Buongiorno, mi chiedevo che diritto hanno i turchi – nuovi padroni della Pernigotti – di vendere la loro preparazione Made in Turchia apponendo sul barattolo la storica etichetta “1860 Pernigotti”, salvo poi aggiungere sul retro a caratteri microscopici “Importato e distribuito da: Pernigotti SpA” e sotto: “Made in TR” (sigla incomprensibile ai più che sta per made in Turchia, vedi foto sotto). A me sembra tutto molto ambiguo. Grazie per l’attenzione. Simone
La Pernigotti, storico marchio del settore dolciario, è stata rilevata nel luglio del 2013 dalla società Sanset, gruppo turco controllato dalla famiglia Toksoz. Si tratta di un’azienda privata tra le principali del paese anatolico, con sede a Istanbul, con un fatturato annuo di circa 450 milioni.
Prima di questa cessione il marchio, fondato nel 1860 quando Stefano Pernigotti apre una drogheria nel centro di Novi Ligure, era sotto il controllo della Fratelli Averna, azienda leader nel settore dei liquori da cinque generazioni con una serie di marchi (Amaro Averna, Amaro Braulio, Limoncetta di Sorrento, Grappa Frattina).
L’accordo firmato con il gruppo familiare turco prevede la vendita del 100% del capitale sociale della Pernigotti, mantenendo e potenziando le esistenti strutture e risorse, tra cui i 150 dipendenti concentrati nello stabilimento di Novi Ligure (Alessandria). Come ha evidenziato il lettore, alcune referenze a marchio Pernigotti non sono prodotte in Italia, anche se nella sede alessandrina sono ancora attive alcune linee di produzione.
L’etichetta della crema Gianduia Nero anche se corretta da un punto di vista giuridico, presenta forse delle criticità per i consumatori che non sanno decodificare tutte le sigle sulle confezioni.
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[sostieni]
Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
Grazie per l’articolo.
Ho comprato la crema Gianduia non sapendo di questa cosa. Non la comprerò più.
Piccola nota, non so se abbia a che vedere con questa provenienza, ma da Auchan a Roma l’intero scaffale con Gianduia Nero è stato svuotato (e non credo da acquirenti). È rimasto l’altro tipo che ho comprato io per la prima e ultima volta.
Buongiorno Pietro, io ho provato sia la Nero che la normale, a parte che sono prodotte entrambe in Turchia, sono comunque due prodotti dalle buone qualità organolettiche, meglio di molte altre più pubblicizzate.
D’altronde chissà quanta nutella di altre marche avrai mangiato prodotta con nocciole turche e spacciata per “madeinitaly” visto che la Turchia di nocciole ne produce molto di più di quanto se ne producono in Italia, e le esporta anche nel bel paese.
Io piuttosto ho fatto un altro ragionamento, perché acquistare un prodotto di una multinazionale estera se questo costa più di un buon prodotto italiano?
Ti dico questo perché presso il supermercato Conad dove abitualmente faccio spesa, trovo un assortimento considerevole, oltre alla ormai scontatissima Ferrero e a quella marchio Conad, trovo anche Novi, Pernigotti sia nero che gianduia, Nocciolata Rigoni di Asiago Biologica;
Dopo averle provate tutte, ormai ho scelto di acquistare solo la Rigoni, che oltre ad essere BUONA, Biologica, prodotta da un impresa Italiana con filiera produttiva propria, ha anche il pregio di essere proposta da Conad ad un prezzo concorrenziale, meno cara della ormai Turca Pernigotti.
Ovviamente sono considerazioni personali, non sono un promotore commerciale, ma un semplice consumatore che preferisce far lavorare non un paesano visto che abito in Sicilia, ma comunque un connazionale.
Saluti, Franco.
Ma cosa c’entra questo articolo sulla qualità del prodotto e quindi per questo motivo un consumatore non deve più comprare questo prodotto? Se siamo così mediocri e superficiali nelle decisioni di acquisto non mi stupisce che il mercato e i consumatori siano così di basso livello. Comprate Barilla che produce con grano polacco e scrive prodotta a Parma? scandaloso
Infatti nella risposta non c’è nessuna valutazione riguardo la qualità del prodotto.
Io sono d’accordo con Pietro. Se devo passare da asino voglio che sia una mia scelta consapevole, e non frutto di un’etichetta infingarda e subdola, dove è scritto a caratteri cubitali PERNIGOTTI 1860 (richiamo alle tradizioni storiche, esca per il consumatore) e poi a casa scopro che è un prodotto turco, la cui intera catena di produzione avviene in Turchia! Allora scrivete chiaramente PERNIGOTTOGLU 2015 made and imbarattolated in Turchia (Turchia, no TR che per me è Terni), e io ve lo compro, perché oltretutto mi piace! No, no, no … così non ci siamo!
Salve. Da quando ho scoperto che è presumibile che prima i grassi vegetali e poi l’olio di palma non fanno proprio tanto bene, anche per via delle abbondanti quantità che si trovano o si trovavano in quasi tutti i prodotti dolciari (biscotti, fette biscottate, merendine ecc.) non l’ho più comprata ormai da oltre 3 anni. In più occasioni, recandomi in Turchia (sigla internazionale TR), ho avuto modo di provare anche le c.d. “nutelle” turche. Leggendo poco fa le etichette, di una cosa sono certo: quelle turche contengono più % di nocciole e cacao, oltre che alcune con zucchero di canna. Non sono un esperto, ma questo per me è sufficiente; non voglio però giustificare il prezzo alto del prodotto menzionato, in quanto in Turchia le materie prime sono molto più basse che quì. Inoltre, so per certo personalmente che da sempre la Ferrero importa nocciole dalla Turchia, oltre che i bicchieri.
E poi ci si chiede come mai le aziende non specificano l’origine dei prodotti in etichetta!
Se le reazioni sono come quelle del lettore Pietro le capisco perfettamente.
Peraltro se non avessero indicato l’origine, l’etichetta sarebbe stata comunque perfettamente conforme e nessuno si sarebbe posto il problema…
Poi, vai a spiegare che la Turchia è il maggior produttore di nocciole mondiale con una quota del 70% (8 volte l’Italia tanto per rendere l’idea) e che il fatto che il prodotto venga realizzato lì potrebbe essere addirittura un plus visto che evita che vengano percorsi per niente migliaia di km per il trasporto dell’ingrediente…
Io compro spesso i fichi secchi dalla Turchia e immagino che sia il paese giusto dove comprali, il latte mi piacerebbe sia italiano e invece vedo che tutti comprano latte di marca che quindi viene dall’estero come la crema Pernigotti, la pasta la compro americana (Kamut) ma invece vedo che chi compra la Barilla compra da altri paesi esteri, ecc, ecc.
Insomma di che ci stupiamo?
Mamma li Turchi ? Secondo voi perché un azienda di un paese straniero (specie se non del “primo mondo”) decide di comprare un prestigioso marchio italiano ? Per vendere a caro prezzo prodotti italici “doc” o per sfruttare il marchio per commercializzare ovunque prodotti “indigeni” che altrimenti non avrebbe mai venduto (almeno da noi o in Europa/USA) ?
Ma perché poi il consumatore italico, che da decenni acquista “brand” italici che di italico hanno solo il nome (e il prezzo pompato di conseguenza) dovrebbe temere SOLO questa “nutella turca” ?
Beh, c’è anche da dire che la Turchia è una fortissima esportatrice di nocciole. Alla fine o in questa crema o in un’altra, c’è un’alta probabilità di trovare nocciole turche
Stessa cosa di Pietro: ho acquistato questo prodotto concentrandomi soprattutto nel verificando che non contenesse Olio di Palma ma adesso che avete fatto notare questa cosa, per l’ultima volta ho acquistato Pernigotti. Spiacente!
Se i turchi hanno comprato la Pernigotti non è per metterci dentro il veleno. Se la famiglia italiana ha deciso di vendere, e nessun italiano voleva comprare, non è colpa dei turchi. Se l’alternativa fosse stato il fallimento o la graduale scomparsa, sarebbe stato meglio?
Bisognerebbe chiedersi come mai molti finanziari italiani preferiscono mettere i loro soldi altrove, tipo immobiliare e settori poco concorrenziali come banche e utilities. Mi complimento con i turchi che rischiano i loro soldi su un prodotto (cioccolata) dove la concorrenza è alta e nessun politico locale ti può dare una mano.
La Ferrero compra una buona parte delle nocciole per la Nutella in Turchia, e possiede lì degli stabilimenti di produzione. Una buona parte della Nutella venduta nel mondo è prodotta lì (ma non quella venduta in Italia perché ci sono gli stabilimenti italiani).
Davvero incredibile il provincialismo che traspare nei commenti di taluni. “E’ prodotta in Turchia, non la compro più”. Quello stesso giorno loro mangeranno una fettina di bovino nato e allevato in Austria o Germania, pomodori coltivati in Olanda, pasta fatta con semola da grano di Ucraina, brioches o pane (sì, pane) prodotto in Francia ma scongelato e infornato qui, tonno prodotto e inscatolato in Spagna, olio di oliva di Tunisia, latte uht dalla Repubblica Ceca, e tanto tanto altro che CREDONO sia italiano e acquistano a occhi chiusi ma che di italiano non ha un bel nulla. Però la crema spalmabile no, quella deve essere assolutamente nostrana, questa la controllano ben benino e guai se è “straniera”, orrore, in tal caso la lasciano sullo scaffale. Che tristezza.
Non si tratta di essere provincialisti, si tratta di essere accorti nella scelta di quello che si compra e si mangia; in questo caso, a prescindere dal luogo di produzione, io non avrei mai comprato una crema spalmabile gianduia contenente burro vaccino (presumibilmente utilizzato al posto del ben più pregiato e costoso burro di cacao – da ricordare che la ricetta originale del Gianduia è vegana) e dove il primo ingrediente presente per quantità è lo zucchero! Le nocciole sono presenti in quantità piuttosto elevata perchè turche, quindi molto più economiche di quelle delle Langhe. E’ una crema fatta al risparmio, un gradino sopra la nutella.
[In risposta a Filippo] Punto primo, il provincialismo al quale mi riferivo è quello di taluni che rinunciano senza appello e senza motivi che non siano pregiudizi superficiali ad acquistare un alimento non prodotto in Italia, quando in realtà non sono consapevoli di mangiare quotidianamente in gran quantità prodotti di base – esempio pasta pane olio carne e pomodori – che di italiano non hanno neanche l’ombra.
Punto secondo, questa crema spalmabile Pernigotti che lei definisce “un gradino sopra la nutella” contiene il 33% (un terzo!!!) di nocciole, il 15% di cacao e già siamo quasi a metà peso e soprattutto NON contiene olio di palma. La crema di Ferrero invece è olio di palma (circa il 30%) zuccherato (dalla tabella valori nutrizionali: zuccheri 56%!!!) con l’aggiunta di una spolveratina di nocciole, il 13% appena, e il cacao in misura ancora inferiore visto che nell’elenco degli ingredienti appare dopo le nocciole. Turca o non turca, il prodotto di Pernigotti è un grattacielo sopra quello di Ferrero e non “un gradino”, inutile attaccarsi al burro vaccino in polvere e alle nocciole turche di Pernigotti: Nutella contiene non burro ma latte in polvere (scremato eh, giusto per essere sicuri che l’unico grasso presente sia quello di palma) e le poche nocciole qui non sono di sicuro la pregiata tonda gentile delle Langhe ma sono turche anch’esse.
Spiacente ma neanche oggi ho mangiato alcunché delle cose che hai elencato. Probabilmente solo del latte straniero nella certosa. Per il resto: pomodoro italiano e latte romano. Io leggo l’etichetta. Ad ogni modo, la pernigotti turca la comprerò ugualmente.
caro Pietro, se per te è così importante il fatto che un prodotto debba essere 100% italiano, come mai non leggi con attenzione le etichette e non ti metti a studiare seriamente il mercato?
Se non avessi letto questo articolo per caso, avresti continuato a comprare la crema e chissà quanti altri prodotti.
Ma credi davvero che che il grano prodotto in Italia sia davvero sufficiente per produrre tutta la pasta che viene consumata in Italia e distributia all’estero?!!!
Pensi davvero che sul nostro territorio ci sia spazio sufficiente per produrre ed elaborare tutto quel grano, quelle olive, quelle nocciole, quei pistacchi, quei pomodori…..e chi più ne ha più ne metta?!
sono sostanzialmente d’accordo con Nicola Mazzola. Resta, però, un problema di identità: dall’etichetta tutto lascia credere che si tratti di un prodotto italiano. L’Italia ha faticato molto ad affermare la propria identità alimentare nel mondo e continua a faticare per difendere questa identità (spesso a difenderla da noi stessi). Perché altre nazioni debbono sfruttare questo brand? Fanno la crema di nocciole turca, la vendessero come crema di nocciole turca, cavolo!
Non sono d’accordo che l’etichetta è ingannevole o ambigua. E’ scritto chiaramente che è importato da Pernigotti Italia, quindi è ovvio che non è fatto in Italia, e in più è specificato dove è fatto. Che dovevano scrivere?
La lettera non dice che l’etichetta è fuori legge. È però vero che made in TR non è proprio una dicitura così chiara per tutti. Lo spazio per scrivere Turchia mi sembra che ci sia.
Germano, perchè l’etichetta lascia credere che si tratti di un prodotto italiano? perchè riporta il marchio Pernigotti?!
Filippo, dire che sia una crema fatta al risparmio può essere corretto…dire di non volerla acquistare perchè si prediligono creme fatte con ingredienti più pregiati è legittimo.
Non comprare un prodotto solo perchè fatto in Turchia (come da alcuni commenti traspare) è altrettanto legittimo, ma sa tanto di “razzismo” alimentare…
La Turchia ha una fantastica tradizione dolciaria, l’unica cosa che non va bene, a mio parere, è la poca chiarezza: in Italia si identifica il”gianduja” come una nostra tipicità, se arriva dall’estero andrebbe segnalato..A giudicare dagli ingredienti,resta comunque un prodotto di qualità superiore rispetto a Nutella.
Facciamo chiarezza, gianduia non è una denominazione protetta dal reg. ce 1151/2012, ma una solo una ricetta, quindi si può produrre ovunque senza bisogno di indicarne l’origine. Origine che va indicata obbligatoriamente in questo caso per quanto prescritto dal reg. ce 1169/2011 art. 26 par. 2 lettera “a”.
Mi ricordo che quando sono stato in Turchia avevo comprato prodotti ortofrutticoli del luogo ed erano buonissimi.
Penso che la stessa cosa valga anche per le nocciole, che mi risultano essere ottime anche là, al pari di quelle del Piemonte.
Il problema è semmai che l’origine dei prodotti dovrebbe essere sempre ben specificata, ma in fondo la Legge non lo prevede, quindi non vedo illiceità in tutto questo, salvo il fatto che nell’etichetta è scritto “made in TR” (inglese + sigla automobilistica) anziché “fatto in Turchia” come la grammatica e la correttezza suggerirebbero, ma questo mi sembra oramai un suggerimento da “grillo parlante” molto poco in voga al giorno d’oggi.
Quando vedo questi articoli saltano nervi. Io faccio noodles a Prato con Soia cinese. Sono sempre noodles e il marchio è mio. Sono noodles Made in Italy, con soia cinese e con marchio mio che è comunque marchio di impresa di un cinese in Italia. Allora solo perchè su miei noodles io scrivo nome di mia ditta, non li posso più fare in Italia? O perchè uso soia cinese non posso scrivere Made in Italy, quando do lavoro a italiani, produco interamente a Prato e pago bollette e tasse in Italia. Se gianduia pernigotti è buona, questo è importante. Non interessa da dove viene. E se è prodotta in Turchia e dichiarata Made in Turchia, dove è il problema
L’unico problema è che forse made in Turchia andrebbe scritto in modo chiaro per esteso e non ricorrendo alle sigle internazionali , sopratutto per un prodotto storicamente italiano.
Se leggete le etichette scoprirete le cose più importanti e cioè la quantità di nocciole presenti (nella Pernigotti più del 40% poco meno della Novi la Rigoni se non erro circa la metà) e ovviamente tutte e tre senza Olio di Palma
Confermo l’assenza totale di olio di palma e di qualsiasi altro grasso vegetale aggiunto. In realtà le nocciole sono “solo” il 33% (!!!) e il cacao è il 14% cioè un terzo della parte “cioccolato alle nocciole gianduia” che è il 42% del totale. Quindi tra nocciole e cacao siamo praticamente a metà del peso totale del prodotto Pernigotti, che pertanto si colloca a distanza siderale dal famoso grasso di palma zuccherino al sapor di nocciole (13% appena) e cacao (ancor meno delle nocciole) prodotto ad Alba. Le informazioni che scrivo su questa crema Pernigotti le trovate sul loro sito come indicato anche in questo articolo.
Non vedo nulla di scandaloso in una crema prodotta in Turchia. L’etichetta indica chiaramente che si tratta di prodotto importato, quindi l’acquirente è libero di comprarla o meno, ma se ritiene di acquistarlo può farlo con consapevolezza.
Il fatto che la crema sia prodotta in Turchia non significa necessariamente un prodotto di scarsa qualità.
Vedo citata la Nutella. Prodotto qualitativamente inferiore alla crema in oggetto e anche quando prodotta in uno stabilimento italiano contiene nocciole turche. E’ noto che la Ferrero si rifornisce lì. D’altronde i quantitativi usati dalla Ferrero sono tali che anche volendo (ma non lo fa per i costi più elevati) difficilmente potrebbe ricorrere alle Nocciole Piemonte…
Già. Ma, mutatis mutantis, comprereste dell’olio extravergine turco ? Va bene l’analisi QUANTITATIVA di un preparato, ma va anche considerato l’aspetto QUALITATIVO. NON tutte le nocciole sono uguali: confrontare prodotti che contengono nocciole italiche (anche “solo” del viterbese) con quelle provenienti da “altrove” (ovvero soggetti ad altre normative su prodotti chimici utilizzabili, modalità di raccolta e stoccaggio) è come confrontare mele e pere 🙂
Perché non parlate mai di sale : il famoso sale GEMMA che e’ sugli scaffali di tutta la grande distribuzione arriva al 100% dalla Tunisia compresa una buona parte dei marchi privati. Una vergogna visto che di sale italiano ce ne in abbondanza.
Come consumatore ho tutto il diritto di avere più informazioni possibili sul prodotto che acquisto, ed avere la,possibilità di scegliere. Non devo fare corse agli ostacoli tra ingredienti, made in … dei prodotti e trovarmi in trabocchetti dove in bella mostra trovo Pernigotti marchio Italiano, e dentro prodotti completamente stranieri. Chi vende un marchio vende anche la sua storia e non è giusto ingannare i consumatori in questo modo. Fare acquisti oggi è snervante. Poi voglio rivolgermi a chi parla di razzismo. Se io acquisto un prodotto in Italia con ingredienti italiani, conosco le regole e i divieti di come certe materie prime devono essere o trattate. Mentre se acquisto un prodotto che si dice italiano, ma che in realtà contiene materie prime di un altro paese, io non so le regole di quel paese quali sono e come quello stesso ingrediente venga prodotto. E non giudico il fatto che sia più o meno migliore di quello italiano. Ci vuole chiarezza e sincerità, poi chiunque scelga di acquistare ciò che più gli piace, ma essendo consapevole del prodotto che sta acquistando.
Se il prodotto viene venduto in Italia deve rispettare le regole vigenti nel nostro paese a prescindere dalla provenienza delle materie prime.
Se anche fosse vero (non lo so e non mi interessa) che le nocciole turche sono soggette a trattamenti diversi rispetto a quelle italiane, valgono comunque i limiti residuali previsti nel nostro paese nel momento in cui un prodotto viene venduto qui.
‘Made in’ non è in lingua italiana. Perchè non scrivono correttamente ‘Prodotto in’?
Non conoscendo perfettamente la legislazione a riguardo, mi piacerebbe sapere se l’etichetta è corretta
Certo che io parlo inglese ma non tutti sono tenuti a comprenderlo. Quanto alla sigla, può trarre in inganno.
Ognuno poi scelga se acquistare prodotti italiani o prodotti con il 13% di nocciole turche…
L’etichetta è corretta e l’indicazione di produzione è un’informazione in più che l’azienda ha scelto di dare, anche se non era tenuta per legge.
Grazie per la risposta!
Chissà perché io ricevo sempre tardi le newsletter, ma questo è un altro problema
Io non trovo nulla di scandaloso in questo prodotto, correttamente etichettato anche nel paese di provenienza… cosa che molto spesso anche proprietari italiani non indicano.
Certo, non bisogna per forza essere a conoscenza delle acquisizioni di marchi italiani da parte di società straniere, ma non comprare solo perché la proprietà adesso è turca mi sembra una cosa ridicola, infatti per me vale solo una cosa: o il prodotto è buono o non è buono, o ha un costo sostenibile oppure no.
Però anche gli Averna non è che c’entrassero molto con il marchio Pernigotti…
Contesto anche cortesemente il Direttore quando dice che la sigla TR è incomprensibile ai più, lo è tale e quale alla nostra sigla IT per qualcun altro, però qui un minimo di cultura generale (e automobilistica) dovrebbe essere necessaria: sfido chiunque a negare che non ha mai sfogliato l’atlante con le sigle delle bandiere del mondo! Ah già, ma l’atlante nell’era di internet è qualcosa di … obsoleto, chi se lo ricorda più?
E’ strabiliante che in questo secolo si esaltino ancora, in un mondo globalizzato, idee alimentari AUTARCHICHE che puzzano di ventennio prebellico, ignorando che l’Italia fa parte di una comunità europea, ed è inserita,in un mercato mondiale regolato anche da regole extranaionali tipo CODEX. Vi siete mai domandati da dove viene lo zucchero che è uno dei più importanti ingredienti di questi prodotti? ormai in Italia se ne produce ben poco. E così per le nocciole, per le farine, ed anche per il latte. I prodotti agricoli provengono dai paesi che li producono in migliore qualità, che non è sempre quella italiana, in maggiore quantità, ed al costo più conveniente, per tecnologia, innovazione, organizzazione e condizioni climatiche. Sfruttiamo invece il “savoir faire”, significato di “Made in Italy” , pregio dell’industria alimentare Italiana, anche con materie prime di origine diversa, ma con prodotti finiti capaci di conquistare il mercato globale. E’ normale che capitali stranieri vengano ad acquistare aziende italiane per raggiungere lo stesso scopo. Poi ognuno è libero di fare le illazioni più strampalate , e naturalmente di comprare solo ciò che proviene al massimo da dentro il suo comune di nascita, come nel medio evo.
Ottimo commento, da sottoscrivere in toto. E a proposito di prodotti italiani contenenti ingredienti “stranieri”, basti ricordare il caso (limite?) legittimo della Bresaola I.G.P. della Valtellina fatta quasi esclusivamente con carni di bovini BRASILIANI (per la precisione, lo zebù brasiliano, che peraltro non è il massimo della fotogenia) informazione che persino nel sito del consorzio è omessa accuratamente. Ed è un I.G.P.!!!! Cosa c’è quindi di ingrediente “italico” nella nostranissima bresaola, il sale? le spezie? il cordino con cui viene legata e appesa? Ah saperlo! Quindi cari amici “integralisti” d’ora in poi niente più bresaola sulle vostre tavole, mi raccomando…