Il mensile Il Salvagente pubblicherà il 26 maggio un test su 20 campioni di olio extravergine di oliva (il terzo condotto in otto anni) da cui emerge che più della metà deve essere declassato a semplice olio vergine. Sia chiaro, non ci sono problemi per la salute, perché si tratta di un prodotto di minor valore commerciale che all’assaggio presenta qualche difetto. I campioni comprendono 13 bottiglie firmate da grandi aziende, quattro con il marchio del supermercato e tre con quello dei discount. Tutti gli oli avevano un termine minimo di conservazione omogeneo e non erano in promozione. La prova di degustazione per valutare la presenza di difetti è stata effettuata da due panel ufficiali dell’Agenzia delle Dogane che nel corso di prove separate hanno confermato i giudizi. Il test purtroppo non arriva a conclusioni tranquillizzanti.
Il commento di Alberto Grimelli
“Siamo di fronte a risultati in linea con quanto viene rilevato dai test che da anni vengono condotti da altre riviste come Altroconsumo in Italia, Öko-Test in Germania e Que Choisir in Francia – precisa Alberto Grimelli, direttore del sito Teatro naturale e noto esperto del settore. – Non bisogna quindi meravigliarsi, gli addetti ai lavori conoscono perfettamente la situazione. La prova organolettica è un punto molto critico che per legge un extravergine deve superare. Si tratta di un test necessario perché l’olio non deve avere difetti e le analisi chimiche non evidenziano certo un lieve sapore di rancido, il gusto di riscaldo, di mosca o di muffa…”
“La presenza di tanti campioni difettosi evidenziati nel test de Il Salvagente – continua Grimelli – è dovuta alla scelta dei produttori che, per ridurre i costi miscelano olio vergine (materia prima che per definizione ha qualche criticità nel sapore) all’olio extravergine. Alla fine i parametri chimici vengono rispettati, ma la stessa cosa cosa non avviene per gli aspetti organolettici. I problemi di sapore si evidenziano a distanza di 2-3 mesi dal confezionamento quando l’olio acquisisce un sapore non proprio eccellente. Per questo motivo, quando le bottiglie di olio extra vergine sono sottoposte alla prova organolettica da parte di assaggiatori professionisti, vengono inevitabilmente declassate a vergine. Tutto ciò accade perché le grandi marche cercano in questi mesi di proporre in promozione un prezzo di vendita inferiore a 5,99 €/l”.
Far quadrare i conti dell’extravergine
Far quadrare i conti è però difficile. I calcoli sono presto fatti. All’ingrosso un litro di extravergine spagnolo costa 5,30-5,40 €, a questa cifra occorre aggiungere il trasporto, i costi di produzione e confezionamento, la distribuzione e i margini del supermercato. Considerando i vari passaggi, arrivare sullo scaffale in promozione a meno di 6 € è un’impresa complicata. Per riuscirci si aumenta la percentuale di olio vergine che costa meno. C’è quindi il rischio che l’olio etichettato come extravergine sia in regola con le caratteristiche chimico-fisiche previste dalla legge, ma abbia un difetto nel sapore e quindi nella prova di assaggio condotta da parte di un panel di professionisti venga declassato a vergine.
Test disastrosi sull’extravergine
Questa situazione si registra da anni nei vari test condotti dalle riviste. Alcune aziende di fronte a questi risultati contestano il test ma, il più delle volte, si tratta di una difesa d’ufficio. D’altra parte le quotazioni all’ingrosso indicano negli ultimi 12 mesi un raddoppio dei listini dell’extravergine da 3,0 a 5,7 €/litro e quindi viene spontaneo farsi delle domande quando si trovano bottiglie in offerta a meno di 6 €/l. C’è però da restare sbigottiti di fronte a supermercati che offrono un litro di olio Costa d’Oro a 4,49 €/l (sconto applicato: 50%). D’altro canto è pur vero che i prezzi scontati sono la strategia di marketing preferita dai grandi marchi, visto che il 60-70% delle vendite viene fatto quando l’olio extravergine è in offerta a prezzi stracciati.
Le colpe dei supermercati
“Sia chiaro, – precisa Grimelli, – la colpa è anche dei supermercati che vogliono arrivare sugli scaffali con prezzi in promozione inferiori ai 6 euro. La maggior parte dei produttori si adegua, e crea miscele fragili che poi non superano la prova di assaggio. I test non fanno altro che rilevare la situazione”. Il dato poco tranquillizzante è che i listini all’ingrosso continuano a crescere e che le previsioni di raccolto in Spagna sono critiche per via della siccità. Il continuo riferimento alla Spagna è doveroso, perché stiamo parlando del primo produttore mondiale di olio. Pochi sanno che il 70-80% delle bottiglie vendute come miscele di olio extravergine comunitario contiene materia prima proveniente dalla penisola Iberica ed è per questo motivo che Madrid stabilisce il prezzo.
Ma il consumatore si accorge che ha comprato un extravergine con difetti organolettici? “Se è abituato a utilizzare olio di primo prezzo – spiega Grimelli – il difetto può passare inosservato, se però apprezza il gusto del vero extravergine e coglie le sfumature di fruttato e gli altri aromi tipici allora si rende conto che il sapore non è proprio ottimale”. Che fare? Non esiste una sola risposta. Una cosa è certa, i prodotti in offerta sono quelli più a rischio. Fino a quando l’extravergine verrà usato come prodotto civetta nei volantini e proposto a prezzi superscontati, i produttori continueranno a creare ‘miscele‘ a rischio e quindi i prodotti in offerta sono quelli più vulnerabili. Anche i supermercati hanno un ruolo in questa vicenda perché sanno benissimo che per vendere un litro di olio a 5,99 €, il prodotto a volte può presentare delle criticità.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Ma perchè non lo chiamano Vergine? Sarebbe la soluzione corretta e consentirebbe finalmente il lancio e l’evoluzione di un nuovo prodotto a prezzo basso e utile proprio a coloro che cercano comunque un olio nettamente migliore del banale olio di oliva (olio di sansa raffinato e deodorizzato con aggiunta di un filo di olio extravergine).
Avremmo tre tipologie di prodotti a scaffale: 1) l’olio extravergine d’oliva: vero alimento d’eccellenza dal gusto deciso e particolare grazie alla qualità della frangitura e del territorio con quasi 500 cultivar diverse in Italia; 2) l’olio vergine d’oliva: buon condimento a basso prezzo di gusto medio standardizzato, per tutti quelli che cercano oli cosiddetti “delicati”, termine improprio ma molto diffuso nella testa dei consumatori; 3) l’olio di oliva: semplice condimento, da raffinazione industriale simile a tanti altri oli di semi, per coloro che non cercano alcun sapore o gusto nell’olio e/o vogliono spendere il meno possibile.
Sarebbe la soluzione migliore e l’unica veramente corretta ma serve anche un lavoro (lungo e dall’esito incerto) di spiegazione e convincimento del cliente che altrimenti snobberebbe il vergine e continuerebbe a cercare l’extra a basso prezzo…
Buona giornata a tutti
ma se l’olio risponde alle caratteristiche chimiche per la categoria extravergine, fissati dal regolamento CE, perchè uno dovrebbe declassificarlo?
solo per l’assaggio?
Per l’olio extravergine di oliva è richiesta per legge l’assenza di difetti organolettici, che possono essere valutati solo attraverso panel test
Grazie, sempre
Purtroppo questo è un problema che ci affligge da sempre. Purtroppo il panel test non permette di declassare un Evo in caso di difetti riscontrati. Mi rendo anche conto che non sarebbe facile, perché per quanto accurato non è riproducibile e standardizzabile. A livello analitico, come per l’acidità, si dovrebbero individuare dei composti che,sopra o sotto un certo livello, permettano di determinare la classificazione merceologica dell’olio. Per quanto riguarda il prezzoCon le mie olive 1 litro d’olio Evo mi costa sui 5,50 Euro … Non aggiungo altro la GDO è bella e comoda e ….comanda.
PS. Come sempre gli articoli del Fatto alimentare sono top
Io che lo compero un extra vergine monocultivar direttamente dal un produttore abruzzese lo pago 10 € al litr oe basta un cucchiaio per condire un’insalata!!!
Senza offesa, è pieno il mediterraneo di gente che pensa che il suo olio sia ottimo invece non passerebbe il panel (se non passi il panel non sei EVO, stop, è legge). Purtroppo c’è molta ignoranza sul gusto di un olio buono, sul profumo già è più facile.
Grazie per il vostro lavoro.
Ho una domanda: non dovrebbero esistere dei parametri oggettivi su cui basare la definizione in etichetta di Extravergine?
Quindi basandosi sull’assaggio seppur di esperti del settore la bottiglia con etichetta di extravergine dovrebbe essere modificata dopo circa 3 mesi dall’imbottigliamento?
Grazie
Dott.ssa Susanna Tomassetti, Ph.D.
Gentile Dott.ssa Tomassetti,
il risultato del panel test (test organolettico) è un giudizio oggettivo quando realizzato conformemente alle norme del Consiglio oleicolo internazionale e del’Unione europea. Non si tratta infatti solo di un assaggio “tecnico” svolto da uno o due assaggiatori, ma di una procedura codificata, che coinvolge da 8 a 12 assaggiatori addestrati e tra loro armonizzati, che svolgono la prova isolati, in cabine singole, con tanto di analisi statistica dei dati ottenuti per valutare l’affidabilità dell’analisi. Le norme che disciplinano le operazioni di assaggio sono molto stringenti. Esistono poi procedure statistiche, uguali a quelle delle analisi chimiche, per valutare proprio la riproducibilità e ripetibilità della prova. Ancora, i comitati di assaggio ufficiali sono certificati Accredia al pari di un laboratorio chimico di analisi. Tutte queste regole, anche sulla base di un lungo lavoro scientifico iniziato da un italiano, Mario Solinas più di trent’anni fa, garantiscono proprio l’oggettività del risultato del panel test.
Non è poi possibile rietichettare un olio in commercio. Il responsabile del prodotto (la cui ragione sociale compare in etichetta) garantisce che lo stesso mantenga le caratteristiche indicate in etichetta fino al termine minimo di conservazione indicato. Se un olio, nel corso del periodo di conservazione, non fosse più conforme alla categoria commerciale dichiarata (olio extra vergine di oliva) il responsabile del prodotto va incontro, qualora scoperto, a sanzioni pecuniarie e anche a un’accusa penale (frode in commercio). Se il responsabile del prodotto ritiene, sulla base di un proprio autocontrollo, che l’olio non abbia più le caratteristiche dichiarate, l’unica opzione è procedere al ritiro volontario dal commercio del lotto “incriminato”.
Cordiali saluti
Alberto Grimelli
Le norme non sono “stringenti”, sono rigide, severe, ma di certo non convincenti, persuasive o serrate.
L’olio più premiato e fresco dopo 6 mesi di scaffale può perdere la sua prerogativa
1 L’olio decade rapidamente (questo si che non ce lo dicono, MAI) In 6 mesi perde metà dei polifenoli, quindi ce li siamo quasi sempre persi.
2 Andrebbe riparato dalla luce
3 andrebbe conservato a 15-16 gradi..
Posso consigliarvi di cercare l’indicazione “campagna olearia….” in etichetta, deve essere indicato l’anno corrente per esigere un prezzo alto.
Una cosa che non piace è che il consumatore prenda l’olio da 5-6 euro per cucinare, secondo gli esperti si dovrebbe cucinare con olii da 15 euro. Io dico meglio quello che l’olio di oliva a solo un euro in meno o altri oli di semi raffinati.
Stamane ho dato un’occhiata ai prezzi a scaffale, siamo arrivati a 27 euro il litro (non lo comprerei di certo conservato in quel modo).
Sarebbe bello sapere i marchi in cui ciò accade
È inutile se costa poco non è garantito
Nicoletta, Mi permetto di dissentire il prezzo può fare la categoria ma non la qualità sullo scaffale che è formata da quanto ho esposto sopra, il prezzo c’entra nulla.
Se il prezzo di vendita non è superiore ai 10 euro x litro non bisogna comprarlo.
Mi sembra di percepire una regola: se l’olio evo costa poco, sicuramente non è evo100%, se costa più di 8 euro ce la giochiamo a dadi …
Solo la prova di assaggio è quella discriminante? A me il gusto amaro di fondo non piace affato, per il resto se l’olio passa tutti gli altri test non sarà certo un panel test a pregiudicare un prodotto.Io ho fatto il corso SISS (Società italiana scienze sensoriali) per rendermi conto di cosa si tratta, ma si sta cercando di trasformare in una scienza esatta ciò che non lo è.