Pomodoro cinese: il servizio delle Iene è inattendibile: troppi vermi, tanta fantasia e dati senza riscontri. Sì all’origine dei prodotti in etichetta
Pomodoro cinese: il servizio delle Iene è inattendibile: troppi vermi, tanta fantasia e dati senza riscontri. Sì all’origine dei prodotti in etichetta
Roberto La Pira 29 Settembre 2015Due milioni di telespettatori hanno visto domenica 27 settembre su Italia1 il servizio de Le Iene sul concentrato di pomodoro cinese contaminato da antiparassitari importato in Italia e utilizzato nei sughi pronti, nel ketchup e in altre preparazioni destinate in prevalenza a mercati extra UE.
Il servizio è molto efficace ma poco attendibile e a volte scade nel ridicolo, tanto da risultare quasi una bufala. Cominciamo con la presentatrice Nadia Toffa che armeggia con un pomodoro pelato mentre si domanda da dove arrivi. Il dubbio viene poi allargato ad altre tipologie di prodotti a base di pomodoro: passate, sughi pronti, ketchup, concentrati. Il servizio si sposta in Cina, da dove sembra provenire una parte del pomodoro che abitualmente consumiamo. Tutto ciò è fuorviante perché fa credere ai consumatori che i pelati e altre conserve usate per condire pasta, carne e pizze, siano cinesi e questo non è vero. La questione del concentrato di pomodoro non riguarda le bottiglie di polpa o di passata e tanto meno le lattine di pelati che nel 99% dei casi sono ottenuti da pomodoro coltivato e lavorato in Italia (la legge prevede che siano preparati solo con pomodoro fresco) come si può leggere sulle etichette che riportano l’indicazione “100% made in Italy”(*).
Nel filmato si vedono migliaia di barili blu riempiti di concentrato, pronti per essere esportati nel nostro paese che, secondo la documentazione fornita da un produttore cinese, contengono pesticidi e antiparassitari in quantità dieci/cento volte superiori ai limiti imposti dalla normativa europea. Nadia Toffa spiega che queste partite passano la frontiera attraverso strani magheggi. La cosa è molto curiosa visto che secondo i dati degli ultimi 5 anni del Sistema di allerta rapido europeo per i prodotti alimentari (Rasff), le segnalazioni sul pomodoro cinese inviate dalle autorità sanitarie a Bruxelles da tutti i paesi sono due (presenza eccessiva di istamina nel 2014 e una partita dall’odore anomalo nel 2011). Nessun caso di presenza di antiparassitari o pesticidi a carico di concentrato di pomodoro cinese come viene detto nel servizio. Per rendersi conto di quanto sia inesistente il problema sottolineato dalla Toffa, basta ricordare che le segnalazioni giunte al Rasff su prodotti alimentari irregolari negli ultimi cinque anni sono più 18mila! Da Le Iene ci piacerebbe avere dei riscontri concreti e non solo belle immagini.
Un altro elemento critico del servizio riguarda le dimensioni del problema che viene ingigantito oltremodo. Le immagini dei barili blu pronti per essere spediti in Italia fanno un certo effetto sui telespettatori, ma in realtà le importazioni dalla Cina sono ridicole. L’anno scorso solo il 10% delle 144 mila tonnellate di concentrato importato, proveniva dalla Cina. Si tratta dello 0,28% del pomodoro lavorato dall’industria italiana (una quantità cinque volte inferiore rispetto al 2013). La stragrande maggioranza del concentrato infatti arriva da: California, Spagna, Portogallo e Grecia. Come più volte detto la materia prima viene utilizzata da alcune industrie italiane per prodotti destinati soprattutto al mercato africano ed extra europeo per le bottiglie di ketchup, i sughi pronti dove il pomodoro risulta un ingrediente minore.
Altri due elementi invalidano la serietà del servizio de Le Iene. La vicenda del concentrato cinese scaduto con i vermi ha il sapore di una presa in giro e il continuo richiamo ai misteriosi importatori italiani è ridicola, visto che sono solo 3-4 e, a dispetto di quanto si lascia intendere nel servizio, non sono certo marchi noti al grande pubblico trattandosi di aziende minori.
Anche l’intervista al produttore cinese desta qualche perplessità. Il signore dice di esportare 60 mila tonnellate l’anno quando in realtà l’anno scorso ne abbiamo importata solo 14mila! Risulta strano che il produttore cinese dichiari di vendere concentrato di colore marrone destinato a essere rigenerato in qualche modo! Un’altra nota stonata riguarda la scelta di fare analizzare da un laboratorio italiano una bustina di tè cinese alla ricerca di pesticidi e antiparassitari, quando nel servizio si parla di pomodoro! Forse sono state analizzate anche scatolette di salsa e altri prodotti a base di pomodoro senza riscontrare le criticità denunciate? L’ultima nota, le terribili condizioni in cui lavorano e vivono i raccoglitori nei campi cinesi riportate dalle Iene, che purtroppo non si discostano molto da quelle che numerosi immigrati subiscono in Italia.
Il bilancio del programma è disastroso, perché l’abile narrazione e le belle immagini hanno convinto molti telespettatori che nel settore del pomodoro ci sono gravi problemi che intaccano anche la salute dei consumatori. A noi sembra invece un ottimo esempio di cattivo giornalismo non supportato da prove concrete. Una regola base del mestiere è verificare le notizie e anche l’attendibilità delle persone intervistate. Quando è stato montato il servizio forse qualcuno ha dimenticato di inserire passaggi importanti per dare credibilità ad una storia che non sta proprio in piedi.
La nota positiva della puntata delle Iene è il lancio della petizione su change.org per l’indicazione dell’origine degli ingredienti, che ha raggiunto in pochissime ore 330mila firme! Ma anche in questo caso c’è una grossa criticità: Nadia Toffa si rivolge al ministero e chiede di applicare per i prodotti alimentari in scatola la regole adottate per l’olio extra vergine di oliva, dove l’etichetta differenzia solo tra materia prima UE ed EXTRA UE. Si tratta di un elemento interessante ma del tutto insufficiente per scegliere il made in Italy. Forse si dimentica che già oggi la stragrande maggioranza delle aziende che usa materie prime italiane e soprattutto pomodoro lo indica sull’etichetta e anche nella pubblicità. Se oggi venisse per incanto realizzato lo spirito della petizione sull’origine degli ingredienti principali, Nadia Toffa con la sua telecamera dovrebbe percorrere chilometri tra le corsie dei supermercati per trovare una scatoletta di salsa preparata con vero concentrato di pomodoro cinese.
(*) La raccolta del pomodoro fresco in Italia è più che sufficiente a coprire la necessità delle imprese che lavorano e imbottigliano solo materia prima locale. In media si trasformano circa 5 milioni di tonnellate l’anno di prodotto fresco e il 60% viene esportato.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Appunto, funziona con i dati inviati da tutti i paesi europei. Quindi il prodotto che passa la dogana non viene rilevato e dunque non viene segnalato al Rasff. Di conseguenza l’interrogativo resta. Sicuramente i dati che fornisce l’Ente vanno in direzione diversa rispetto a quanto si dice nel servizio. Ma credo che qualche procura della repubblica abbia aperto un’inchiesta e ci potrebbero essere i nas al lavoro. Quindi solo tra qualche tempo, forse, ne sapremo di più.
Scusa se mi permetto, ma il giornalista non lo si fa con i dati pubblicati su internet.
Il 30 aprile scorso su Il Giornale esce un’inchiesta giornalistica (http://www.gqitalia.it/news/2015/04/30/san-marzano-il-giornale-pomodori-cinesi-nella-passata-italiana/), secondo cui in Campania la passata di pomodori San Marzano è tagliata con pomodoro cinese: 1.300 chili di pomodoro cinese viene sequestrato dalle autorità italiane. Cosa voglio dimostrare con questo? Che i dati che tu pubblichi si basano sui sequestri compiuti alle dogane. E quello che riesce a entrare? Per fortuna ci sono i Nas che fanno i sequestri, ma non sono segnalati al Rasff. Credo che su questo blog fate un ottimo servizio, ma prima di lanciarvi a smentire inchieste giornalistiche cercate almeno di documentarvi su internet (non solo sui siti ufficiali, insomma), guardando i sequestri che ci sono stati.
Che ci siano aziende italiane che usano concentrato di pomodoro cinese facendolo passare prodotto italiano e probabile come succede per l’olio spagnolo che diventa olio 100% italiano. Questo dicono gli articoli che mi indica lei e qualche altro lettore. Ma questa è una frode commerciale dove i cinesi francamente non hanno colpe. Va detto che essendo il concentrato di pomodoro cinese il 10% di tutto il concentrato di pomodoro importato in Italia e solo lo 0,28% in peso del totale pomodori lavorati in Italia la questione assume dei contorni limitati .In ogni caso qui di sa per scontato che il concentrato made in Cina sia contaminato e questo è inaccettabile perché i controlli ufficiali europei non lo riscontrano. Però se lo dicono le Jene in tv allora la fantasia diventa realtà
Come mai su questo sito c’è pubblicità della carne Montagna?
Questa rivista si basa sulla pubblicità (così come i quotidiani, le riviste e la tv), ma lo fa dopo aver fatto firmare un contratto agli inserzionisti per cui non possono intervenire nella linea editoriale e devono rispettare la libertà e la professionalità della redazione.
Purtroppo al momento non ci sono alternative agli inserzionisti. Il servizio ai lettori è gratuito, dovremmo prevedere un abbonamento? Sovvenzioni dallo Stato non ci sono. Le donazioni dai privati anche se molto apprezzate non coprono le spese di redazione.
Le iene hanno esagerato e come sempre spettacolarizzato. Ma il servizio sul triplo concentrato cinese fatto da report nel 2011? Tutte balle? E questa notizia? È una bufala? https://solleviamoci.wordpress.com/2010/10/18/pomodoro-italiano-ma-e-made-in-china-sequestrato-un-milione-di-barattoli/
Che ci siano aziende italiane che usano concentrato di pomodoro cinese facendolo passare prodotto italiano e probabile come succede per l’olio spagnolo che diventa olio 100% italiano. Questo dicono gli articoli che mi indica lei e qualche altro lettore. Ma questa è una frode commerciale dove i cinesi francamente non hanno colpe. Va detto che essendo il concentrato di pomodoro cinese il 10% di tutto il concentrato di pomodoro importato in Italia e solo lo 0,28% in peso del totale pomodori lavorati in Italia la questione assume dei contorni limitati .In ogni caso qui di sa per scontato che il concentrato made in Cina sia contaminato e questo è inaccettabile perché i controlli ufficiali europei non lo riscontrano. Però se lo dicono le Jene in tv allora la fantasia diventa realtà
Le iene hanno riportato alla mente un servizio di anni addietro su una marca italiana. In questo servizio si vedeva come si trasformava il triplo concentrato di pomodoro, di provenienza cinese, in semplice concentrato su navi, e quindi veniva consegnato per l’imbottigliato insieme la salsa. Quindi mi viene qualche dubbio sul made in italy (in questa occasione sulle salse…) .
Ivan sollevava il problema dei Rasff scrivendo “Appunto, funziona con i dati inviati da tutti i paesi europei. Quindi il prodotto che passa la dogana non viene rilevato e dunque non viene segnalato al Rasff. “. Alla luce di questo mi viene il dubbio che forse non sappia benissimo cosa sono.
i Rasff non sono delle dogane, sono di qualsiasi produttore sparso sul territorio europeo che trova dei problemi nei propri prodotti, è qualsiasi stato dell’unione che segnala qualcosa che non va in prodotti che circolano nel paese, quindi sono più che affidabili.
La Cina è un rischio sempre, le iene ingigantiscono e fanno allarmismo esattamente come Report, ma è bene tutelarsi e controllare.
Questa volta potrà essere anche falso, ma non vuol dire che il pericolo reale esista.
Dal mio punto di vista ,i dati contano !molto .Quindi,le iene ,dovrebbero rivedere il servizio fatto.
Il dott. La Pira ha ragione. Non si può ottenere l’uva dal vino! I pomodori pelati, che ha mostrato la giornalista all’apertura del servizio, non possono essere ottenuti dal concentrato (cinese o italiano o di altro Paese); i pelati sono un prodotto italiano, quasi esclusivamente, del Sud Italia che gode di normativa vecchia di decenni: DPR 428/75. Il concentrato, pur contemplato in tale norma, si ottiene dopo che il pomodoro è stato: schiacciato, passato (eliminazione di bucce e semi) e concentrato (eliminazione dell’acqua sottovuoto mediante riscaldamento). Ritornando alla Cina; se il prodotto è stato confezionato in buste asettiche (il bidone blu mostrato ha solo la funzione di sostegno ma non c’entra con la conservazione…) ovvero il concentrato è stato sterilizzato, raffreddato e poi immesso nelle buste (asettiche appunto) e si sono formati i vermi (come affermano gli attori) significa che c’è stato un fallimento nel processo di conservazione e il prodotto si è contaminato dopo che la busta (ermetica) si è rotta! Anche il più disonesto dei disonesti, non comprerebbe questa schifezza avariata e inutilizzabile… a quale scopo? Le poche aziende che importano concentrato lo utilizzano in “regime temporaneo”; significa, in pratica, che viene aggiunto dell’acqua, inscatolato in confezioni più piccole e venduto fuori dall’UE (in genere nei mercati africani). Gli operatori cinesi, che hanno compreso questo business, si sono organizzati per fare questo lavoro per l’Africa da soli! Esiste il concentrato cinese di qualità alta e quello di qualità bassa; ma la stessa cosa vale anche per gli altri produttori (Tutti i produttori, indipendentemente dal Paese); analogamente, al latte, al vino, al cotone, ecc. La Passata di pomodoro, inoltre, è regolamentata dal Decreto del 2005 e può essere fatta solo con pomodoro fresco e non aggiungendo acqua al concentrato; è l’unico derivato del pomodoro che, attulamnte, è obbligatorio scrivre la provenienza del pomodoro.
Come al solito la tuttologia italiana intende prevalere su tutto.Stavolta tutti sono degli studiosi di chimica bromatologica e parlano di determinazioni di nano-quantità.
segnalo che non c’è mai stata una norma nazionale che, genericamente per tutti i prodotti alimentari, ha imposto l’obbligo di indicare in etichetta l’origine (luogo di produzione) delle materie prime poste in vendita, con l’eccezione di alcuni prodotti quali ad es. carni, pesce, miele … La norma nazionale, precedente all’attuale regolamento comunitario, ha solo previsto l’obbligo di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di confezionamento finalizzata ad velocizzare eventuali procedure di ritiro del prodotto a seguito di allerta sanitari. L’indicazione dello stabilimento di produzione è stata spesso utiizzata per fornire al consumatore informazioni fuorvianti sull’origine (luogo di produzione) del prodotto confezionato, anche in presenza di prodotti monoingrediente o con un principale ingrediente caratterizzante. Ad esempio c’è una profonda differenza tra la dicitura “prodotto e confezionato in …..” e “prodotto confezionato in…”. Ora il Governo italiano ha richiesto (non notificato) alla UE di reintrodurre l’obbligo per i produttori/confezionatori italiani ( e solo per loro) di indicare in etichetta il luogo dello stabilimento di ultima lavorazione (confezionamento) del prodotto destinato al consumatore finale, giustificando il tutto quale “efficace tutela della salute del consumatore”. Tralasciando ulteriori considerazioni su come la UE possa leggere la effettiva “efficace tutela” legata alla indicazione della sede fisica di uno stabilimento di lavorazione, l’eventuale accoglimento di quest’obbligo, niente modifica o cambia sul disatteso, leggittimo e irrinunciabile, diritto del consumatore di conoscere la provenienza/origine dei prodotti che intende acquistare.
Sarebbe stato molto più utile promuovere una iniziativa per l’introduzione dell’obbligo di indicazione della origine del/dei principale/i ingrediente/i del prodotto posto in vendita, giustificata dal diritto del consumatore ad una corretta e completa informazione, senza impantanarsi in sensazionalistiche e fuorvianti iniziative a “tutela della salute del consumatore”.
Nel merito del servizio delle Iene, che non ho visto, nè intendo farlo, ricordo solo che nella Ue nei prodotti destinati alla alimentazione, importati o meno, devono contenere i livelli di metalli pesanti e pesticidi fissati in specifici regolamenti comunitari, indipendentemente dalle legislazioni o indicazioni locali dei paesi di importazione. Peraltro questi regolamenti indicano per il the (notoriamente non prodotto in Europa) livelli accettabili, per il suo consumo, di contaminazioni da pesticidi ben superiori a quelli permessi per altri prodotti alimentari quali ad esempio ortaggi o solanacee (pomodoro). Non so che valori sono andati a testare le Iene con le loro analisi sul the.
I fatti servono più di mille parole. Andate in un qualsiasi supermercato tipo Conad, Eurospin, Todis dove fanno la spesa milioni di italiani. Mais, Ceci e conserve di pomodoro non riportano la provenienza della materia prima. PUNTO E BASTA. E questa è una vergogna. La petizione è importante. Ogni consumatore ha diritto di sapere da dove provengono mais, ceci, pomodori etc….con cui è realizzata la conserva/il barattolo o similari.
Ora state massacrando quelli delle Iene dimenticando il punto vero della questione: DA DOVE VENGONO I POMODORI. Non tutti dalla CINA. BENISSIMO. Allora diciamolo che arrivano anche da Grecia, California!!!! Spagna e Portogallo. Lo voglio sapere. Io pago ed è un mio diritto sapere da dove arrivano. Se volete posto anche le foto di tutte le conserve e i barattoli senza indicazioni sulla provenienza. Sono tanti. TROPPI.
Gentile Patrizia, diversi mesi fa abbiamo creato una petizione che chiede al governo italiano di tutelare il Made in Italy e la salute dei consumatori, riaffermando l’obbligo di indicare sulle etichette dei prodotti alimentari e delle bevande la sede dello stabilimento di produzione. https://www.change.org/p/federica-guidi-sì-all-indicazione-dello-stabilimento-di-produzione-sulle-etichette-dei-prodotti-alimentari
Che è cosa diversa dall’indicare la provenienza della materia prima
Certo è diverso. La nostra proposta è di indicare in etichetta l’origine dei principali ingredienti che qualificano il prodotto . Una cosa fattibilissima che non comporta spese aggiuntive ma solo volontà di trasparenza da parte delle aziende. Alcune già lo fanno. Nel caso di passata di pomodoro e pelati nella maggioranza dei casi le aziende indicato l’origine della materia prima in etichetta visto che che nel 98% dei casi è italiana.
Le Iene…
E’ difficile attribuirgli una anche minima autorità informativa. Il grande problema è che, basandosi sullo share televisivo, un’informazione di questo tipo non passa inosservata in italia (e all’estero) producendo, più che informazioni distorte, del vero e proprio terrorismo!
L’italia si attesta come leader mondiale nelle analisi alimentari e di ricerca frodi. In servizi come questo viene puntato il dito non solo sul pomodoro italiano, ma sull’intero sistema agroalimentare, inducendo l’ignaro cittadino a chiedersi: “ma quello che compro, in base alle etichette sugli alimenti è effettivamente ciò che mangio?”, minando anche il mercato export.
A mio parere informazioni del genere andrebbero effettivamente condannate, l’ignoranza non è tollerata, oltretutto da chi ha la capacità di raggiungere le grandi masse.
Riporto qui un articolo di altre disinformazioni legate alla disinformazione alimentare perpetrata.
http://www.agoravox.it/Tumori-e-alimentazione-Errare-e.html
perchè i pomodori importati da Portogallo,Grecia,Spagna,Usa o anche quelli prodotti in Italia dovrebbero dare la massima garanzia in quanto a freschezza,assenza di pesticidi ecc. e i pomodori cinesi no?Il problema non è da dove vengono ma “come” vengono prodotti.Il pomodoro è un ortaggio estremamente deperibile e cosl’ anche i relativi derivati(salse,pelati ecc.),è chiaro che più da lontano viene e peggio è.
Perchè importare pomodori quando spessissimo in Italia c’è sovraproduzione con relativa distruzione del prodotto e risarcimento del produttore con fondi pubblici?Alle volte il prezzo del pomodoro in pieno campo è cosi’ basso che al produttore “conviene” più distruggerlo,evitando le spese della raccolta,che venderlo.
Gentile Sig La Pira,
Secondo lei perché la Mutti due anni ha cominciato a fare questo studio?
http://www.scattidigusto.it/2013/01/17/mutti-scopre-il-metodo-per-stanare-il-concentrato-cinese-nei-barattoli-made-in-italy/
Mutti ha fatto benissimo, ma quello che conta sono i risultati e soprattutto i nomi dei marchi di conserve di pomodoro che dichiarano il falso made in Italy o che hanno parametri chimici irregolari dovuti all’uso di concentrato di pomodoro cinese. io non ne ho notizia