Di seguito pubblichiamo la segnalazione di un lettore sull’indicazione di origine del Parmigiano Reggiano. A seguire la risposta del Consorzio.
Buongiorno, scrivo in relazione all’acquisto di un pezzo di Parmigiano Reggiano presso il punto vendita Iper di Arese (MI) ho trovato in etichetta che il medesimo era stato prodotto dal caseificio “Colla S.p.A” sito a Cadeo (PC) via Sant’Anna 10 come si vede dalla foto. Ora, se non sbaglio l’areale di produzione del Parmigiano Reggiano come cita il sito web del consorzio omonimo è il seguente:
“il Parmigiano Reggiano nasce dal territorio e dalla sapienza dell’uomo. La produzione del latte, la trasformazione, la stagionatura minima e il confezionamento sono fatte esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno e Mantova, alla destra del fiume Po”
Dunque, essendo in presenza di una certificazione DOP il legame territorio-prodotto non può fermarsi alla sola produzione della materia prima e/o al processo di lavorazione, bensì con entrambe. Quindi volevo sapere se non fosse strano il fatto che suddetto prodotto fosse prodotto nella provincia di Piacenza e non nell’areale indicato dal Disciplinare di Produzione del formaggio medesimo.
Edoardo
La risposta del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano
La punta di Parmigiano Reggiano in questione è stata tagliata ed etichettata nel punto vendita indicato dal lettore. L’informazione riportata in etichetta, tra l’altro non obbligatoria, si riferisce alla ragione sociale e alla sede legale del fornitore del supermercato e non, si badi bene, del caseificio produttore. Quest’ultimo infatti, come giustamente riportato dal lettore, deve trovarsi nell’area di origine che comprende le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno e Mantova, alla destra del fiume Po.
Colla S.p.A è un’azienda che non solo produce formaggi, soprattutto Grana Padano, ma li commercializza anche: sia in Italia sia nel mondo.
Tra i prodotti commercializzati, e faccio riferimento al sito dell’azienda www.collaspa.it, oltre a Grana Padano e Parmigiano Reggiano, c’è anche Pecorino Romano. Ciò non significa che tutti i formaggi proposti sul sito siano di produzione propria: l’azienda si rifornisce da vari caseifici per soddisfare le richieste del mercato.
Questa azienda è stata portata come esempio ma ce ne sono diverse che operano in questo modo sul mercato dei formaggi – e dei prodotti DOP in generale.
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Scusate, ma veramente è questa la risposta del Consorzio? Non hanno aggiunto altro?
Mi stupisce perché se io compro un pezzo di formaggio dove c’è scritto “prodotto da:” io penso ragionevolmento che sia “prodotto da:”.
Quindi in base alla risposta del Consorzio, chi sarebbe il produttore?
Avvisate il caseificio (quindi non un distributore) Colla però, dato che sul proprio sito dichiara candidamente di produrre parmigiano dal 2001…
http://www.collaspa.it/it/azienda.php
Il Consorzio ha chiarito ogni dubbio. Abbiamo integrato la risposta. “Colla S.p.A è un’azienda che non solo produce formaggi, soprattutto Grana Padano, ma li commercializza anche: sia in Italia sia nel mondo.
Tra i prodotti commercializzati, e faccio riferimento al sito dell’azienda http://www.collaspa.it, oltre a Grana Padano e Parmigiano Reggiano, c’è anche Pecorino Romano. Ciò non significa che tutti i formaggi proposti sul sito siano di produzione propria: l’azienda si rifornisce da vari caseifici per soddisfare le richieste del mercato.
Questa azienda è stata portata come esempio ma ce ne sono diverse che operano in questo modo sul mercato dei formaggi – e dei prodotti DOP in generale.”
Complimenti Fabio! 🙂
….Con latte rigorosamente proveniente dalla provincia di Piacenza fin dal 1921.
Siamo ai limiti del ridicolo
Se leggete sul sito dell’azienda, Colla ha più caseifici, evidentemente uno di questi è sito all’interno dell’areale normato dalla DOP, Oppure ancora, compra la forma e la taglia e confeziona a Piacenza (basta controllare a quale stabilimento corrisponde il Bollo CE.
Il taglio delle forme infatti può avvenire anche al di fuori dell’areale di produzione, ma è condizionato al permesso rilasciato dal Consorzio di tutela.
Prodotto a Cella di RE.
Il bollo CE fa riferimento allo stabilimento di Piacenza.
Come già dicevo sopra secondo me è un discorso di trasparenza e informazione corretta del consumatore. Se mi scrivi “prodotto da:” vuol dire che lo produci tu in quello stabilimento lì che poi mi indichi con identificativo CE, non si può sbagliare. Fosse rimasta solo la ragione sociale mi sarei stupito di vedere Piacenza ma poi come dice Simone avrei pensato che è un suo consociato oppure uno stabilimento situato nelle province del consorzio.
Così è scritto male.
Matteo non è esattamente come intendi, per legge il Bollo CE indicato deve essere quello in cui avviene l’ultima trasformazione (taglio), che comporta responsabilità sanitaria, non lo stabilimento di produzione della forma.
“Prodotto da:” indica l’azienda produttrice, che può avere ovviamente più impianti produttivi, e non vedo dove manchi trasparenza, anzi.
Solo nel caso in cui l’azienda non producesse la forma sarebbe fuorviante, poichè avrebbe solo porzionato, ma non è questo il caso.
L’esercizio del Diritto alimentare è una professione, lecito che chi è esperto in altri campi possa non cogliere le differenze, ma facciamo attenzione a non rendere soggettivo e quindi scendere nel campo delle opinioni, qualcosa che è già chiarito dalla normativa.
Premetto che non considererei il taglio come una fase di trasformazione del prodotto tale da ritenere il laboratorio di taglio un’azienda con responsabilità sanitaria (ma su questo mi impegno a rileggere i regolamenti CE, promesso).
Non voglio rendere soggettivo quello che in realtà la normativa cerca di perseguire e cioè l’informazione corretta al consumatore: la dicitura PRODOTTO DA è inequivocabile quindi per me Colla è il produttore. E fin qui ci siamo. Se mi indichi lo stabilimento di PRODUZIONE del prodotto in questione allora io inequivocabilmente capisco che l’hai prodotto a Piacenza. Non mi sembra tanto soggettivo.
Comunque come avrai letto sopra io ritengo (soggettivamente) che l’etichetta sia scritta male, mettendo informazioni non obbligatorie fuorvianti che potevano appunto omettere.
Come dicevo, non è questione di cosa consideriamo, ma di cosa prevede il “pacchetto igiene” principalmente nei regolamenti 178/02, 852/04 e 853/04. A livello di ingrosso, anche la sola attività di deposito refrigerato se si tratta di prodotti di origine animale, necessita del riconoscimento CE. Ne consegue che qualsiasi attività di manipolazione dei prodotti è considerata una trasformazione e il frazionamento è una di queste. Ed è anche logico, la scarsa igiene di una sala taglio, un ciclo di sanificazione errato possono portare alla contaminazione di una forma, che non è più sotto il controllo del caseificio, da questo la responsabilità sanitaria del nuovo OSA.
Informazione al consumatore e tracciabilità sanitaria non sono la stessa cosa, sono normati da regolamenti diversi e hanno scopi diversi, il fatto che abbiano tematiche e sfruttino elementi in comune possono confondere.
In questa etichetta non ci sono informazioni su base volontaria, ma solo quelle di carattere cogente.
Non mi trovi d’accordo. L’etichetta in foto è una etichetta di un preincartato in punto vendita quindi le informazioni riguardo il bollo CE sono volontarie (altrimenti ci sarebbe anche l’errore di aver omesso l’ovale).
A parte questo sono d’accordo sugli aspetti igienici di un laboratorio di taglio, ma definirla una trasformazione mi sembra (opinione mia) un po’ eccessivo.
A questo punto apro un laboratorio di taglio con bollo CE a Palermo e mi proclamo produttore di Parmigiano Reggiano. In questo caso secondo te il consumatore è correttamente informato?
Alla domanda del signor Matteo Galasso silenzio tombale. Fine delle trasmissioni.
Alle strette tutti hanno smesso l’arrampicata sugli specchi. Se taglio pizzoccheri a Licata…
Speriamo che la discussione si riaccenda perché sono argomenti a mio avviso interessanti e talmente vasti da lasciare, purtroppo, spazio infinito alle interpretazioni..
Partiamo dal fatto che stiamo parlando di un alimento non preimballato ovvero imballato nel negozio per la vendita diretta. Le norme che regolano le informazioni da fornire al consumatore finale sono il Reg. (UE) 1169/2011 e il D.Lgs. 231/2017.
Il Reg. (UE) 1169/2011 prevede che gli alimenti preimballati riportino le informazioni da fornire al consumato finale, apposte su etichette o imballaggi e sono quelle previste dall’art. 9: a) la denominazione dell’alimento; b) l’elenco degli ingredienti; c) gli allergeni o le sostanze che provochino intolleranze; e) la quantità netta dell’alimento; f) il termine minimo di conservazione o la data di scadenza; g) le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego; h) il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare responsabili delle informazioni; i) il paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto; j) le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento; k) per le bevande che contengono più di 1,2 % di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo; l) una dichiarazione nutrizionale.
Per quanto riguarda gli alimenti non preimballati, ovvero confezionati nel luogo in cui sono venduti al consumatore finale, le informazioni sono molto minori e sono indicare all’art. 19 del D.Lgs. 231/2017 e prevede che siano riportati, anche su un cartello apposto in prossimità dello scomparto in cui sono venduti i prodotti e si compone di: a) la denominazione dell’alimento; b) l’elenco degli ingredienti salvo i casi di esenzione disposti dal regolamento. Nell’elenco ingredienti devono figurare le indicazioni delle sostanze o prodotti di cui all’Allegato II del regolamento, (allergeni); c) le modalità di conservazione per i prodotti alimentari rapidamente deperibili, ove necessario; d) la data di scadenza per le paste fresche e le paste fresche con ripieno di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187; e) il titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande con contenuto alcolico superiore a 1,2 per cento in volume; f) la percentuale di glassatura, considerata tara, per i prodotti congelati glassati; g) la designazione «decongelato» se del caso.
Il negozio IPER che ha confezionato il prodotto ha voluto inserire informazioni non richieste (produttore e confezionatore) ma soprattutto fuorvianti, ha correttamente evidenziato gli allergeni (LATTE), e indicato le modalità di conservazione del prodotto (in frigorifero). L’indicazione del “bollo CE” del produttore non è obbligatorio riprodurlo con l’ovale soprattutto in questo dove non era da indicare.
Relativamente la tracciabilità in questo caso non è richiesta come invece è obbligatoria per le carni bovine sia confezionate che sfuse.
Per rispondere a Simone la di trasformazione è definita nel Reg. (CE) 852/2004 all’art. 2 lettera o) «prodotti trasformati»: prodotti alimentari ottenuti dalla trasformazione di prodotti non trasformati. Tali prodotti possono contenere ingredienti necessari alla loro lavorazione o per conferire loro caratteristiche specifiche.
I prodotti non trasformati sono: n) «prodotti non trasformati»: prodotti alimentari non sottoposti a trattamento, compresi prodotti che siano stati divisi, separati, sezionati,affettati, disossati, tritati, scuoiati, frantumati, tagliati, puliti, rifilati, decorticati, macinati, refrigerati, congelati, surgelati o scongelati;
Ne consegue che il taglio e il confezionamento non è una trasformazione ma eventualmente un riconfezionamento, che necessita anch’esso di riconoscimento e nel caso dei prodotti DOP come il PR deve essere fatto all’interno dei confini del territorio previsti dal disciplinare.
Roberto, complimenti per la competenza! Ma qui rimane un problema molto semplice: la trasparenza e correttezza verso il cliente/consumatore. E l’etichetta con scritto “prodotta da” in provincia di PC é sbagliata e fuorviante.
questo vuol dire che l’ etichetta cos’ì com’ è NON SERVE A NIENTE. Deve comparire dove e da chi è stato prodotto il formaggio e non da chi è stato confezionato
Vedi gente che continua ad arrampicarsi sugli specchi. Ed io continuo a ribadire il concetto del consumatore medio. Se io taglio il Parmigiano Reggiano a Katmandu poi posso scrivere prodotto a Katmandu ? Vedo lettere di risposta che sono romanzi. Ma di fantascienza. E come nella migliore delle storie di fantascienza nessuno conosce un finale logico. Ma inventa.
Basterebbe dire non sarà di legge ma è sbagliatissimo.
La dicitura “prodotto da” non è corretta. In questo caso deve essere sostituita con “confezionato da”, ma è molto più grave il fatto che l’ informazione, per quanto errata, non è obbligatoria.
Concordo.
Soprattutto perché lo stesso consorzio, che DOVREBBE avere tutto l’interesse a tutelare il marchio, sta esattamente facendo l’opposto.
Mi spiego: il consorzio dice che la Colla S.p.A. ha più stabilimenti. Fin qui, ok. Ma il Parmigiano Reggiano può essere prodotto solo in determinate aree. Anche qui “quasi” ok. Quindi, se la Colla avesse uno stabilimento pure in Cina, potrebbe asserire di produrre cibo cinese DOP a Piacenza?! Od il Parmigiano prodotto là potrebbe essere considerato DOP poiché ha uno stabilimento qui?!?
Assurdità!
Semplicemente non sono risposte neppure da pensare!
Non mi meraviglio , quando accadono questi fatti , addirittura adesso vi sono 2 formaggi parmigiano reggiano , quello dell’area citata dal consumatore e quella parmigiana reggina della montagna, inoltre chissà se il latte per produrre il parmigiano reggiano e’ tutto latte dell’area del consorzio , io abito in provincia di Mantova molto vicino alla zona di produzione e si vedono tante autobotti che trasportano latte che passano dalla zona di produzione del padano alla zona del parmigiano reggiano chissa’ cosa ci raccontano ?
Buongiorno a tutti, l’errore è stato commesso da chi ha impostato l’etichetta nel punto vendita. La dicitura “prodotto da…” quando in realtà si trattava esclusivamente di commercializzazione di prodotti ottenuti altrove, per mia conoscenza diretta è stata contestata in alcuni casi dalle autorità competenti e ha originato sanzioni. Molto probabilmente gli addetti del punto vendita ricevono il prodotto da uno stabilimento della ditta Colla con quel bollo CE e non sono nemmeno a conoscenza che la ditta Colla abbia più bolli CE, per stabilimenti all’interno e all’esterno dell’areale di produzione del Parmigiano. Roberto ha riportato correttamente l’elenco di informazioni obbligatorie previste dalla normativa, non c’è molto altro da aggiungere se non che gli addetti dei punti vendita molto spesso non hanno né la competenza né le informazioni per interpretare correttamente i dati per tutti i prodotti che maneggiano.