Negli ultimi anni le aziende stanno migliorando i propri packaging per ridurre l’impatto ambientale dei loro prodotti. In particolare, nel banco frigo, si trovano diversi yogurt, dessert e budini, che hanno il consueto vasetto di plastica ricoperto di cartone. Un lettore ha dei dubbi sulla sostenibilità di questa scelta. Pubblichiamo la lettera con la risposta dell’azienda Mila.
Scrivo per avere una vostra opinione in merito a una stranezza che ho osservato tra i diversi tipi di packaging sostenibile di alcuni prodotti. Acquistando al supermercato ad esempio yogurt di diverse marche, ho notato nel corso dell’ultimo anno la tendenza da parte dei produttori di dare un apparente tocco “green”, di “sostenibilità ambientale” alle proprie confezioni. Mi spiego meglio. Le confezioni non sono altro che i barattoli standard in plastica a cui viene aggiunto del cartoncino come copertura e stampigliato con l’etichetta, il marchio e tutte le informazioni necessarie.
Un esempio è il brand Skyr di Mila. Innegabilmente questa mossa dà l’impressione che si stia acquistando un barattolo sostenibile, verosimilmente di carta. Ora, capisco la necessità del marketing di cavalcare la moda “Greta” dello scorso anno, ma a mio parere queste soluzioni di sostenibile hanno ben poco: laddove prima avevo un solo scarto da smaltire (barattolo) ora mi trovo a smaltirne due (barattolo + cartoncino). Non mi sembra una grande trovata. Però vorrei sentire la vostra opinione, magari avete qualche informazione in più in merito. Grazie, Walter
Di seguito la risposta dell’azienda
Mila è stata una delle prime aziende lattiero-casearie a introdurre il cosiddetto vasetto a tre componenti (K3) per lo yogurt e lo skyr, così chiamato perché composto appunto da tre materiali – cartone, plastica e alluminio – che possono essere smaltiti in maniera differenziata. L’utilizzo del cartoncino, oltre ad essere prodotto al 100% con carta riciclata assicura stabilità alla confezione e permette di impiegare meno plastica rispetto al vasetto classico. La plastica PP del vasetto e il cartone della confezione sono riciclabili al cento per cento.
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In pratica hanno confermato che è solo una scelta di marketing… green washing as usual…
Può anche sembrare un tocco “green”, ma la risposta dell’azienda è tecnicamente corretta,
Si è passati da 2 materiali (100 %riciclabili) a 3 materiali ( sempre 100%riciclabili), però con l’impiego di meno plastica nel vasetto, in quanto è proprio la carta che dà struttura al vasetto.
L’impiego di meno plastica non è quindi una scelta di marketing.
Però ha senso eliminare magari pochi grammi di plastica per inserire il cartoncino che comunque è abbastanza spesso?
Ha sempre senso quando – come in questo caso – si utilizza meno plastica.
Il cartone serve ad irrobustire il vasetto che, essendo costituito di plastica più sottile, si danneggerebbe più facilmente.
Alla fine il consumatore deve soltanto “farsi carico” di separare i tre componenti (alluminio del coperchio, plastica e cartone del rivestimento esterno) e smaltirli separatamente: uno sforzo davvero minimo per il bene dell’ambiente.
Dunque non si tratta, in questo caso, di una scelta di marketing (in cui spesso l’apparenza non corrisponde alla sostanza) ma di una scelta volta a ridurre davvero la quantità di plastica impiegata nella produzione dei vasetti dello yogurt.
Tutto visto. Però chi scrive la “contestazione” è sicuramente una persona modaiola. Non Greta. Ma sentilo ! La moda Greta. Ma come si permette ?
Hai capito tutto
Ci arriveremo ad eliminare sti barattoli e a vendere sfuso…
A mio parere invece l’azienda ha ragione, l’ impiego di carta riciclata permette un minor impiego di plastica, infatti è molto sottile ; logicamente sarebbe ancora meglio impiegare il vetro, più facilmente riciclabile, ma richiede maggiore attenzione
Se preparate lo yogurt fatto in casa, il problema non si pone.
Non sono affatto convinto che usare tre materiali invece di due sia alla fine una scelta pagante dal punto di vista del riciclo, perché richiede di avere immediatamente sotto mano tre differenti contenitori (che invece normalmente sono situati in ambienti diversi, sia per motivi di spazio che di praticità).
In ogni caso l’importante è che siano FACILI DA SEPARARE e chiaramente identificabili, o fatalmente finiranno nell’indifferenziato o peggio nel contenitore sbagliato (vasetto bicomponente nella plastica così com’è).
Perché con buona pace degli idealisti il consumatore quadratico medio va di fretta, ha altro per la testa, e se si trova per le mani qualcosa di complicato da separare, come ad esempio succede col dannato blister rigido saldato a caldo che imprigiona il cartoncino, si dice machediavolo… e butta nel secchio.
E lo stesso vale per i materiali non immediatamente identificabili, domandatevi quanto cellophane (privo di qualunque scritta, icona o sigla indicazione la composizione o il modo di smaltimento) vada a finire nella plastica perché alla vista SEMBRA plastica e il 99% dei consumatori neppure sospetta che sia un prodotto completamente differente.