Il Nutri-Score conquista anche i Paesi Bassi, che diventano così il sesto paese ad adottare ufficialmente il logo nutrizionale francese. Lo ha annunciato il Segretario di stato alla Salute, Paul Blockhuis, lo scorso 28 novembre, spiegando che l’etichetta a semaforo arriverà sugli scaffali nell’estate del 2021, dopo aver adattato il sistema di calcolo del Nutri-Score alle linee guida dietetiche olandesi ‘Schijf van Vijf’. Il logo nutrizionale diventato ufficiale in Francia nell’ottobre 2017, si è diffuso velocemente anche in Spagna, Belgio, Svizzera, Germania e ora anche nei Paesi Bassi.
Il governo olandese doveva scegliere tra tre loghi nutrizionali: il Keyhole (diffuso tra i paesi del Nord Europa, che segnala i prodotti più salutari), le etichette a semaforo britanniche e il Nutri-Score francese. “Grandi notizie! – scrive entusiasticamente Blockhuis su Twitter, annunciando l’adozione ufficiale del logo francese – Nutri-Score sarà il nuovo logo di scelta alimentare dei Paesi Bassi dopo l’adattamento. Prima che i produttori olandesi possano utilizzarlo, il logo deve essere allineato meglio con i nostri consigli dietetici. In questo modo rendiamo più semplice le scelte salutari!”.
Nonostante alcune critiche giunte dai nutrizionisti, perché, appunto, il sistema così com’è non è allineato con le linee guida olandesi, la decisione è stata accolta con entusiasmo dalle associazioni dei consumatori, come Consumenten bond, che fin dal 2018 ha condotto una campagna nazionale per l’adozione del Nutri-Score nei Paesi Bassi. Un’indagine condotta dalla stessa associazione tra oltre mille cittadini aveva dimostrato che l’etichetta francese aveva già convinto i consumatori: il 76% dei partecipanti riteneva positiva la presenza sulle confezioni e solo il 5% l’aveva considerato negativo.
Il Nutri-Score è un logo a cinque colori e cinque lettere – dalla A verde alla E rossa – da aggiungere alle confezioni, nella parte frontale (infatti fa parte della categoria “etichettatura fronte-pacco”). Ad ogni prodotto viene assegnato un colore (e la lettera corrispondente) a ogni prodotto in base al contenuto di zuccheri, grassi saturi, sale e calorie (da limitare) e di fibre, frutta, frutta secca e verdura, e proteine (positivi).
L’Italia in controtendenza rispetto all’Europa è fortemente contraria al Nutri-Score. Le istituzioni italiane sostengono una proposta alternativa: la cosiddetta etichetta a batteria, che prevede l’indicazione – senza l’uso di colori – della percentuale di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale rispetto alla quantità giornaliera raccomandata e relativa a una singola porzione (stabilita dai singoli produttori). Si tratta di un sistema meno immediato e molto più complicato. Eppure, secondo uno studio della Luiss (ancora non disponibile), sarebbe quello preferito dagli italiani…
Il Fatto Alimentare è da sempre a favore delle etichette a semaforo e sostiene l’iniziativa dei cittadini europei Pro Nutri-Score. Invitiamo tutti i nostri lettori a firmare la petizione.
Per aderire clicca qui
Fonte immagine: Twitter @PaulBlockhuis
© Riproduzione riservata
[sostieni]
Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Il fatto che il Nutri-score debba essere “personalizzato” da ogni singolo paese per renderlo operativo alle proprie linee guida nutrizionali dimostra che non è un sistema universale.
E’ fatto solo per le multinazionali che possono proporci cibi elaborati che sostituiscono i costituenti naturali con quelli sintetici.
Una diet coke o la famigerata Red Bull possono essere classificate con la lettera A ma restano sempre bevande spazzatura.
Anni di scienze della nutrizione, di miglioramenti della genetica delle colture vegetali e di prodotti animali, che hanno migliorato la qualità dei nutrienti (si pensi al profilo amminoacidico, all’incremento di omega-3), buttati via in nome di cosa.
Fanno bene le nostre istituzioni ad opporsi prima che la dieta mediterranea venga spazzata via allo stesso modo come poco salutare!
Coca Cola B…? veramente? Spero stiate scherzando
Coca cola è rossa, arancione gialle e verde , dipende dalla formula. Ma il concetto da capire è che l’etichetta a semaforo serve a confrontare prodotti omogenei. È pretestuoso e strumentale dire semplicemente che la Coca Cola zero ha un semaforo verde. Va detto che la Coca cola nelle varie formule ha giudizi diversi, e che quella con semaforo di colore giallo o verde è da preferire alle altre. Non che sia da consigliare
L’ho già detto, preferisco una bevanda contenente sano zucchero, anche se con semaforo rosso, piuttosto che una bevanda con edulcoranti non calorici a semaforo verde.
Il problema é un altro, il semaforo é disinformativo, non é sufficiente una luce verde gialla o rossa per determinare se un prodotto sia buono per la salute oppure no; ci vuole una educazione alimentare e il non abuso. Se abbiamo le patatine fritte surgelate con etichetta A perche le patate in se non fanno male, ed un olio di oliva che ha etichetta D o E (o anche il prosciutto di Prma) non ci siamo perché le persone inizieranno ad acquistare solo etichette verdi e si riempiranno di schifezze. Molto meglio pensare di fare educazione alimentare a partire dalle famiglie quando sono in attesa dei figli e nelle scuole.
Ma in Italia chi fa educazione alimentare? Il ministero della Salute, il Crea, il Cnsa, l’ISS? Si fa fatica a trovare qualche iniziativa.
Che ci sia una bevanda dolcificata in A o B verde lo considero un problema grave , lo strumento nutriscore può essere utile e incisivo ma allora bisogna andare a vedere dentro le commissioni che danno i punteggi , c’è qualcosa che non quadra se si rendono equivalenti acqua e bevande piene di additivi dove bisogna stare attenti alle minime percentuali di sostanze sintetiche.
Ma in fondo c’era da aspettarselo , nessun passo avanti all’orizzonte , le solite cose..
L’unica bevanda che può ricevere la A verde è l’acqua. Quindi l’acqua è considerata la bevanda migliore in assoluto dal Nutri-Score, e non equivalente alle bibite dolcificate.
Va bene , d’accordo riconosciamo pure la differenza tra verde chiaro e verde scuro , non conosco le definizioni che accompagnano i colori/lettere , se posso immaginare che la A indichi un possibile consumo senza limitazioni il B a cosa corrisponde? Se mi dite “peggio di A ma meglio di C” possiamo essere ancora d’accordo ma la quantità massima consentita (perchè nel caso sopracitato ci dovrebbe essere) non c’è scritta da nessuna parte e da qui discende che questo risulta uno strumento ,che dovrebbe aiutare i consumatori ma incompleto e da integrare con qualcosa d’altro.
Bellissimo il commento di Gianni: “Va bene , d’accordo riconosciamo pure la differenza tra verde chiaro e verde scuro , non conosco le definizioni che accompagnano i colori/lettere , se posso immaginare che la A indichi un possibile consumo senza limitazioni il B a cosa corrisponde?” che CONFERMA un dato di fatto:
la completa non conoscenza, da parte di chi, pur con grande merito per il desiderio di “semplificare e rendere immediate le informazioni alimentari” del primo principio della tossicologia moderna: 1) Tutte le sostanze sono VELENOSE solo la DOSE rende una cosa NON velenosa. Che altro indicano altrimenti le indicazioni nutrizionali del Ministero della Salute quando dicono di evitare gli eccessi (e li quantifica con i LARN)
Il grande limite del sistema Francese è che cosidera la rappresentazione grafica (colore) rispetto a 100 g di prodotto. Questo, se da un lato identifica rapidamente gli alimenti che sarebbero “meno salutari!” dall’altro ha il grosso limite di non far riferimento alla PORZIONE: 100 g di olio di arachide ha un bel B verde (non considerando che l’arachide ha un rapporto omega6/omega3 completamente “sballato (per un maschio fra 30-59 anni il rapporto indicato, in una dieta sana, è circa 4.8, per l’arachide può oscillare fra i 40 ed i 140). 100 g di Parmigiano Reggiano ha un D (arancio), variabile a seconda dei dati di composizione. L’arachide è allora “più salutare” per 100 g ?. Ma chi li mangia 100 g di olio e chi mangia 100 g di Parmigiano? Il grande limite di un sistema che peraltro ha delle lodevolissime intenzioni è proprio qui! Come dice la dr.ssa Crepaldi nell’articolo: “…e la lettera corrispondente) a ogni prodotto in base al contenuto di zuccheri, grassi saturi, sale e calorie (da limitare) e di fibre, frutta, frutta secca e verdura, e proteine (positivi)”. Quello che manca al sistema è proprio l’indicazione dell’adeguatezza delle COMBINAZIONI ALIMENTARI e questo a causa di una intrinseca limitatezza del sistema di analisi. In definitiva è lodevole l’intenzione ed è un po’ meno lodevole il risultato rispetto ad altri sistemi (vedi Indice di Qualità Nutrizionale ed anche l’attuale sistema di etichettatura adottato in Europa che sono molto più utili ed informativi pur non avendo la medesima “immediatezza”). Quello che intendo dire è che la nutrizione ha bisogno di un grande lavoro di educazione e questo sistema a mio giudizio è troppo semplificato e fuorviante.
In risposta a La Pira sul commento di Paola A. Guerrini.
Ok La Pira, se lo Stato non risponde non è che da privati vi mettete a fare campagna voi e per di più la fate in senso contrario al bene comune, diciamo pure all’interesse nazionale. In questo non siete diversi da Coldiretti a cui imputiamo di nascondere parte della verità o di dirci solo la sua.
Perché il Nutriscore è profondamente ingiusto quando compara un prodotto con un altro con riferimento ai 100 grammi.
Perché sappiamo tutti che nessuno consuma porzioni da 100 g di olio evo, grana, prosciutto o salame in una volta sola ma le porzioni sono molto più basse e in linea con i principi della dieta mediterranea, spesso consumati insieme con altri alimenti.
E’ come la campagna contro l’olio di palma: sacrosanto il principio legato alla deforestazione, peccato che il messaggio che è passato è che l’olio facesse male. Ebbene non fa più tanto male di altri grassi ma dal punto di vista industriale ha la sua valenza. Ed è come la campagna sulla cancerogenesi della carne: quando fu anticipato il rapporto dello IARC, titoloni a tutta pagina che la carne fa male (.. e vai con le varie commissioni EAT Lancet a proporre una improponibile dieta solo vegana) ma quando nel 2018 è stato pubblicato il rapporto, nessuno ha detto nulla sul fatto che fosse vuoto di contenuti, con pochi studi basati sull’epidemiologico e non sul clinico.
Insomma forse il sistema italiano e tedesco di usare le percentuali sarebbe stato più corretto e più universale che non il sistema a semaforo o Nutriscore, che tra l’altro come anticipai non può essere ritenuto omogeneo se ogni paese deve dettare le proprie linee guida.
Cordialmente.