È praticamente sparito dagli scaffali dei supermercati, ma non dalle nostre vite e dalle nostre auto: l’olio di palma continua infattia essere usato in grandi quantità per la produzione di biocarburanti destinati ai settori dei trasporti e dell’energia. Lo ricorda un dossier di Legambiente dal titolo emblematico: “Più olio di palma nei motori che nei biscotti”. Il documento, basato sui dati diffusi dal rapporto della Ong Transport&Environment, fa il punto sul consumo di oli vegetali a scopi energetici in Europa e soprattutto in Italia, che con le sue 840 mila tonnellate usate nel 2019 è il terzo stato membro (dietro a Spagna e Paesi Bassi) per consumo di olio di palma nella produzione di biocarburanti.
“Mentre sulle confezioni o sui siti web dei prodotti alimentari o dei detergenti e dei cosmetici è riportata la loro composizione – spiega Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente – i distributori di carburante o i produttori di energia elettrica che bruciano olio di palma lo nascondono nella migliore delle ipotesi, giustificano il sovraprezzo propagandando caratteristiche genericamente green, rinnovabili o vantaggi ambientali inesistenti.”
Secondo le stime di Legambiente basate sui dati del Gestore Servizi Energetici, nel 2019 gli automobilisti italiani hanno pagato circa 300 milioni di euro per l’olio di palma nel biodiesel. I consumatori e l’industria, inoltre, con la bolletta elettrica sborsano una quota extra per i biocombustibili, derivati per il 69% da olio di palma e di soia (anch’esso fonte di deforestazione), pari a quasi 600 milioni di euro complessivi. In totale, afferma Legambiente, gli italiani “hanno speso quasi 900 milioni di euro per sussidiare legalmente importazioni e combustione inquinante di oli alimentari importati (solo palma e soia).”
Un greenwashing che per 10 anni è stato consentito dalla direttiva europea sulle energie rinnovabili (Red) del 2009, che nel settore dei trasporti non ha fissato adeguati criteri di sostenibilità delle materie prime, lasciando le porte aperte all’olio di palma e altri grassi alimentari fonte di deforestazione, come appunto quello di soia. Ora, una revisione della normativa (RedII) vieterà l’uso del grasso tropicale, ma solo a partire dal 2030, mentre fino al 2023 sarà consentito usare per i biocarburanti le stesse quantità di olio di palma utilizzate a questo scopo nel 2019, quando il 67% delle importazioni europee sono state destinate a carburanti ed energia. Uno quota che nel caso dell’Italia sale al 70%.
Secondo i calcoli di Transport&Environment, nel 2019 gli automobilisti e i conducenti europei hanno bruciato 22 volte più grasso tropicale di quanto ne abbia usato Ferrero, 15 volte più di quanto impiegato dalla Mondelēz e quattro volte più di quanto utilizzato dalla multinazionale Unilever. Si tratta di 4,5 milioni di tonnellate di olio di palma (di cui almeno 584 mila solo in Italia) andato in fumo, e con esso spesso anche le foreste tropicali. Soprattutto quelle di Indonesia e Malesia, dove si trovano le maggiori piantagioni del mondo, che hanno visto la scomparsa di 33 milioni di ettari di foreste e torbiere negli ultimi 20 anni.
Legambiente ha lanciato una petizione per chiedere all’Italia di fare di più, eliminando fin da subito l’olio di palma dai biocarburanti, senza aspettare il 2030, e vietando anche l’uso dell’olio di soia, causa di deforestazione soprattutto in Sudamerica. Clicca qui per firmare la petizione.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Non c’è problema per paesi produttori di Palma sen non avete importato, perché fra poco usano loro internamente produzione ed evitare l’importazione combustibile dall’altra paesi.
Poi, tocca loro di dirigere mercato …. visto dall’ olio di palma potranno fare molte cose che servono per l’umanità
Questo il gioco da riccordare
https://cordis.europa.eu/article/id/25382-biofuels-for-transport-provide-a-rosy-future-according-to-draft-report/it
Secondo la Commissione Europea si prevede un futuro roseo per i biocarburanti nel prossimo futuro con aumento di consumi per accresciuti volumi di merci movimentate e in sostituzione degli idrocarburi, di per se fatto positivo.
Se le pratiche utilizzate dai paesi produttori di palma sono riprovevoli ( benché i paesi siano sovrani e liberi di coltivare ciò che vogliono) però forniscono prodotto a buon mercato, volendoci rinunciare da previsioni riportate l’Europa dovrebbe destinare una quota sostanziosa di terreno per la coltivazione della colza e similari, bisognerà vedere se saremo capaci e a quale prezzo, avendo a che fare in casa nostra con desertificazioni, perdite di fertilità ecc.ecc.
Peccato che invece di continuare a trasportare su gomma, evidentemente in ossequio ai costruttori di auto e camion, si sia permesso senza grossa opposizione di essere in ritardo di almeno 15 anni sulla realizzazione delle infrastrutture ferroviarie ad hoc in tutta Europa ed altre opere che spazzerebbero via dalle strade decine di migliaia di inquinatori, ma noi preferiamo continuare oggi a mettere la polvere ( di diesel e benzina ) sotto il tappeto.
La campagna vincente contro l’uso dell’olio di palma nell’alimentazione non è stata per vietarlo, bensì per indurre i consumatori a scegliere prodotti senza. Perché non si fa lo stesso per i carburanti?