Le verdure a foglia verde come l’insalata, e probabilmente non solo quelle, non dovrebbero essere coltivate in prossimità delle strade su cui viaggiano le automobili e i camion, perché le radici captano le sostanze tossiche rilasciate dagli pneumatici, che poi si accumulano nelle foglie. E se per alcune sostanze tossiche la pericolosità è ben nota, per altre le informazioni disponibili sono scarse, quando non inesistenti.
La possibilità che i materiali rilasciati dagli pneumatici si accumulino nei terreni e nelle acque, sia direttamente sia attraverso la dispersione nell’atmosfera e la successiva ricaduta a terra. Il problema è noto da tempo, ma ora uno studio condotto in laboratorio dai ricercatori del Centro per la Microbiologia e la Scienza dei sistemi ambientali (Cmess) dell’Università di Vienna mostra nel dettaglio che cosa succede quando una pianta si trova a contatto con alcune delle molecole più pericolose, e fa emergere anche alcune conseguenze finora mai segnalate.
Come illustrato su Environmental Science & Technology, i ricercatori hanno coltivato piante di valeriana (o soncino) in idroponica con le radici immerse in acqua contenente frammenti dagli pneumatici, agitandole meccanicamente per 14 giorni. In quelle due settimane i frammenti hanno rilasciato, tra gli altri, quattro composti aromatici (come avviene sempre a causa dell’attrito con l’asfalto) e un derivato tossico che si forma con l’usura degli pneumatici chiamato 6PPD-chinone (responsabile anche del decesso di migliaia di salmoni in un incidente accaduto nel 2019 negli Stati Uniti). Si tratta di sostanze che le piante hanno captato dalle radici e poi accumulato nelle foglie. C’è di più. La pianta forma anche nuovi metaboliti con le sostanze assorbite, di cui non sono noti tutti i possibili effetti sulla salute, pur essendoci le premesse (chimiche) per pensare che alcuni possano essere pericolosi. Tra l’altro, questi composti sono piuttosto stabili all’interno dell’insalata e, molto probabilmente, raggiungono intatti il piatto. In realtà di questi aspetti si sa pochissimo, e per questo gli autori auspicano un approfondimento.
Peraltro, il lavoro dei ricercatori austriaci prosegue. Al momento stanno studiando ciò che l’insalata capta dal terreno, quando questo è vicino a una strada, con particolare attenzione alle microplastiche. Il team partecipa anche a un grande progetto chiamato CleanDanube, che ha lo scopo di analizzare lo stato di degradazione del grande fiume che, da solo, ogni giorno riversa nel Mar Nero quattro tonnellate di plastica, oltre a inquinanti di vario tipo, una parte rilevante dei quali arrivano proprio dalle strade e dagli autoveicoli.
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Università di Vienna
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Giornalista scientifica
Io alla domanda risponderei no, non è sicuro……… il derivato dall’usura dei pneumatici assorbito dal vegetale è dannoso alla salute di chi si ciba di piante coltivate in terreni a ridosso di strade, superstrade e autostrade, che siano orti urbani o campi agricoli.
Benchè il problema sia noto da alcuni anni gli studi di tossicità sono recenti e incompleti.
Sarei ingiusto se dicessi che non si è fatto niente per ovviare ma andiamo con la solita lentezza contro gli interessi industriali, non si sa mai. Di limitare la mobilità “insostenibile” se ne parla molto e detto problema fa parte dei tanti motivi da considerare.
Il problema maggiore però è che mentre le particelle più grosse e pesanti ricadono vicino, quelle più leggere tra cui anche nanoparticelle in quantità sono già stabilmente nel ciclo atmosferico e sono già arrivate dappertutto e ci resteranno.Se gli ulteriori studi confermeranno gli effetti tossici intravisti dalle prime analisi sarà chiaro che tutte le coltivazioni ci distribuiscono una quota di questi veleni, volenti o nolenti.
Rimane una cosa importante da dire, cioè che l’idrocoltura è il sistema più fragile di coltivazione in questo senso perchè tutto ciò che giace nel liquido passa alla pianta senza filtri mentre nel terreno nutrito e biologicamente sano le micorrize, che avvolgono proteggono e aiutano le radici , fanno da filtro assorbente.
È dimostrato che possono rompere gruppi fenolici e certamente altro ancora, se qualcuno deciderà che è corretto vederci più chiaro.
Sono sicuro che la ricerca ha messo in evidenza un problema che come dice l’articolista già noto da tempo. L’aspetto inquietante è che il consumatore non ha possibilità di discernere tra prodotti coltivati vicino alla strada e quelli non.
Pochi dati e poco attendibili per il “modello di studio” utillizzato: coltura idropoonica .
Attendiamo ricerche costruite su modelli più vicini al “campo coltivato”.
Tra l’altro sono dati contrastanti con i benefici potenzialmente derivanti da un’alimentazione prevalentemente/esclusivamente vegetale.
Concluderei così: prudenza.
Ci pensiamo ora a queste cose,dopo che per anni la gente ha coltivato orti urbani in mezzo al traffico come se stesse caricando biologico.Vogliamo parlare dell’acqua piovana?
Sono convinto che gli orti in prossimità di strade a forte traffico possono assorbire le polveri di motori e pneumatici, certamente l’ASL locale dovrebbe vietare queste colture per evitare problemi di salute degli ignari consumatori.Ad Asti in c/o Savona ci sono queste colture che nessuno si preoccupa di vietare.
I consumatori sono quelli che creano il forte traffico sulle strade, si aspettano forse di ricevere alimenti incontaminati, coltivati in cima all’Himalaya? Come crede che il coltivatore arrivi al campo? E le materie prime che impiega (sementi, concimi, fitofarmaci)? E come arrivano i prodotti agricoli dal campo fino al supermercato? Magari percorrendo qualche strada? O nella sua zono già da tempo utilizzano il teletrasporto?
Buongiorno, premesso che coltivazioni lontane dalle strade in Europa non ne conosco, visto che è poco diffusa la movimentazione delle derrate agricole con elicottero (che comunque inquinerebbe), dallo studio come viene riferito emerge semplicemente che coltivando le piante in acqua con inquinanti, gli inquinanti vengono in parte assorbiti dalle piante. Non mi sembra una grandiosa scoperta. In qualsiasi momento e su qualsiasi coltura in campo è possibile eseguire campionamenti e analisi delle piante, ed avere informazioni più realistiche sull’impatto degli inquinanti rispetto alla simulazione utilizzata nello studio.