Dire che il 40% della pasta italiana è prodotta con grano straniero può risultare stonato, pensando alle bandiere gialle degli iscritti di Coldiretti che manifestano nei porti contro l’importazione del grano duro canadese. La narrazione di Coldiretti lascia intendere che il nostro grano duro resta invenduto perché i molini comprano, senza grossi controlli, materia prima straniera pagandola a caro prezzo. Si tratta di fake news, di informazioni ispirate al sovranismo alimentare che trovano una sonora smentita anche nell’ultimo dossier firmato da Mediobanca. Il documento dice che, “per soddisfare il fabbisogno di grano duro, l’Italia non può affidarsi alla produzione interna, ma deve ricorrere all’estero e per questo importa grandi quantità. Il tasso di autoapprovvigionamento è del 60-70%. In altre parole produciamo poco meno di 4 milioni di tonnellate di grano duro e ne importiamo 1,9 da Canada, Francia, Grecia, Stati Uniti e Australia.
Ed è proprio grazie all’importazione di navi cariche di grano duro che l’Italia rappresenta il primo produttore al mondo di pasta (3,7 mln di tonnellate) in parte esportata (2,1 mln) e il resto consumata ogni giorno sulle tavole degli italiani, che raggiungono il consumo record mondiale di 23 kg pro-capite.
Qualità della pasta
Chiariti i veri numeri e corretta la falsa narrazione sul grande duro importato, la seconda fake news riguarda i sospetti del grano duro contaminato. Si tratta di frottole visto che le analisi condotte dalle autorità sanitarie non evidenziano assolutamente questo problema. La qualità della pasta italiana secondo i test condotti negli ultimi anni da Il Salvagente e Altroconsumo risulta sempre di buon se non ottimo livello. Certo molti consumatori preferiscono i prodotti made in Italy ed è una scelta condivisibile per diversi motivi, ma l’origine del grano non può essere il discrimine per valutare la qualità. Riportiamo di seguito uno schema con i marchi dei più noti produttori italiani con l’origine della grano. Se avete altre marche segnalatele in redazione.
Marca della pasta |
Origine del grano |
Afeltra
|
100% Italia |
Agnesi |
100% Italia |
Alce Nero – Bio |
100% Italia |
Antonio Amato |
100% Italia |
Armando |
100% Italia |
Barilla |
100% Italia |
Benedetto Cavalieri |
100% Italia |
Cav. Giuseppe Cocco Caserecci di semola |
Arizona |
Cav. Giuseppe Cocco Trafila ruvida di semola fiore |
100% Italia |
De Cecco |
Italia, California, Arizona |
Delverde |
Italia, Ue e non Ue |
Divella |
Italia, Ue e non Ue |
Felicetti – Originale |
100% Italia |
Felicetti – Bio |
100% Italia |
Garofalo |
Ue e non Ue |
Girolomoni – Bio |
100% Italia |
Granoro |
Ue e non Ue |
Granoro – Dedicato |
100% Italia – Puglia |
La Molisana |
100% Italia |
NaturaSì – Bio |
100% Italia |
Pastificio G. Di Martino |
100% Italia |
Rummo – Le Classiche |
Ue e non Ue |
Sgambaro |
100% Italia |
Voiello |
100% Italia |
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Grazie per le informazioni
Cerchiamo di dare alle parole un significato condiviso, senza malintesi, basta con questi slogan.
Il concetto di sovranità alimentare viene dal movimento internazionale Via Campesina, un’organizzazione di agricoltori fondata nel 1993 a Mons, in Belgio, formata da 182 organizzazioni di 81 Paesi che coordina le organizzazioni contadine dei piccoli e medi produttori, dei lavoratori agricoli, delle donne rurali e delle comunità indigene dell’Asia, dell’Africa, dell’America e dell’Europa.
Un rapporto FAO 2014 calcolava che 9 su 10 dei 570 milioni di aziende agricole nel mondo erano a conduzione familiare e producevano approssimativamente l’80% del cibo mondiale …….eppure questo tipo di agricoltura viene tutt’oggi narrata come “alternativa”, marginale e obsoleta. Perchè?
Il concetto di sovranità prevede un legame indissolubile tra cibo e politiche del cibo, produzione agricola, ecosistemi, territori e comunità che quei territori li abitano, la loro cultura e identità, un movimento dal basso e non imposto dall’alto da una elite.
Ma forse siamo democratici ad argomenti alterni………..
La sovranità alimentare è strettamente legata alla biodiversità e valorizza il lavoro legato alla produzione alimentare nel mondo, spesso svilito e nascosto, e combatte lo sfruttamento di persone e risorse.
È un diritto ( non solo europeo ma anche italiano in quanto parte rilevante di ) a cui si contrappone il mercato neoliberista che libero non è ma un groviglio inestricabile e incontrollabile di interessi sovranazionali e monopolistici aperto ad ogni eccesso che cancella per proprie scelte finanziarie secoli di cultura e vuole imporre nuovi modelli senza garanzia.
Spero vi rendiate conto di cosa parlate.
Non è un’opinione, né qualcosa da sottovalutare o strumentalizzare: la sovranità alimentare è un diritto dei popoli, definito e promosso da convenzioni e organizzazioni internazionali.
Nell’aprile 2008, IAASTD, panel intergovernativo con il patrocinio delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale, la definisce come «il diritto dei popoli e degli Stati sovrani a determinare democraticamente le proprie politiche agricole e alimentari».
Gli enti a sostegno della sovranità alim. sostengono e promuovono nel mondo i sistemi locali del cibo, fortemente legati ai territori, basati sulle connessioni, sulle comunità, in grado di combattere lo spreco alimentare, di valorizzare la produzione di piccola e media scala e di proteggere la biodiversità con sistemi di produzione a bassi input esterni e alto tasso di competenze, creatività e buone pratiche.
Non a caso, nell’ambito del piano quadro europeo del “Green Deal”, la strategia “Farm to Fork”, pubblicato dalla Commissione Eu approvato dal Parlamento nell’ottobre 2022, che si prefiggeva di approdare in dieci anni a un sistema alimentare equo, sano, sostenibile, ha trovato da subito una decisa opposizione da parte di lobby delle aziende agricole industriali, da un certo numero di deputati conservatori e dalle multinazionali dell’agroindustria, adducendo la motivazione di un calo nella produzione di cibo.
Questo vasto movimento ha fatto naufragare FTF/SUR, con prese in giro attuali, certamente non è stata responsabilità di chi cerca onestamente la propria sovranità alimentare.
La fame di cibo non c’entra, sappiamo bene che un terzo del cibo prodotto viene vergognosamente sprecato ( dai paesi ricchi ) e con quel terzo sfameremmo 4 volte il quasi miliardo di persone che non ha regolare accesso al cibo, c’entra invece la fame di soldi e potere delle elite, senza contare poi distorsioni immense sulle operazioni intensive di qualsiasi genere.
Non dobbiamo produrre di più ma meglio, costruire un sistema equo di produzione e distribuzione, economico e sociale basato anche sulla coltivazione biologica, per ripulire i residui dei prodotti industriali fallimentari anche se più produttivi……
Si muore di fame per povertà non per scarsità, si muore di fame perché si è poveri e sconfitti.
La fame è il diritto negato alla sopravvivenza e diretta conseguenza del diritto negato a determinare le proprie politiche alimentari per garantire accessibilità, salubrità, adeguatezza di un cibo dal punto di vista ambientale, nutrizionale e culturale.
L’attuale modello produttivo agroindustriale intensivo, responsabile di molti malanni, è interconnesso al libero mercato delle multinazionali che muove il cibo attraverso decine di migliaia di kilometri INSOSTENIBILMENTE.
Oggi sono svelati i suoi limiti e si vorrebbe superarli con le nuove inesauribili scoperte che non danno però garanzie a nessuno di essere più efficaci perchè governate dalle stesse elite, con lo stesso principio cardine dello sfruttamento materiale e intellettuale, e con gli stessi seguaci e tifosi.
Al contrario il neoliberismo dovrebbe essere il primo modello ad essere messo in discussione se vogliamo immaginare e disegnare una prospettiva che consegni al futuro meno fame ed equità, quandanche ci potessimo nutrire di semplice aria o acqua allora ci venderanno a caro prezzo questi beni se il mondo continuerà ad essere governato come oggi.
La tutela del suolo, della biodiversità e delle risorse è una questione storica, identitaria, legata alle economie, ai territori e alle comunità, è questione di diritti umani e riguarda, in definitiva, il diritto delle comunità stesse ad esistere.
La sovranità alimentare poi non è sinonimo di autarchia.
Se Barilla è 100% Italia, la precedente affermazione che il 40% della pasta italiana è fatta con grano straniero non regge. Questione matematica. Prima di raccontarle bisogna contarle….
Perchè?
Barilla usa da qualche anno solo semola italiana per i prodotti venduti in Italia, ma moltissime altre marche usano percentuali variabili di grano importato.
Propaganda, propaganda…
In rete si trovano facilmente immagini in bianco e nero di inizio 1900 col porto di Napoli affollato di battelli e navi (alcune addirittura a vela) che scaricano grano straniero per i pastifici di Gragnano gia’ all’epoca famosi per il loro prodotto.
Ricordiamoci infatti che, da parecchio tempo, siamo (anche) un paese trasformatore e senza materie prime importate importanti quote di mercato andrebbero compromesse!
Altro discorso il mantenimento e, se possibile, incremento della superficie coltivata in casa nostra che qualche margine lo riserva ancora.
Saluti a tutti
Se non la facciamo noi un po’ di pubblicità ai prodotti made in Italy, chi la deve fare?