A New York City il 42% del pesce venduto non corrisponde a quello indicato in etichetta. Indagine del Procuratore generale dello Stato
A New York City il 42% del pesce venduto non corrisponde a quello indicato in etichetta. Indagine del Procuratore generale dello Stato
Beniamino Bonardi 9 Gennaio 2019Più di un quarto del pesce venduto nei supermercati dello Stato di New York ha un’etichetta sbagliata, frutto di frode deliberata o di errore. Lo rileva un rapporto pubblicato dal Procuratore generale dello Stato di New York, Barbara D. Underwood, al termine di un’indagine iniziata alla fine del 2017, che ha utilizzato il test del DNA sui campioni di nove tipi di pesce prelevati in 155 supermercati di 29 catene.
In alcuni casi, le percentuali di etichettatura non corrispondente al pesce effettivamente venduto sono particolarmente alte, con punte dell’87,5% nel caso della sogliola limanda e del 67% per il dentice. Nel caso del salmone selvatico, il 27,6% delle etichette risultava apposto su salmoni di allevamento, che sarebbero costati il 34% in meno ai consumatori.
La percentuale di errori di etichettatura è particolarmente alta a New York City, dove raggiunge il 42,65% dei campioni testati, e a Long Island, dove si è registrato il 40,63% di etichette sbagliate. A cinque catene di supermercati, dove la percentuale di etichette errate ha superato il 50%, sono state inviate lettere di richiamo e potrebbero essere sanzionate.
Il Procuratore generale dello Stato di New York sottolinea come i pesci effettivamente venduti al posto di quelli indicati in etichetta siano “in genere specie più economiche, meno desiderabili”, che alle analisi hanno mostrato “livelli di mercurio più elevati o che provenivano da attività di pesca meno sostenibili rispetto alle specie previste, sollevando problemi di sicurezza per i consumatori e di sostenibilità ambientale”.
L’iniziativa del Procuratore di New York è venuta dopo gli allarmanti rapporti dell’organizzazione ambientalista Oceana, che dal 2011 sta conducendo una campagna globale sulle frodi nella commercializzazione del pesce. Tre anni fa, le analisi di Oceana avevano indicato come il 30% del pesce servito nei ristoranti, mense e sushi bar di Bruxelles non corrispondesse a quello ordinato. Nelle mense del Parlamento Europeo e della Commissione Ue la probabilità di trovare nel piatto un pesce diverso rispetto a quello ordinato saliva al 38%.
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