L’origine della pasta rimarrà in etichetta: l’annuncio delle aziende di Unione Italiana Food. Il 1° aprile in vigore la nuova norma UE
L’origine della pasta rimarrà in etichetta: l’annuncio delle aziende di Unione Italiana Food. Il 1° aprile in vigore la nuova norma UE
Giulia Crepaldi 29 Febbraio 2020Addio all’indicazione sull’origine del grano della pasta? Non necessariamente. Il 1° aprile, entrerà in vigore il l’articolo 26 del regolamento europeo 1169/2011 sull’indicazione in etichetta dell’origine degli ingredienti dei prodotti alimentari. La norma spazzerà via i recenti decreti approvati dall’Italia che obbligano i produttori a riportare sulla confezione di pasta, riso, pomodoro e latte l’origine della materia prima. I pastifici aderenti a Unione Italiana Food hanno annunciato che continueranno ad indicare in modo volontario la provenienza del grano sulle confezioni di spaghetti & co. Tra di essi spiccano nomi come Barilla, Agnesi, Maffei, Divella, La Molisana, Garofalo e Felicetti. In verità anche altre aziende produttrici di pasta hanno deciso di continuare a riportare le indicazione sull’origine.
“Gli italiani, così come fatto finora, continueranno a trovare nelle confezioni le informazioni sull’origine della materia prima. A prescindere da qualunque quadro normativo in materia, non cambierà la nostra trasparenza nel far sapere al consumatore da dove arriva il grano utilizzato per fare la pasta”. – dichiara in un comunicato Riccardo Felicetti, presidente dei Pastai italiani di Unione Italiana Food, che aggiunge – Non bisogna confondere l’origine con la qualità o con la sicurezza del prodotto. La sicurezza è garantita da stringenti normative comunitarie e da un rigido sistema di controlli nazionali.”
Il regolamento che entrerà presto in vigore stabilisce l’obbligo di indicare la provenienza dell’ingrediente primario, solo quando non coincide con l’origine del prodotto o con il paese di ultima trasformazione, e solo quando questi vengono dichiarati. Questo vuol dire che la pasta italiana, preparata in buona parte con miscele di grano italiano e di grano di ottima qualità importato da paesi come Stati Uniti, Francia e Canada dal mese di aprile non dovrebbe più dichiarare l’origine della materia prima in etichetta come accade adesso.
L’obbligo scatta anche quando la provenienza è solo suggerita da nomi o simboli. La regola, però, non vale se a suggerire l’origine è un marchio registrato, una deroga che, di fatto, legittimerà qualsiasi operazione di “Italian sounding”, ma anche di “French sounding”, “Spanish sounding” e così via.
Un’altra deroga è stata concessa ai prodotti Dop, Igp e Stg, che hanno già una designazione geografica riconosciuta. Tuttavia ciò dà origine al paradosso per cui, nel caso degli Igp, avremo meno informazioni rispetto agli alimenti senza indicazioni geografiche. Di conseguenza, non troveremo in etichetta l’origine quasi sempre sudamericana della carne usata per produrre la Bresaola della Valtellina Igp.
Ad aprile, quindi, decadranno i decreti italiani che avevano imposto alle imprese di indicare in etichetta l’origine di latte e latticini, pasta, riso e derivati del pomodoro. Norme che, ad eccezione di quella sul latte, erano state adottate in maniera illegittima dal governo italiano, perché non erano state notificate preventivamente alla Commissione europea.
Nonostante l’illegittimità di alcuni decreti, i consumatori italiani si sono abituati a trovare in etichetta la provenienza della materia prima usata per tutti questi prodotti. Chissà se anche i produttori di riso, derivati del pomodoro e latticini seguiranno l’esempio dei Pastai italiani in favore della trasparenza.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Non capisco il senso di togliere un obbligo molto importante. Io comprerò solo pasta o riso in cui sarà specificata la provenienza.