New York ha iniziato la guerra contro le bibite servite in formato extra large. Salvo eventuali intoppi legali, dal 12 marzo 2013 ristoranti, fast food, impianti sportivi e tutti i rivenditori pubblici di bevande, con l’eccezione di alcuni ipermercati e negozi aperti tutta la notte come i 7Eleven, non potranno più vendere bevande gassate e zuccherate in versione “big”.
Le porzioni non dovranno superare le 16 once, cioè circa 473 ml (quasi mezzo litro), mentre al momento il formato più gettonato è quello da 20 once (592 ml). Il New York City Board of Health ha infatti approvato, con otto voti favorevoli e un astenuto (su nove totali), la proposta avanzata qualche mese fa dal sindaco Michael Bloomberg, che ha fatto delle battaglie a favore della salute dei suoi concittadini un elemento qualificante del suo mandato.
La norma prevede l’esenzione per le bibite dolcificate, quelle a base di latte (compresi i milkshake, pieni di zuccheri) e di frutta, ma impone a tutti i distributori di offrire ai clienti unicamente bicchieri della capienza massima di 16 once. Dopo qualche mese di tolleranza, chi infrangerà le nuove norme potrà essere multato con un’ammenda di 200 dollari. Naturalmente, nessuno vieta ai clienti di acquistare più bicchieri da 16 once, ma si spera che pochi lo facciano.
Da quando nel giugno scorso è stata fatta la proposta (vedi ilfattoalimentare.it) gli oppositori, riuniti nella New Yorkers for Beverages Choices, una lobby di consumatori finanziata dai produttori, hanno intrapreso una campagna pubblicitaria costata già oltre un milione di dollari. E’ stato finanziato anche un sondaggio secondo cui sei cittadini della Grande Mela su dieci sarebbero contrari al provvedimento, perché lederebbe la libertà di scelta. Dal canto loro, gli uffici legali sono al lavoro per tentare si bloccare il provvedimento.
Anche le associazioni come quella dei gestori dei teatri e cinema hanno fatto qualche calcolo: in media – dicono – un newyorkese va al cinema 4 volte l’anno e consuma, in totale, due bibite, il che equivale a due mega bicchieri ogni 12 mesi. Che influenza può avere togliere questi due bicchieri dalla dieta se non si incide anche su ciò che i cittadini fanno negli altri 363 giorni? Dello stesso tipo la motivazione del membro astenuto del board, Sixto Caro, past president della Spanish American Medical Dental Society, che considera un provvedimento isolato inefficace, e invita ad una strategia più complessiva contro l’obesità.
Altre motivazioni puntano sulla discriminazione: perché – dicono i produttori di bibite – non vietare anche le caramelle, i dolci e tutto ciò che contiene zucchero?
Sul fronte opposto, i numeri dell’obesità sono impietosi. Oggi metà degli abitanti di New York è obeso o in sovrappeso, come pure il 40% dei bambini e ragazzi di età compresa tra i 5 e i 15 anni; tradotto in decessi (legati a patologie connesse), la cifra è impressionant. In città, 5.000 persone perdono la vita ogni anno a causa dei chili di troppo, alimentati anche e soprattutto dalla pessima abitudine di accompagnare la maggior parte dei pasti e degli spuntini con e bibite zuccherate. Secondo un’analisi della letteratura scientifica fatta dal Board, più del 43% degli zuccheri ingurgitati ogni giorno dai newyorkesi deriva dalle bibite. Per questo i conti da fare sono altri, e piuttosto semplici: un bicchiere da 20 once equivale in media a 240 calorie, uno da 16 a 200; per chi beve almeno una bevanda zuccherata al giorno, sostituire le megaporzioni con quelle leggermente più piccole (comunque da quasi mezzo litro) significa evitare di assumere 14.600 calorie in un anno, pari a 70 tavolette di cioccolato al latte, cioè evitare di aumentare di almeno due chili.
I sostenitori dell’iniziativa, poi, già vedono l’effetto a cascata: come avvenuto per il divieto di fumo nei locali e nei parchi, per quello di utilizzare gli acidi grassi trans nelle catene di ristoranti, per l’obbligo di indicare calorie e composizione sui menu e per il più recente dei provvedimenti di Bloomberg, ossia il divieto di dare latte artificiale ai neonati nelle nursery, se non in caso di conclamata necessità, per incentivare l’allattamento al seno. Si spera che l’idea venga copiata e trasferita in altre realtà, fino a diventare una legge nazionale. Tra di loro vi sono ben 32.000 tra medici, ricercatori e semplici cittadini, che hanno inviato al Board commenti favorevoli, mentre 6.000 si sono dichiarati contrari.
Agnese Codignola
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Plaudo all’iniziativa; anche da noi in Italia la proposta di tassare le bibite zuccherate sarebbe stata un’ottima pensata. Speriamo che prima o poi, magari sull’onda di provvedimenti analoghi in altri paesi d’Europa ci si arrivi anche qui.