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Ancora una volta, i dati relativi ai residui di 14 pesticidi su 12 alimenti campioni, nei paesi dell’Unione Europea, appena resi noti dall’EFSA, sono positivi. Degli oltre 13.200 campioni raccolti, oltreché nei 27 stati membri, anche in Norvegia e Islanda, e analizzati nel 2023, solo l’1% è risultato fuori dai valori soglia. Ma la situazione è anche migliore di così, perché nel 70% dei campioni non sono stati trovati residui in quantità tali da essere rilevati con le moderne tecniche di analisi, e nel 28% sono stati identificati fitofarmaci entro i limiti. Il restante 2% era fuori norma, ma il valore è sceso all’1% dopo che si sono introdotti una serie di elementi correttivi che tenevano conto di misurazioni non adeguate.

Pesticidi nel dettaglio

Il rapporto contiene una serie di grafici interattivi dettagliati, dai quali è possibile dedurre ogni singolo aspetto, relativo a ogni paese. In generale, nel 60% dei casi si trattava di prodotti domestici (in Italia questa percentuale superava l’82%), nel 20% circa di alimenti provenienti da un paese esportatore diretto, nel 14% da un paese terzo e nel restante 4,3% da un paese non noto.

Il 98% dei campioni è risultato in regola, così come avvenuto nel 2021 e nel 2022. Di questi, il 58% non aveva livelli quantificabili di pesticidi, e il 38,3% ne conteneva, ma entro i valori massimi tollerati.

Come sempre il rapporto ha posto sotto la lente di ingrandimento 12 tipologie specifiche di alimenti, e cioè fagioli secchi, cavolfiori, carote, fegato bovino, pere, arance, cipolle, kiwi, segale, riso, grasso di pollo e patate, per un totale di oltre 13.200 campioni. Tra questi, i peggiori sono risultati essere i fagioli secchi e il riso, che hanno sforato i limiti rispettivamente nel 3,4 e nel 3,5% dei casi, seguiti dalle pere (2,3% di campioni fuori norma), mentre il fegato di bovino e il grasso di pollo sono risultati essere i più virtuosi, perché nessun campione presentava livelli superiori a quelli permessi.

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Nel 70% dei campioni non hanno evidenziato residui di pesticidi in quantità tali da essere rilevati

Il trend

I dati del 2023 sono stati poi messi a confronto con quelli delle due rilevazioni precedenti sulle stesse categorie, e di nuovo i fagioli secchi e le pere hanno mostrato il trend peggiore, con aumenti regolari della percentuale di campioni risultati fuori norma, mentre il riso sembra essere migliorato.

Per quanto riguarda i pesticidi, nell’indagine sono stati nel 17% circa dei casi positivi ne era presente più di uno, e pere e arance erano quelli che contenevano di più, con rispettivamente il 65 e il 64% di frutti con più di una sostanza.

Il focus sul glifosato

L’impiego del discusso erbicida era permesso in Europa fino al 2023. In quell’anno, 26 paesi hanno effettuato analisi su oltre 15.500 campioni, su 674 campioni di mangimi e 18 di pesce, e i risultati delle analisi hanno mostrato una situazione abbastanza positiva: in più del 97% dei casi il glifosato non era rilevabile, nell’1,9% dei campioni era superiore ai livelli consentiti ma inferiori a quelli di rischio, e solo nello 0,2% dei prodotti era in concentrazioni pericolose.

Anche in questo caso la percentuale è scesa allo 0,1% dopo le correzioni, e ancora una volta gli alimenti peggiori sono risultati essere i fagioli secchi, nello specifico provenienti dall’Argentina, seguiti dal miele e da altri prodotti legati alle api (in quattro campioni provenienti dalla Lituania) e nel grano saraceno (due campioni polacchi). Tutti e 399 prodotti per l’infanzia analizzati sono risultati privi di glifosato. In 44 campioni di limoni, tè e funghi invece i ricercatori hanno trovato metaboliti del glifosato.

Gli alimenti trasformati

Escludendo i prodotti per l’infanzia, l’8,4% dei campioni era di alimenti trasformati e, tra questi, la percentuale di alimenti risultata non in regola (rispetto ai valori delle relative materie prime) è stata del 5,6%. Nello specifico, sono risultati peggiori, perché con più di dieci campioni fuori norma, e tassi di non conformità superiori al 10%: le foglie di vite e simili, specie se in scatola e salate (39% irregolari), i fiori di camomilla (18,2%), le foglie di sedano, basilico o menta essiccate (15,8%), quelle di prezzemolo (15%), i fagioli secchi (13,3%), la liquirizia essiccata e i semi di coriandolo (12,5%), le foglie di bietola e barbabietola lavorate (11,8%), i semi di cumino (11,3%) e l’olio di semi (10,9%).

I prodotti biologici

Interessanti, infine, i risultati ottenuti sugli oltre 7.000 campioni biologici analizzati: l’80% non conteneva alcun residuo misurabile (contro il 79% del 2022), il 19% ne aveva, ma sempre entro i limiti (contro il 18% del 2022), e lo 0,4% ne conteneva in concentrazioni fuori norma. Per lo più si trattava di rame, presente nel 94,6% dei casi, di bromuro (11,3%) o di clorati (7,6%).

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos IA

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Paolo Debernardi
Paolo Debernardi
7 Giugno 2025 10:38

Se leggete il Rapporto:”I campioni provenienti da paesi terzi hanno registrato un tasso di superamento degli LMR più elevato (6,2%) e un tasso di non conformità più elevato (3,4%) rispetto ai campioni di alimenti prodotti nell’UE”. La Coldiretti che da anni sostiene che ogni prodotto di importazione è impregnato di pesticidi dovrebbe farsi un esame di coscienza. I prodotti UE sono poco meno contaminati e ciò nonostante le norme restrittive europee che Coldiretti affossa e che gli altri Paesi non hanno.

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