Con le loro politiche, le catene di supermercati e discount sono in grado di tenere bassi – o addirittura bassissimi – i prezzi del cibo, alimentando pratiche di sfruttamento dei lavoratori. Lo dimostrano il caso delle 20 milioni di bottiglie di passata di pomodoro acquistate da Eurospin sottocosto, grazie a un’asta al doppio ribasso. Allo stesso modo, il discount si era aggiudicata anche 10 mila quintali di pecorino romano, proprio mentre i pastori sardi protestavano per i prezzi troppo bassi del latte. Per evitare che vicende come queste continuino a ripetersi Oxfam Italia lancia un petizione che chiede – anzi pretende – un giusto prezzo per cibi e bevande e il rispetto dei diritti dei lavoratori delle filiere.
La campagna per i diritti dei lavoratori agricoli
Il 73,5% del cibo consumato in Italia è venduto dalle grandi catene di supermercati. Per questo, l’organizzazione non profit chiede a Coop, Conad, Eurospin, Esselunga e Gruppo Selex – le prime cinque insegne italiane, che insieme controllano il 50% del mercato della grande distribuzione – “di assumersi la responsabilità della tutela dei diritti umani nelle proprie filiere a partire da una valutazione di impatto delle proprie politiche” ed eliminare lo sfruttamento dei lavoratori nel settore agroalimentare.
Nel nostro Paese, un lavoratore agricolo su due è irregolare e molto spesso migrante, e la maggior parte di essi riceve paghe bassissime: per la raccolta dei pomodori, per esempio, si parla di cifre intorno ai 3-4 € per cassone da 300 kg. E le donne, solitamente, ricevono una retribuzione del 30% più bassa rispetto agli uomini.
La pagella dei supermercati
Oxfam Italia ha analizzato le pratiche di approvvigionamento dei cinque supermercati per creare una “pagella” del rispetto dei diritti umani. Nello studio sono state prese in considerazione le politiche di trasparenza, i diritti dei piccoli produttori, quelli dei lavoratori agricoli e delle donne delle insegne, ma soltanto Coop ha scelto di collaborare attivamente con l’organizzazione.
Ed è proprio Coop ad aggiudicarsi il voto migliore in pagella (27%), dimostrando una discreta attenzione per i diritti dei lavoratori (42%) e dei braccianti agricoli (27%), e per la trasparenza (33%). Una certa attenzione per i lavoratori delle piccole aziende è dimostrata anche da Conad ed Esselunga, rispettivamente seconda e terza in classifica. Male Selex ed Eurospin, entrambe a punteggio zero in tutte le categorie, e i diritti delle donne, nei confronti dei quali nessuna insegna ha mostrato attenzione.
Per chiedere ai supermercati un impegno concreto per tutelate i diritti e fermare lo sfruttamento dei lavoratori nella filiera agroalimentare attraverso prezzi più equi, clicca qui per firmare la petizione #algiustoprezzo di Oxfam.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Per quanto riguarda la trasparenza io tengo presente anche le modalità di contatto con la catena ovvero ci sono supermercati che con un click dal sito sei già in contatto, altri che ti chiedono la registrazione per potergli scrivere. A parte dover fornire una serie di dati personali inutili per una semplice richiesta, è un sistema che porta via tempo e scoraggia. Ed avendo provato in prima persona a scrivere a diversi supermercati, ecco che quelli con le modalità più farraginose sono gli stessi che poi forniscono risposte fumose, a conferma che la disponibilità a dialogare con il consumatore è solo un’operazione di facciata.
Mah, come si fa a definire quale sia “il giusto prezzo” di un prodotto? I supermercati fanno un mestiere diverso, mica producono. Poi, ammettiamo che ciò sia possibile. Il giusto prezzo di “x” è 10 euro. Bene. Il concorrente lo compra ad 8, tu lo compreresti a 10, ma non lo vendi… Quindi alla fine nemmeno lo comprerai.
Queste sono proposte molto “accattivanti” dal punto di vista della risonanza mediatica e per i consumatori, ma di difficile applicazione.
Oltretutto scusate ma il controllo delle condizioni dei lavoratori sarebbe un compito delle istituzioni, secondo me.
Comunque, siamo nel solito campo delle questioni che richiedono “la sensibilizzazione”. Quando un consumatore, nello scegliere un prodotto, decide di spendere di più, lo fa perché esprime una scelta “etica” derivante da conoscenza, informazione ecc. Ma se ci fate caso, ormai siamo “bombardati” da sensibilizzazione. E’ un continuo, ormai è un lavoro. Poi però le cose vanno anche continuate nel tempo, una cosa che oggi è in un modo domani è in un altro. Non è per niente facile. Per non parlare del problema del potere d’acquisto: sappiamo quanta gente non ce la fa nemmeno a mangiare, in fondo a loro prodotti a prezzo basso fa proprio comodo.