Arriva “Coca-Cola life” col tappo verde: la moda dei prodotti “naturali” colpisce la bevanda più famosa del mondo, seguita da Kraft, McDonald’s…
Arriva “Coca-Cola life” col tappo verde: la moda dei prodotti “naturali” colpisce la bevanda più famosa del mondo, seguita da Kraft, McDonald’s…
Agnese Codignola 3 Luglio 2013Mangiare e bere naturale è una tendenza dei consumatori di tutto il mondo che le multinazionali cercano di sfruttare proponendo nuovi prodotti salutistici, soprattutto nei settori più critici come le bevande zuccherate e i fast food.
Una delle aziende attenta a questi mutamenti è Coca-Cola, che nei giorni scorsi, come riferisce Beverage Daily ha lanciato in Argentina la versione Coca Life, con tanto di tappo ed etichetta di colore verde scuro. La vera novità è il dolcificante scelto (in parte zucchero e in parte stevia) che permette di dimezzare le calorie rispetto alla versione classica. Ma quello che conta di più è la scelta di pubblicizzare la bevanda come prodotto naturale. Per il lancio è stata scelta l’Argentina, paese nel quale il colosso di Atlanta ha circa la metà del mercato, contro il 16% della Pepsi.
La Coca-Cola impiega già la stevia in 45 diversi prodotti tra i quali una versione di Fanta. Finora però l’utilizzo prevalente era stato nei succhi di frutta, perché nelle bevande gassate il dolcificante non sembrava assicurare risultati soddisfacenti. Ora sarebbero stati modificati alcuni processi produttivi, fino a ottenere un prodotto ritenuto in grado di reggere il mercato. L’azienda non ha reso noto il lancio eventuale in altri paesi, ma ha ricordato la storia della Coca-Cola Zero, introdotta nel 2005 in Australia e dopo nel resto del mondo. La Pepsi Cola si è dimostrata più scettica, sostenendo che , la stevia nella cola non dà una buona resa, anche se viene impiegata nella versione australiana della Pepsi, chiamata Next.
Il settore delle bibite non è l’unico a muoversi verso prodotti che in qualche modo vengono poi pubblicizzati come naturali. Dell’argomento parla anche la rivista Time, facendo diversi esempi di questa strategia commerciale.
McDonald’s ha modificato l’aspetto del sandwich per la colazione. Nella versione precedente, chiamata EggMcMuffin, l’albume cotto aveva una forma perfettamente circolare, mentre in quella attuale, chiamata Egg White Delight McMuffin, la forma è diventata irregolare e simile a quella che si ottiene cuocendo un uovo a casa.
Un altro colosso, la Kraft Foods, ha impiegato oltre due anni a sviluppare un metodo per ottenere fette di tacchino irregolari, per farle sembrare tagliate a mano e non affettate meccanicamente. E, ancora, la catena di pizza Domino’s, ha invitato i propri dipendenti a non preoccuparsi più di tirare la pasta in modo da ottenere teglie dalla forma rettangolare: qualche imperfezione, hanno ricordato i vertici, aiuta la vendita.
Secondo Time, gli americani continuano ad amare molto sia i pasti pre-cucinati sia il fast food, ma mostrano sempre più spesso di preferire tutto ciò che appare naturale e non industriale, ovvero fatto a mano, percepito come più sano e autentico. Il risultato più evidente è il tentativo delle aziende di ottenere prodotti non standardizzati, che ricordano le pietanze casalinghe. Secondo Euromonitor International, negli ultimi cinque anni l’industria del cibo confezionato negli Stati Uniti è cresciuta del 14%, toccando la cifra record di 392,5 miliardi di dollari, e quella specifica del fast food è aumentata del 13%, arrivando a 225,6 miliardi di dollari. In molti casi però l’aspetto dei prodotti è stato modificato per conferire un aspetto più “naturale”.
Molti commentatori hanno fatto notare che si tratta soltanto di un maquillage commerciale; tra questi Michele Simon, avvocatessa di alcune associazioni di consumatori e autrice del libro: “Appetite for Profit: How the Food Industry Undermines Our Health and How to Fight Back“, che ha dichiarato a Time: «Tutto ciò non cambia il fatto che gli alimenti restano dei prodotti industriali e le aziende usano questi trucchi per ingannare il pubblico».
Agnese Codignola
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Foto: Cocacoladeargentina.com.ar
Giornalista scientifica
Onestamente faccio fatica a capire il nesso tra il cambio di ricetta della coca-cola e il cambio di aspetto dei prodotti delle altre multinazionali citate. Nel primo caso si tratta di un effettivo cambio di ricetta che ha portato, stando a quanto citato, all’effettivo dimezzamento delle calorie(lascio ai più esperti il compito di discutere sull’utilizzo della stevia o meno). Negli altri casi si tratta semplicemente, suppongo, di modifiche alle tecnologie produttive. O almeno questo è ciò che si evince dall’articolo. Non trovo pertinente il commento dell’avocatessa che chiude l’articolo, se riferito anche al caso di Coca Cola.
Quello che l’avv.ssa ha voluto segnalare ai consumatori, è la tendenza ormai generalizzata di spacciare per naturale (green) o addirittura fatto a mano, un prodotto al quale si è apportato una piccola modifica estetica, o di un singolo ingrediente come la Cola, per tentare di spacciarlo per naturale (tappo verde perché c’è un poco di Stevia?), ridicolo e truffaldino.
Loro ci provano, ma sta a noi reagire, non solo per ogni espediente, ma in generale per come ci valutano.
Rispetto la sua opinione, ma non la condivido. Come ho scritto poco sopra, se il discorso regge per gli altri prodotti menzionati, non si può dire che dimezzare le calorie cambiando un singolo ingrediente sia una modifica estetica o una variazione da poco. Per questo sostengo che il riferimento non sia pertinente.
Poi, spacciarla per naturale: per quel poco di spagnolo che conosco non è quello che c’è scritto sull’etichetta. Se poi vogliamo discutere sul colore verde…vietiamone l’uso allora…
Vede Alessandro, il problema non è il diritto d’esclusiva del colore verde, perché a questo ci ha già pensato chi ha progettato il creato, dando colori in dotazione che si replicano da sempre immmodificati.
Se c’è un problema è il tentativo degli esperti di marketing di farci vedere con il nostro inconscio istintivo, fili d’erba ricchi di vita in una bottiglietta d’acqua con ingredienti, coloranti e conservanti che di madre terra, hanno solo “tracce” di lontana origine.
Poi rispetto i suoi gusti e condivido il piacere per una bibita digestiva, creata per questo scopo, dolcificata in eccesso all’origine dell’industrializzazione e non per illuderci di consumare secondo natura.
In tutta onestà sono convinto che se la stessa operazione fosse stata fatta da un’azienda diversa da Coca Cola o da quelle che si portano dietro un’aura negativa la reazione sarebbe stata ben diversa e non avremmo articoli di cui discutere.
Torno a dire, perchè non mi sono convinto del contrario che non si possa paragonare un cambio di ricetta tutt’altro che marginale al fatto di modificare una macchina per ottenere un taglio di fette di tacchino irregolare. Metterle nello stesso articolo, e commentarle allo stesso modo mi sembra poco corretto dal punto di vista dell’informazione.
Partire dal presupposto che le aziende (certe aziende) abbiano come scopo primario quello di “fregarci tutti” è, innanzitutto sminuente verso l’intelligenza dei consumatori e certe volte ai limiti della paranoia. Senza offesa per nessuno, sia chiaro.
Qui si combatte la battaglia contro i soft drink: ottimo e condivisibile. Poi Coca Cola offre una bevanda che ne dimezza le calorie….e non va bene, perchè l’etichetta verde farebbe intendere al consumatore di “bere naturale”!? Si fa un processo (soggettivo) alle intenzioni piuttosto che soffermarsi sul dato di fatto (oggettivo), della diminuzione dell’apporto calorico.
E, a scanso di equivoci, io bevo solo acqua naturale…
Il problema di fondo è quello di non bere bevande zuccherate a tavola, ma solo in poche occasioni particolari. In realtà Coca Cola nelle sue ultime campagne pubblicitarie cerca di invitare la gente e i bambini a bere la bevanda durante i pasti.
Seguo abbastanza regolarmente il portale. So quali sono le “battaglie in corso”.
Ma non si possono sempre tirare in ballo ogni volta che si menziona Coca Cola. Qui si sta parlando di una nuova versione con etichetta verde che è stata a mio avviso erroneamente paragonata ad altre “innovazioni” da parte di altre aziende. E ho spiegato le mie ragioni. Questo è quello che contesto dell’articolo, ma non so più come scriverlo. Il fatto che non si dovrebbe bere Coca Cola a tavola è sacrosanto, ma in questo caso non c’entra. Ci sono già numerosi articoli in cui il Fatto Alimentare lo sostiene, non c’è bisogno di parlarne anche qui, quando il soggetto della discussione è diverso.