I miliardi di polli allevati nei Paesi europei sono quasi tutti a crescita rapida. Ciò vuol dire che vivono in capannoni dove le condizioni di benessere sono sovente disastrose, per poi essere macellati dopo 35-42 giorni. Da più parti si lanciano appelli ai produttori per introdurre gradualmente negli allevamenti razze a crescita lenta che vivono in condizioni migliori e vengono macellati dopo 80 giorni circa. Diversi Stati europei hanno adottato provvedimenti che vanno in direzione del cambiamento, ma per dare una svolta e migliorare il benessere serve che i responsabili politici dell’UE diano il via a una vera una transizione.
L’allevamento di polli in Europa
I Paesi Bassi hanno già fatto notevoli progressi per l’introduzione di standard di benessere superiore. L’iniziativa “pollo di domani” è stata introdotta tra il 2014 e il 2015 e ora buona parte degli allevamenti assicura un discreto livello di benessere avendo convertito le aziende agricole a scegliere i polli da carne a crescita più lenta. Le proteste dei movimenti animalisti hanno persuaso i due maggiori rivenditori dei Paesi Bassi, Jumbo e Albert Heijn, a lanciare i propri standard di benessere più elevati per i polli broiler. Tutte le altre catene di supermercati li hanno seguiti rapidamente.
Il governo danese e i principali partiti del Paese, invece, hanno concordato di eliminare gradualmente l’approvvigionamento pubblico di polli a crescita rapida e hanno promesso di sostenere il progetto di divieto di polli da carne a crescita rapida a livello dell’UE. In Svezia, i nuovi criteri sviluppati dall’Agenzia nazionale svedese per gli appalti pubblici includono standard per le razze di pollo a più alto benessere, in linea con l’impegno europeo sui polli. Ci sono anche due proposte del Parlamento svedese per vietare le razze a crescita rapida. Il 99% delle galline non viene alleato in gabbia. In Norvegia, il Consiglio di etica animale ha raccomandato che le razze a crescita rapida siano vietate.
Gli organismi che certificano i prodotti biologici in Finlandia, Polonia, Spagna e Austria hanno tutti raccomandato razze specifiche di polli indicando la chiara connessione tra crescita più lenta e un maggiore benessere. A livello europeo sono diversi gli standard proposti, ma il principale è l’European Chicken Commitment, noto anche come Better Chicken Commitment, che impegna le aziende ad adottare standard di benessere più elevati.
La situazione in Italia
In Italia la situazione è sconfortante. Dire che regna il disinteresse è un modo elegante per nascondere la volontà delle filiera di mantenere la situazione attuale, in cui il benessere dei polli è un aspetto ritenuto secondario. I tre leader di mercato Aia, Fileni e Amadori non prendono in considerazione proposte di alcun tipo e continuano ad allevare polli di razze a crescita rapida, destinati a condurre una vita disastrosa.
I supermercati sono del tutto indifferenti, anche se sanno di vendere polli a crescita rapida stressati, con un petto ipersviluppato che non permette loro di camminare agevolmente. Polli con un petto caratterizzato da strisce bianche (white striping), indice di un’infiammazione generalizzata ai muscoli. Animali con una mortalità elevata, con gravi ustioni alle zampe (hock burns) che rendono le ultime settimane di vita un inferno.
I veterinari pubblici vedono tutti giorni questi animali che vivono in condizioni inaccettabili ma si militano a rendicontare su un pezzo di carta il numero di capi morti, la percentuale di polli affetti da ustioni e poco altro. Quando arrivano migliaia di polli con le zampe gravemente ustionate non è un problema, perché sono destinate al mercato cinese. Per i veterinari questi polli sono sani e possono essere commercializzati.
Cosa possono fare i consumatori?
Che fare? Chi non ha problemi economici può orientarsi sui polli biologici, che sono tutti a crescita lenta, oppure sui polli che recano in etichetta la dicitura “crescita lenta”. Non si trovano però in tutti i supermercati e costano il doppio. Ci sono però dei vantaggi evidenti, la carne ha un altro sapore e una consistenza, che assomiglia a quella dei polli ruspanti. Si tratta di un aspetto che potrebbe respingere chi è abituato da sempre a mangiare la carne tenera ma senza sapore dei broiler.
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare