Dopo tre anni e mezzo di dolorosi travagli, il 6 luglio è finalmente venuto alla luce il nuovo regolamento UE sulle etichette dei prodotti alimentari. L’Assemblea plenaria ha ratificato l’accordo – realizzato il 22 giugno tra i suoi rappresentanti e quelli di Consiglio e Commissione – con 605 voti a favore, 45 contrari e 26 astensioni. Soddisfazione generale, con un filo di amarezza per non aver potuto colmare lacune come l’ingiustificata deroga da molte informazioni obbligatorie per gli alimenti pre-confezionati nei supermercati.
Siamo andati a Strasburgo, per raccogliere le prime dichiarazioni degli eurodeputati che hanno avuto un ruolo-chiave nell’elaborazione del dossier. “Abbiamo lavorato più di tre anni sulla proposta, nel corso di due legislature, discusso e negoziato circa 3000 emendamenti, analizzando ogni aspetto delle informazioni destinate al consumatore – spiega la relatrice Renate Sommer (Gruppo Popolare Europeo, delegazione tedesca). Il risultato è positivo, perché questo regolamento darà la possibilità di ricevere una migliore informazione sui prodotti alimentari. Non solo: il testo garantisce una maggiore certezza giuridica a tutti gli operatori della filiera, e tiene conto delle esigenze delle imprese medie e piccole che caratterizzano il tessuto imprenditoriale europeo. Gli oneri burocratici a carico di queste imprese sono stati ridotti, grazie all’armonizzazione delle norme in un unico regolamento che entrerà contestualmente in vigore nell’intero Mercato unico, e grazie anche a specifiche esenzioni a favore dei prodotti artigianali.”
Soddisfatto anche Paolo De Castro, già ministro italiano dell’Agricoltura e ora Presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, che si può ritenere uno dei padri fondatori della nuova norma. “Questo regolamento segna un importante passo avanti nel diritto alimentare europeo perché offre più trasparenza e maggiori informazioni ai consumatori. Si prenda l’esempio degli oli vegetali: d’ora in avanti sull’etichetta sarà indicata la natura specifica degli oli impiegati nelle produzioni alimentari, che si tratti di oliva, di soia, di palma o altri. Abbiamo introdotto l’indicazione obbligatoria d’origine per tutti i prodotti freschi, in particolare per le carni suine, di pecora e di capra, di pollame.
Con l’unica nota dolente legata a un errore tecnico che cercheremo di correggere presto, la mancata estensione di tale obbligo alle carni di coniglio. Per quanto riguarda il latte fresco e la passata di pomodoro, ricordiamo che l’indicazione dell’origine è già prevista in Italia come obbligatoria. Ricordiamo che, nel vivace dibattito di questi anni, siamo riusciti a evitare il sistema dei semafori sulle etichette proposto dai Paesi del Nord Europa. Siamo riusciti a garantire che il consumatore possa ricevere informazioni obiettive sulle caratteristiche nutrizionali dei prodotti senza classificazioni correlate ai colori che avrebbero potuto pregiudicare alcune delle nostre migliori produzioni senza alcun senso..”
Il risultato è complessivamente favorevole, considerate anche le difficoltà di raggiungere un accordo tra quasi 800 parlamentari europei di 27 Paesi. Il compromesso democratico del resto, come insegnava John Maynard Keynes, non può considerarsi tale, se non residui un margine di insoddisfazione in ciascuno dei rappresentati. Un particolare ringraziamento va alla Rappresentanza italiana che ha saputo portare a termine con equilibrio questa norma: in prima linea Paolo De Castro, Vittorio Prodi e Mario Pirillo dell’area socialista e democratica, Giovanni La Via, Elisabetta Gardini e Salvatore Tatarella dell’area popolare, Giommaria Uggias per l’Alleanza dei Democratici e Liberali, Oreste Rossi e Giancarlo Scottà del Gruppo “Europe of Freedom and Democracy”.
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Avvocato, giornalista. Twitter: @ItalyFoodTrade