Ormai siamo abituati: quando facciamo la spesa al supermercato, accanto alle marche più note troviamo sempre prodotti con il marchio del distributore, che gli addetti ai lavori definiscono MDD, o private label. Anche se Coop fa risalire al 1896 il primo prodotto “a marchio” (un panettone confezionato dall’Unione cooperativa milanese), la diffusione inizia negli anni Ottanta, con il preciso intento di offrire ai consumatori qualità a prezzi convenienti. È dalla metà degli anni Novanta, però, che questi cominciano ad avere un certo peso in tutte le catene, fino ad arrivare oggi a una presenza capillare, declinata con diverse linee per soddisfare i bisogni dei consumatori di ogni tipo. Il valore del mercato della MDD nel 2017 è cresciuto del 4,6% (dati Nielsen) e ormai ha raggiunto il 18,8% del mercato italiano.
Il marchio del supermercato
“È una quota di mercato importante – dice Guido Cristini, docente di marketing all’Università di Parma e coordinatore scientifico del Rapporto annuale sulla marca del distributore – che però può crescere ancora, se pensiamo che la media europea è intorno al 28% e nei Paesi del Nord Europa si supera il 40%. In Italia, per storia e tradizione, operano numerosi produttori locali piuttosto che multinazionali e questo favorisce la prevalenza delle marche industriali. È comunque ragionevole attendersi nell’arco di qualche anno la convergenza verso percentuali vicine alla media europea.”
Già oggi per Coop e Conad la MDD copre il 27-28% della quota di vendita e per Unes supera il 40%. Nei discount i prodotti private label arrivano al 57%, proprio perché la loro prima ragione d’essere è il prezzo conveniente. Evitando gli intermediari e riducendo le spese del marketing, le catene di supermercati possono proporre a prezzi più bassi prodotti con una qualità analoga a quella delle marche leader. A volte poi i prodotti a marchio della catena sono venduti sottocosto, infine le catene possono decidere – almeno entro un certo limite – di alzare i prezzi dei prodotti di marca, in modo che quelli private label risultino comunque più convenienti.
MDD in crescita
Le MDD stanno sempre più diventando marche a tutti gli effetti. Ogni catena porta avanti attraverso i propri prodotti una politica di fidelizzazione. Da una decina d’anni sono comparse nuove linee che vanno oltre la semplice proposta di alimenti convenienti ed economici. Molti supermercati hanno in assortimento linee premium con alimenti preparati con materie prime selezionate in grado di fare concorrenza ai migliori prodotti delle marche leader di mercato con prezzi simili. Lo stesso vale per le linee di prodotti biologici o salutistici. Il risultato è che costano di più ma vendono bene.
Lo dicono i numeri del XIV Rapporto annuale sulla marca del distributore, (Osservatorio Marca-IRI) presentato a Bologna in gennaio. Nel 2017 i prodotti premium sono cresciuti del 17,9%, il settore bio-eco del 10,5% e quello funzionale (prodotti che hanno proprietà benefiche per l’organismo) del 10,2%. C’è di più. I prodotti private label coprono una quota significative delle vendite in settori sempre più attraenti: il 40% dei prodotti Igp, l’87% dei prodotti equo-solidali e il 41% di quelli bio hanno il marchio del distributore. “Questi segmenti – spiega Cristini – sono cresciuti molto negli ultimi due anni per rispondere a tre richieste dei consumatori: maggiore qualità, garanzia di sicurezza (certificazioni) e sostenibilità ambientale e sociale. Per questi valori le persone sono disposte a pagare”.
Chi produce per il supermercato?
Ma chi produce questi alimenti? “I cosiddetti “copacker” – dice Cristini – sono imprese di dimensioni medio-piccole, soprattutto quelle da cui escono le linee premium. Sono aziende che oltre ai propri prodotti, lavorano per i supermercati e in questo modo hanno la possibilità di crescere.” Ci sono però anche aziende leader di mercato che producono alimenti con il marchio del supermercato, come per esempio Maina, Paluani, Vergani… specializzate nella fornitura di colombe pasquali e panettoni. Ma il panorama è molto più ampio.
I pomodori e i cereali del supermercato
Conserve Italia è uno dei più grossi gruppi conservieri europei e possiede 11 stabilimenti: otto in Italia, due in Francia e uno in Spagna, oltre a diversi marchi di successo, fra cui Yoga, Valfrutta e Cirio (fatturato complessivo 900 milioni). Produce anche legumi e verdure in scatola per: Esselunga, Coop, Despar, Conad e Sisa. Il primo produttore italiano di legumi conservati, pelati e passata di pomodoro è La Doria con sede ad Angri nel Salernitano. L’azienda ha un fatturato di oltre 650 milioni di euro e il 95% di ciò che produce è destinato alle catene di supermercati come: Coop, Despar, Esselunga, Conad e Pam,. L’azienda è controllata per il 63% dalla famiglia Ferraioli e il principale azionista è Antonio Ferraioli. Gerardo Ferraioli è invece proprietario della Feger, azienda più piccola, anche questa specializzata in conserve di pomodoro e ortaggi, con sede sempre ad Angri.
I cereali e i legumi secchi con i marchi dei supermercati sono in gran parte lavorati e confezionati da Pedon, azienda che fattura oltre 100 milioni. Nell’assortimento troviamo oltre ai classici legumi secchi, anche prodotti a cottura rapida e mix di semi proposti sia con il proprio marchio che come private label; per esempio, legumi secchi (anche biologici) Esselunga, legumi puri o miscelati con cereali Despar, farro, orzo, ceci e lenticchie Carrefour, legumi e zuppe miste a marchio Pam e Sisa.
Cracker e grissini
La Crich è un’azienda trevigiana (50 milioni di fatturato) che produce cracker, biscotti e salatini sia con il proprio marchio che per la grande distribuzione. Ha sede a Zenson di Piave ma possiede anche uno stabilimento a Martignacco (Udine), dove viene sfornato il marchio Delser, oltre a prodotti senza glutine e per l’infanzia destinati alle MDD. Crich fornisce i cracker a Conad e Despar, quelli con riso a marchio Coop e i Certossa a Lidl oltre ad altre referenze per Selex, Bennet, Auchan ed Ecor.
La F.B.F. di Romanengo (CR) è un’azienda del gruppo Bauli che oltre alle brioche a marchio Bauli e Casalini produce brioche per quasi tutte le catene della grande distribuzione (ne abbiamo parlato qui e qui). Fette biscottate e grissini di molte catene sono invece prodotti da GrissinBon, azienda nota per i “Fagolosi”, con sede a Sant’Ilario d’Enza (RE). Sono sfornati qui almeno alcuni dei grissini a marchio: Coop, Conad, Despar, Esselunga, Carrefour e Sisa.
Maionese e formaggi
Il vasetto di maionese sullo scaffale con la marca del supermercato quasi certamente viene dallo stabilimento di San Rocco al Porto (Lodi) di Formec Biffi, azienda da 80 milioni di fatturato. I camion che escono dallo stabilimento oltre a salse e sughi pronti a marchio Biffi contengono i vasetti di maionese Esselunga e Coop, ma anche quelle marchiate: Pam, Conad, Despar, Carrefour e Sisa.
Se invece come companatico preferiamo il gorgonzola, ci sono buone probabilità di incontrare un erborinato prodotto a Cameri (Novara) dallo stabilimento dell’azienda Igor, sono prodotti qui il gorgonzola Dop a marchio Pam, Carrefour e Lidl. In questo caso il formaggio è sempre Dop ma ogni catena sceglie consistenza, cremosità e gusto e caratterizza il suo prodotto.
In tutti i casi gli ingredienti cambiano a seconda delle richieste del committente, e raramente ciò che viene sfornato per la grande distribuzione è identico al prodotto “firmato”. Le differenze ci sono e per rendersene conto è necessario confrontare la lista degli ingredienti e la tabella nutrizionale. Ma non basta, alcuni aspetti come l’origine della materia prima non sono sempre indicati inoltre ci sono altre sfumature importanti che evidenziamo sul sito ogni volta che facciamo un confronto tra prodotti simili.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
In questi casi le differenze di prezzo non sono dovute ai passaggi commerciali, che sono sempre gli stessi dal produttore alla distribuzione, sia che si tratti di prodotto a marchio del produttore, sia a marchio del distributore.
La differenza commerciale e qualitativa la stabilisce il cliente distributore, primo con il ricarico ed il costo/rotazione dello scaffale per i prodotti a marchio del distributore, secondo per la qualità degli ingredienti scelti con le specifiche tecniche imposte al produttore terzista.
Gestendo queste due leve di controllo, la catena della distribuzione è in grado di influire pesantemente sui prezzi finali delle merci a scaffale propri e dei concorrenti produttori.
Solo quei marchi molto affermati e fidelizzati riescono a vendere bene i loro prodotti, anche se affiancati a scaffale dallo stesso prodotto molto simile, spesso di minor qualità ma più attrattivo perché più economico.
Mentre per marchi poco affermati la concorrenza delle private label è dominante ed invasiva ed è solo con tanta qualità che si possono difendere (ricette originali ed innovative, origine delle materie prime, ingredienti qualificanti, ecc..), senza rincorrere a tutti i costi il fatturato.
Se continuerà questa politica commerciale della GDO anche fuori dalla crisi, la forchetta creatasi tra le due categorie di prodotti assumerà una caratterizzazione solamente qualitativa, in quanto la sensibilità e l’interesse del cliente per il prodotto a più basso prezzo verrà decisamente a calare e rimarrà solamente la convinzione che i prodotti di marca sono migliori e verranno preferiti. Anche nei discount.
Fuori emergenze, chi vince è la percezione del cliente sul rapporto qualità/prezzo e non più solo il prezzo a tutti i costi.
Bel articolo ma come funziona invece per le acque come ad esempio guizza e san Benedetto e tante altre marche perché se la.fonte è la stessa perché cambia prezzo ?
“I segreti dei supermercati” ??
Nella maggior parte dei casi il produttore è chiaramente indicato sulla confezione, ed il consumatore l’ha capito da tempo, infatti le grandi marche si rifiutano di fare da copacker per non perdere vendite sul proprio prodotto.
Gentile Tomas,
l’acqua minerale con il marchio San Benedetto non proviene tutta dalla stessa fonte. In effetti sarebbe interessante verificare se l’acqua Guizza sgorga dalla stessa fonte da cui viene prelevata acqua imbottigliata come San Benedetto.
Bell’articolo. Ma è un’informazione che mi lascia una domanda: non è che qualche lettore frettoloso la “interpreta” male e pensa che il private label é equivalente, per qualità, al prodotto a marchio?