Con l’arrivo della bella stagione è molto facile imbattersi, durante una passeggiata nella baia di San Francisco, nelle bancarelle di uno degli innumerevoli farmers’ market, dove il mantra ricorrente è: Buy Local! In un’America che viene percepita molte volte, nell’immaginario collettivo, come il paese dei fast-food o dei campi di mais OGM, questi mercati settimanali di produttori locali sono una bellissima eccezione. Se ne possono contare ben 72 che si svolgono durante tutto l’arco dell’anno e 51 a carattere stagionale (generalmente nel periodo primavera-estate).
Non bisogna farsi ingannare, però, dagli aspetti di puro folklore: oltre la facciata dei prodotti locali e tipici c’è una sapiente azione di marketing. Dopo l’ultima crisi di sovrapproduzione di grano, che ha colpito ciclicamente gli Stati Uniti negli anni ’80, molti agricoltori californiani decisero di abbandonare la monocoltura e di diversificare e valorizzare le loro produzioni. In tanti abbracciarono anche l’agricoltura biologica. Altri, osservando le comunità sul territorio hanno iniziato a produrre verdure e ortaggi tipici dell’Oriente, come il daikon (una specie di ravanello bianco gigante) o il cavolo cinese. In questo modo hanno coperto una parte del fabbisogno della comunità cinese di San Francisco, considerata una delle più grandi negli Stati Uniti.
Per un’azienda di piccole-medie dimensioni entrare a far parte di un circuito di distribuzione come questo, vuol dire ottenere una certa visibilità nei confronti del consumatore. I farmers market non sono un’insieme di bancarelle messe in fila con prodotti di stagione, ma un punto d’incontro tra produttori locali, spesso con certificazione biologica, e una comunità che vuole consumare del cibo in maniera attenta e sostenibile.
Nello stesso periodo in cui i contadini californiani cambiavano il loro modo di fare agricoltura, stava prendendo piede il movimento “Local”, composto da un folto gruppo di consumatori che predilige acquistare prodotti di stagione da aziende locali, svincolandosi da supermercati e ipermercati che in America propongono prodotti di scarsa qualità a prezzi stracciati. Non pensiamo si tratti di quattro hippies nostalgici: al Ferry Plaza Farmers Market di San Francisco – uno dei posti più turistici della città – si registrano come 25.000 acquirenti alla settimana.
Quando i consumatori hanno cominciato a pretendere maggiori informazioni sulla provenienza e sulla modalità di produzione del cibo, il sistema alimentare ha risposto favorendo la crescita dei farmers market.
Questi consumatori hanno riscoperto non solo il valore dei prodotti di stagione locali, ma anche il piacere del rapporto diretto con il signore dell’azienda agricola che gli vende i prodotti, come avviene anche in certi negozi specializzati in alimenti biologici. Può sentire la storia che c’è dietro al cibo evitando di comprare prodotti anonimi. Oltre all’offerta di frutta e verdura si possono trovare spesso anche prodotti artigianali come pane, olio e miele e non mancano i commercianti che offrono cibi pronti ispirati alla cucina tradizionale messicana (tamales, burritos…) o alla più moderna cucina vegana.
Il cittadino americano può trarre solo dei vantaggi da un fenomeno come questo, comprando prodotti freschi e molte volte certificati bio. Naturalmente bisogna anche essere attenti ai prezzi: un fascio di asparagi al Ferry Plaza Farmers Market può costare anche 9.00 $ contro i 4.00 $ che si possono spendere in un altro mercato.
Alessandro Tarentini