“I petti di pollo venduti al supermercato con le strisce bianche non provengono affatto da animali malati come sostenuto nel vostro articolo“. È questo il primo commento di Fabrizio De Stefani, direttore medico veterinario, alla nota pubblicata pochi giorni fa su Il Fatto Alimentare con l’intervista a Enzo Spisni, dirigente del laboratorio di Fisiologia traslazionale e nutrizione all’Università di Bologna.
“L’espressione utilizzata dal prof. Spisni – continua De Stefani – presuppone una diagnosi di una patologia che in realtà non c’è e che, semmai ci fosse, precluderebbe la possibilità di commercializzazione delle carni. Gli animali che giungono al macello “malati” sono esclusi, in quanto non conformi al consumo umano, dai veterinari della ASL che controllano le varie fasi di macellazione e che sono i soli professionisti legalmente titolati alla diagnosi di malattia degli animali.
Il problema del white striping nei polli
Il deposito di grasso nella muscolatura (white striping) dei polli allevati in modo intensivo è un fenomeno rilevabile di recente in alcuni gruppi di animali da macello. Va di pari passo con l’imponente aumento delle performance produttive della filiera avicola che ha permesso in questi ultimi decenni la disponibilità di carne di pollo a prezzi accessibili a tutte le fasce di reddito. La genetica dei broiler allevati è stata selezionata per avere animali in grado di trasformare rapidamente il mangime in massa edibile. Quando però l’ingestione di mangime supera la possibilità di trasformare i nutrienti in muscolo, come in tutte le specie, l’organismo immagazzina l’eccesso di energia trasformandola in grasso sottocutaneo, viscerale o intramuscolare.
Il grasso in uccelli e mammiferi
Questa evenienza tipica dei broiler di ultima generazione è considerata da qualcuno come indesiderabile perché si manifesta con le famigerate striature pettorali in relazione alla peculiare struttura muscolare degli uccelli. Nel caso dei mammiferi si riscontra un processo analogo per cui il deposito di grasso nella muscolatura si distribuisce in maniera diversa conferendo il tipico aspetto della “marezzatura” tanto ricercata dai produttori e, soprattutto, da fasce elitarie di consumatori disposti a pagare cifre spropositate per mangiare un pezzo di carne super infiltrata di grasso, come nel caso della carne di manzo Wagyu o Kobe.
Detto ciò – conclude De Stefani – nessuno è autorizzato a rappresentare queste carni come insalubri perché provenienti da animali ammalati, dal momento che non stiamo parlando di una patologia e tantomeno di un pericolo per la salute dei consumatori“.
Fabrizio De Stefani medico veterinario
© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com
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quindi secondo de stefani va tutto bene….in un certo senso si perchè è tutto il sistema che è malato, Poi i veterinari pubblici devono controllare anche il benessere animale (tante volte non lo sapesse)
Su quali basi e quali dati afferma che il sistema è “malato”?
Se è per buttarla nel mucchio è un pessimo commento.
E comunque guardi che i Veterinari pubblici per deontologia e professionalità il controllo del benessere animale lo eseguono, dato che risponde a precise disposizioni di legge Europee.
Elementi come le strisce bianche nei pietti di pollo, le ustioni dei piedi e del garretto, l’obesità esagerata come vengono valutate dai veterinari ?
guardi egregio signor pinuccio lei può ritenere il mio un pessimo commento (ci mancherebbe), se a lei non bastano (o vanno bene) le evidenze di come la zootecnia per certi aspetti ha preso una brutta strada staccandosi sempre di più dai cicli naturali sono affari suoi.
credo di scrivere con cognizione di causa perchè lavoro nel settore e sul secondo passaggio del suo intervento (deontologia, professionalità, precise disposizioni europee, bla bla bla) non mi insegna niente
Non sono affatto d’accordo con De Stefani.
Sicuramente è stato un errore, da parte di Spisni, utilizzare la parola “malato” perché presta il fianco a una tesi difensiva che nega lo stato di malessere degli animali e la conseguente scarsa qualità del prodotto finito, buttandola sul mero rispetto dei parametri di legge.
Ma per queste situazioni non ci sono parametri di legge (al di là della questione del benessere animale spesso e volentieri trascurata, come si è anche visto in alcune trasmissioni), ma solo parametri di qualità tesi a stabilire il prezzo finale e il destino del prodotto.
Da un veterinario esperto del settore mi sarei aspettato qualcosa di diverso, magari uno spunto di miglioramento o di riflessione, non certo la difesa d’ufficio di un modo di produrre carne che ormai lascia perplesse sempre più persone ogni giorno…
temo che ci sia un’ottica prefissata in cui poi i discordanti sono peccatori prima che colpevoli. !
Caro Direttore De Stefani (e spiace doverlo sottolinearlo ancora oggi), che l’infodemia facilitata (social media), generi ondate di commenti impropri da parte di laureati alla Università della Strada, mossi da semplice protagonismo, potrebbe anche essere accettabile; ma se la questione sulla sicurezza alimentare di questi petti pollo viene mossa da persone o professionisti accreditati di credibilità (Fatto Alimentare compreso), siamo al disastro. Soprattutto per competenze che, si sappia, appartengono a figure professionali definite le quali, avendole nel proprio piano di studi, operano quotidianamente nelle AA.SS.LL.,, cioè ai medici veterinari igienisti degli alimenti. Nessun cardiopatico si affiderebbe al dermatologo (e viceversa), mentre nel nostro caso, la mancanza di comunicazione, non rende giustizia allo spessore della figura del Medico Veterinario che, ahimè, rimane per molti solo il medico degli animali. Ricordo ancora con tristezza quando ai primi dibattiti televisivi sulla BSE, venivano invitati (da un giovane Bruno Vespa), cuochi e macellai a parlare di sicurezza delle carni. Poco o nulla è cambiato ed è cosi che uno spazio colpevolmente lasciato vuoto, venga facilmente popolato.
mi sembra un commento centrato non sulle polemiche ma sui fatti. Il medico veterinario e l’esperto di igiene degli alimenti e al tecnologo alimentare e sino all’addetto dell’ ARPA, insieme al medico specialista in Igiene pubblica sono (?) dovrebbero essere centrali in un comitato (panel) valutatore
Ottimo ed esaustivo commentio
Grazie al Direttore De Stefani per avere fatto chiarezza.
Abbiamo sempre detto che non ci sono pericoli per la salute dei consumatori, ma certamente questi depositi di grasso non sono indice di un organismo sano e in equilibrio. Anche l’ipertensione negli umani non è una malattia (eventualmente un fattore di rischio) ma è il segnale che qualcosa non va come dovrebbe.
Sono cose diametralmente differenti. L’ ipertensione è una delle componenti drammatiche alla base della Sindrome Metabolica, mentre un carico calorico appena sbilanciato in una specie zootecnica, non configura niente di ispettivamente rilevante. Nemmeno il fegato grasso di oca per farne “foie gras”, realizzato con metodiche “omeriche” oltre che strazianti per gli animali (gavage) viene considerato una patologia da escluderne il consumo, eppure si tratta di sofferenza epatica eclatante
Sempre perché gli animali vengono trattati come merce! Vergogna degli umani….
Ok, non saranno animali malati nel senso che non hanno patologie in atto.
Ma non mi venga a raccontare che sono animali in salute.
Il wagyu, o comunque la carne di manzo marezzata, non deriva certo da bovini macellati a 45 giorni di età, e facenti parte di allevamenti il cui 10% della mandria muore di infarto prima ancora di essere macellata. Perché, si, è questo quello che succede negli allevamenti di Broiler.
Non avranno patologie cliniche in atto, ma non è di certo una cosa normale.
E se lei sostiene il contrario, allora c’è seriamente qualcosa che non va.
Relativamente le ustioni di piedi/garretto.. mi chiedo: non è che le lettiere (piene di pipì e pupù) a fine ciclo produttivo non vengono puntualmente rinnovate?
Ho visitato un allevamento di tacchini molto grande, non si entra nei capannoni, perché la prevenzione delle malattie è la priorità assoluta. La diffusione di una malattia in un allevamento ne comporta una lunga chiusura. I tacchini erano tantissimi ma avevano spazio per muoversi, erano bianchi, quindi si vedeva che erano puliti e in buone condizioni. La lettiera viene manutenuta, e poi completamente eliminata a fine ciclo, e l’ambiente viene completamente disinfettato
Per quanto riguarda i polli esistono allevamenti diversi occorre apice se si tratta di polli a crescita lenta o rapida e poi in che fase di crescita. Se sono ancora piccoli lo spazio è ampio, ma poi il peso duplica o triplica e lo spazio grande diventa piccolo. Per i tacchini non abbiamo ancora affrontato il problema
Erano tacchini a fine ciclo, destinati a uso comune (come le fettine) per due dei più grandi marchi in vendita a poco prezzo nei supermercati. Parlo di tacchini perché è l’allevamento che ho visitato. Da tecnologo alimentare e auditor qualificato, capisco l’importanza di esprimersi solo su ciò che si è conosciuto senza ambiguità (le famose evidenze oggettive)
se questi polli non sono malati, allora è il sistema che è malato, perché permette l’esistenza di una sorta di polli “frankestein”, al solo scopo di rendere vantaggioso economicamente il commercio di animali diversamente improbabili.
Non saranno considerati malati; ma non definiamoli animali sani cresciuti nel benessere.