sono tentativi offerti spesso con frasi tipo ” veda se funziona”, “dovrebbe avere effetto” e similari: non essendoci studi seri in materia si va per tentativi. E non c’è branca della medicina che non abbia i suoi vari integratori, senza seria documentazione di efficacia e senza competenza specifica da parte del prescrittore.
Grazie x le utilissime informazioni che date quotidianamenfe
Un bellissimo manifesto, col quale i produttori di integratori si incarteranno il pesce, e continueranno indisturbati a mettere ciò che vogliono nel loro prodottio, salvo ritirarlo dal commercio se rivelatosi nocivo o ingannevole… ma solo quando, dopo mesi o anni, finalmente gli Enti preposti se ne accorgeranno e sanzioneranno poco, male, e quando ormai il prodotto è stato interamente venduto e non è più neppure in commercio.
Come già detto ad nauseam, gli integratori devono essere equiparati per legge ai medicinali da banco, e come tali sottoposti a verifiche PRIMA di essere autorizzati ad essere messi in vendita, in modo che se sono nocivi o ingannevoli non debba essere il consumatore a fare da cavia.
@Luisa
A differenza dei prodotti omeopatici, che non contengono nulla, non fanno nulla (eccetto l’effetto placebo) e pertanto danneggiano solo il portafoglio di chi li compra, i prodotti che veramente contengono parti di piante dovrebbero indicare il contenuto in principi attivi, in modo che il farmacista o il medico sappiano che stanno prescrivendo/vendendo “7 milligrammi di pirinpinpirolidone” (no, tranquilla, non esiste).
E non solo indicazioni descrittive come “contiene 10 grammi di foglie di elleboro” (sto inventando, ovviamente) perché il contenuto di qualunque foglia/fiore/radice/corteccia ecc. varia enormente in base all’età della pianta, al terreno in cui vive, all’esposizione al sole/mezz’ombra/ombra, alla disponibiltà di acqua, all’epoca di raccolta, al metodo di essicazione… tutte cose che solo l’erborista esperto che le raccoglie è in grado di valutare.
Trovo utile il vostro articolo che girerò ai miei accanito consumatori di questi prodotti. Ho avuto una grande fortuna: un medico di base eccellente il quale, su mia richiesta di che integratore usare per aiutarmi ad affrontare meglio l’inverno, mi ha detto che la natura offre in quel periodo quello che mi serrve e mi ha suggerito gli alimenti migliori. Ho seguito sempre il suo consiglio a parte qualcosa vista l’età.