Ogni anno, nel mondo sono vendute tra 8 e 14 milioni di tonnellate di pesce illegale, che alimentano un mercato che vale tra i nove e i 17 miliardi di dollari. Questa enorme quantità di pesce che sfugge alla rete dei controlli, contribuisce a depauperare gli stock sia direttamente, sia perché i calcoli associati alla pesca legale sono spesso basati su stime errate, che non tengono conto del prelievo illegale.
A descrivere una situazione preoccupante sono i ricercatori della Fisheries Economics Research Unit e dell’iniziativa Sea Around Us dell’Università della British Columbia, che insieme ai colleghi di altri istituti hanno pubblicato su Science Advances una valutazione sulla quantità del pescato illegale in 143 paesi. Le stime sono peggiori del previsto. La perdita è compresa tra i 26 e i 50 miliardi di dollari ed è concentrata, per l’85% nelle zone del mondo che avrebbero più bisogno di sostenersi con pratiche legali: Africa, l’Asia e America Latina.
Il rapporto evidenzia che una parte della pesca illegale è praticata dalle flotte industriali, in grado di catturare più di quanto dovrebbero comprese specie non autorizzate, non di rado con imbarcazioni che sfuggono al normale censimento.
Per far capire quanto sia grave e carico di ripercussioni il fenomeno, la sottrazione di questo pesce dal mercato legale è stata anche convertita nella quantità equivalente di carne di manzo. È come se ogni anno, andassero persi tra i 12 e i 22 milioni di capi adulti. Oltre a ciò vanno considerati i posti di lavoro regolari perduti, i danni all’ambiente di una pesca condotta con strumenti non controllati, l’attacco alla biodiversità e il rischio di infezioni derivante da stoccaggio e lavorazione non adeguati: un disastro cui è urgente opporre un contrasto efficace.
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Giornalista scientifica