
Il cervello di un adulto contiene in media una quantità di plastica, in forma di nano- e microplastiche, di circa dieci grammi, equivalente a un cucchiaino o a una matita. Questo l’esisto abbastanza scioccante di uno studio pubblicato pochi giorni fa su Nature Medicine dai ricercatori dell’Università del New Mexico di Albuquerque, che hanno analizzato i campioni autoptici di cervelli, reni e fegato di 28 individui. In più, i valori sono in netto aumento (del 50%) rispetto alle rilevazioni precedenti dello stesso gruppo, risalenti al 2016, e le concentrazioni sono da tre a cinque volte superiori in chi sviluppa una demenza. Rispetto a fegato e reni, poi, quelle del cervello sono trenta volte più elevate.
Pochi giorni dopo un altro studio, per ora presentato solo a un congresso mostra, in base ai dati di oltre 218 contee di 22 stati americani, che le popolazioni che vivono sulle coste dove l’acqua contiene più nano- e microplastiche (NMP) hanno anche performance cognitive inferiori e rischio di disabilità cognitive più alto, rispetto a chi vive vicino ad acque meno contaminate. Tutto suggerisce quindi un possibile legame tra ingestione o inalazione e danni al cervello.
Sul primo lavoro torna ora un articolo di commento, pubblicato su Brain Medicine dai ricercatori dell’Università di Loma Linda (California), che concentrano la loro attenzione, in particolare, sulle fonti alimentari delle nano- e microplastiche.
Come limitare l’ingestione

Pensare di eliminare del tutto la plastica al momento è una prospettiva irrealistica. Tuttavia, molto si può fare per cercare di limitarne l’assorbimento alimentare, in vari modi.
- Bottiglie: una delle fonti principali sono le bottiglie di acqua. Passare da queste all’acqua del rubinetto significa abbattere di un numero che va da 4mila a 90mila il numero di MNP ingerire ogni anno.
- Alcol e pesce: sono altre due categorie tra le prime, in quanto “fornitrici” di NMP. Regolarsi di conseguenza.
- Riscaldamento in contenitori adeguati: un modo efficace per abbattere il numero di NMP presenti nel cibo è quello di evitare di scaldare gli alimenti conservati nella plastica. Un esempio? I filtri di tè appunto in plastica, che possono rilasciare, in una sola infusione, milioni di microplastiche e miliardi di nanoplastiche.
- Attenzione al forno a microonde: il riscaldamento nel forno a microonde è una delle fonti più potenti di NMP: i contenitori in plastica possono rilasciare fino a 4,22 milioni di MP e 2,1 miliardi di NP per centimetro quadrato in soli tre minuti.
- Conservazione in contenitori di plastica. Anche la conservazione in frigo è problematica, soprattutto se prolungata nel tempo: sarebbe meglio evitare, e preservare il cibo nel vetro, nella ceramica o nell’acciaio.
- La plastica è continuamente a contatto con il cibo, anche quando l’aspetto dice altro. Per esempio, tutto ciò che viene conservato in lattine è a contatto con rivestimenti pieni di bisfenolo A (BPA). Per assumere meno NMP si deve quindi evitare di consumare questo tipo di prodotti. Uno studio ha dimostrato che, dopo soli cinque giorni di zuppe in scatola, la concentrazione di BPA nelle urine aumenta del 1.000%.
- Prodotti ultra processati: gli alimenti ultra processati contenuti nella plastica contengono molte NMP. Per esempio, i nugget di pollo ne hanno una concentrazione per grammo che è in media 30 volte quella che si riscontra in un petto di pollo comprato crudo e cotto a casa. Come fanno notare gli autori, un altro studio ha dimostrato che rinunciare a 21,7 porzioni alla settimana di alimenti ultra processati (di solito contenuti in materiali plastici) significa avere un calo significativo della depressione. Ciò potrebbe essere dovuto ai benefici di una dieta più sana ma, forse, anche al fatto che il cervello con meno plastiche ha un livello più basso di infiammazione, condizione che sempre accompagna la depressione.
Come eliminare le microplastiche?
Non ci sono molte idee su come eliminare la plastica che si deposita nei tessuti, cervello compreso. Per il momento, ci sono solo indizi piuttosto deboli, come quelli ottenuti su una ventina di volontari sul fatto che il sudore possa aiutare l’escrezione del BPA. Tuttavia, gli studi finalizzati a comprendere meglio che cosa accada alle NMP presenti nel corpo umano sono stati pochissimi. Un dato autorizza a nutrire qualche speranza: finora, non è emersa una relazione tra la concentrazione di NMP e l’età. Il che significa che, in qualche modo, probabilmente, l’organismo si libera almeno di una parte delle MNP che assume.
Inoltre, esperimenti condotti sui pesci hanno mostrato che, diminuendo l’assorbimento, anche la concentrazione nel cervello scende: in 75 giorni di assenza di NMP, la quantità nel cervello crolla del 75%. Resta da capire se nel cervello umano accada la stessa cosa, fermo restando che, per un essere umano, è impossibile vivere in un ambiente realmente plastic-free. La seconda fonte di contaminazione è infatti l’aria, ormai intrisa di plastica in tutto il mondo. In media, un adulto respira fino a 62.000 NMP in un anno. I filtri HEPA rimuovono più del 99% delle particelle con diametro fino a 0,3 micron, ma non è ancora chiaro che conseguenze questo abbia sull’inalazione.
Pochi studi e metodologie inadeguate
In generale, come ha ricordato un articolo di Nature, se accertare la presenza di NMP è relativamente facile, e lo si fa sempre più spesso, sia nei tessuti biologici che nell’ambiente, studiare le conseguenze sulla salute umana non lo è affatto, e la riprova è la scarsità di studi. I polimeri sono centinaia, e a essi possono essere aggiunti migliaia di sostanze plastificanti e additivi per migliorare le performance o per altri motivi.
Capire che cosa accada quando questi polimeri, sempre in miscele e in forme diverse, entrino nell’organismo, è molto complicato, e non sempre esistono metodi per condurre test adeguati. In più, se per alcuni tessuti o tipologie di campioni come le urine o il sudore il reperimento è facile, per altri come il cervello è impossibile, fino a dopo il decesso. La strada da percorrere è quindi ancora molto lunga. Nel frattempo, meglio evitare il più possibile di mangiare e bere alimenti e bevande conservate nella plastica, e usare meno possibile contenitori in plastica, evitando sempre di scaldarli.
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Giornalista scientifica
Ma se la plastica non subisce riscaldamenti, fa migrare in ogni caso particelle contaminanti? Grazie e complimenti per il lavoro di informazione e divulgazione sempre accurato ed esaustivo
ATTENZIONE! Le Micropllastiche contenute in un pesce, principalmente nel suo tratto alimentare, che solitamente non viene neanche consumato, sono decisamente inferiori a quelle contenute in un boccata d’aria intrisa di microfibre sintetiche nella nostra camera da letto. Inoltre sono più pericolose le microplastiche o i prodotti naturali lavorati tipo le fibre di cotone o juta? O le microparticelle di carbone, pollini, e altri materiali organici naturali all’apparenza inerti e con comportamento simile a quello dei polimeri sintetici? Il problema è l’inquinamento da sostanze chimiche assorbibili da qualunque materiale organico tipo coloranti, additivi, stabilizzanti, colle, benzine, fisssativi e chi più ne ha ne metta. smettetela di demonizzare l’ingestione di cibo e di bevande se non volete un mondo di anorresici e depressi.
Lei ha effettuato degli studi al riguardo? Dobbiamo smettere di divulgare le notizie con i risultati degli studi scientifici?
Microplastiche in organismi marini e in ambiente aereo: possiamo annoverare una quantitata’ enorme di articoli. alcuni esempi coerenti con il tema trattato:
Wright, S. L., & Kelly, F. J. (2017). Plastic and human health: A micro issue? Environmental Science & Technology, 51(12), 6634-6647.
Prata, J. C. (2018). Airborne microplastics: Consequences to human health? Environmental Pollution, 234, 115-126.
Cox, K. D., et al. (2019). Human consumption of microplastics. Environmental Science & Technology, 53(12), 7068-7074.
Dris, R., et al. (2016). Synthetic fibers in atmospheric fallout: A source of microplastics in the environment? Marine Pollution Bulletin, 104(1-2), 290-293.
Galloway, T. S., & Lewis, C. N. (2016). Marine microplastics spell big problems for future generations. Proceedings of the National Academy of Sciences, 113(9), 2331-2336.
Assorbimento di POPs (Persistant Organic Polluttants) inn ambiente marino: Un enormita’ di articoli. Alcuni esempi coerenti con l’argomento trattato:
Corsolini, S., & Sarà, G. (2017). The trophic transfer of persistent pollutants (HCB, DDTs, PCBs) within polar marine food webs. Chemosphere, 177, 189–199. JOUR. https://doi.org/https://doi.org/10.1016/j.chemosphere.2017.02.116
Jiménez, J. C., Dachs, J., & Eisenreich, S. J. (2015). Chapter 8 – Atmospheric Deposition of POPs: Implications for the Chemical Pollution of Aquatic Environments. In E. Y. Zeng (Ed.), Persistent Organic Pollutants (POPs): Analytical Techniques, Environmental Fate and Biological Effects (Vol. 67, pp. 295–322). incollection, Elsevier. https://doi.org/https://doi.org/10.1016/B978-0-444-63299-9.00008-9
Galbán-Malagón, Cristóbal, et al. “The oceanic biological pump modulates the atmospheric transport of persistent organic pollutants to the Arctic.” Nature communications 3.1 (2012): 862.
Morales, L., Dachs, J., Fernández-Pinos, M.-C., Berrojalbiz, N., Mompean, C., González-Gaya, B., … Abad, E. (2015). Oceanic Sink and Biogeochemical Controls on the Accumulation of Polychlorinated Dibenzo-p-dioxins, Dibenzofurans, and Biphenyls in Plankton. Environmental Science & Technology, 49(23), 13853–13861. JOUR. https://doi.org/10.1021/acs.est.5b01360
Gioia, R. et al. (2011). Sources, Transport and Fate of Organic Pollutants in the Oceanic Environment. In: Quante, M., Ebinghaus, R., Flöser, G. (eds) Persistent Pollution – Past, Present and Future. Springer, Berlin, Heidelberg. https://doi.org/10.1007/978-3-642-17419-3_8
Etc. etc.
Cordiali saluti
Michele Torre
Perfetto. E quindi? Dovremmo smettere di dire che si trovano anche nei cibi solo perchè ci sono anche nell’aria? Questa rivista di occupa di alimentazione. Ci sono alimenti che sono più critici di altri e pensiamo che sia giusto informare le persone al riguardo. La presenza delle microplastiche è ubiquitario, è vero. Ma alcuni tipi di inquinamento favoriscono l’accumulo di questi contaminanti in determinati tipi di alimenti. Non riteniamo che diffondere i risultati degli studi crei allarmismo quanto piuttosto consapevolezza.
Gentilissima Agnese,
Ci tengo a precisare che non intendo assolutamente entrare nel merito delle vostre competenze scientifiche. Vorrei solo sottolineare che il problema dell’ingestione di microplastiche attraverso gli alimenti, in particolare tramite organismi marini come pesci e frutti di mare (largamente consumati dall’uomo), ha un impatto quantitativo nettamente inferiore rispetto alle microplastiche che ingeriamo quotidianamente nella nostra vita di tutti i giorni, attraverso l’aria e l’ambiente domestico, lavorativo e sociale (casa, ufficio, laboratori, luoghi di incontro, ecc.).
Inoltre, è importante considerare che i polimeri sintetici hanno la capacità di assorbire e trasportare inquinanti chimici ben più pericolosi dei polimeri stessi. Tuttavia, questa proprietà non è esclusiva delle microplastiche, poiché anche altri materiali naturali, organici e inorganici, possiedono caratteristiche simili. Per questo motivo, ritengo che la vera sfida sia ridurre in modo efficace e risolutivo la presenza di questi contaminanti nell’ambiente, intervenendo, ad esempio, sulla riduzione di colle, coloranti, additivi, combustibili fossili, ecc.
Ritengo quindi che gustarsi una buona frittura di pesce o un bel plateau di frutti di mare non sia affatto dannoso e che, anzi, comporti sicuramente meno rischi rispetto alle microplastiche che assorbiamo, ad esempio, quotidianamente, indossando capi in fibre sintetiche, come sciarpe o maglioni.
Concludo che, alla luce dei precedenti chiarimenti, l’affermazione che “Il pesce è una tra le prime categorie (a rischio) in quanto “fornitrici” di nano- e microplastiche” per altro inserita come didascalia in una bella fotografia di sardine, e’ sicuramente allarmistica e fuorviante.
Cordiali saluti,
Michele Torre, PhD, Idrobiologo
Mi scusi Valeria ma per sbaglio l’ho chiamata Agnese facendo riferimento all’autrice dell’articolo.
Buongiorno. Mi scusi leggo che lei è idrobiologo quindi sarà un esperto sull’inquinamento acquatico e in generale di questo argomento. Le chiedo come è possibile un’inversione di tendenza senza che noi consumatori come massa non cambiamo stile di vita, il modo di consumare di alimentarsi di muoversi. Solo così facendo potremo fare leva sul sistema produttivo e indurlo a un cambiamento plastik free. Come è possibile andare in un supermercato e su un carrello di spesa portarsi a casa mezzo di plastica? Non me lo chiedevo neppure io prima ma da qualche mese mi pongo questo problema assurdo: come fare la spesa senza plastica aggiunta. È veramente un’impresa quasi dell’impossibile ma si può fare, almeno su molte cose però ci vuole più tempo e porsi questo problema continuamente perché il packing ormai è ovunque ed è quasi sempre plastica. Io cerco di sensibilizzare nel mio piccolo ma le azioni individuali sono una goccia nell’oceano. Solo tutti insieme possiamo cambiare il nostro futuro. Scusi per la mia intromissione. Cordiali saluti, Michele
Grazie per le vostre informazioni
Ottimo lavoro. Le lobbies della plastica e petrolio sono una potenza che condiziona e pervade il mondo legata al fossile e sarebbe necessaria una svolta ancora lontana che non va trovata con il riciclo ma con un progressivo stop produttivo. …. Vi donero’ sicuramente qualcosa.Continuate!
Ciao, condivido ciò che dici, il riciclo alimenta solo un circolo vizioso, bisogna smettere di produrre polimeri e derivati da idrocarburi. Ma come è possibile ciò in un mondo dominato da lobby petrolifere e in una società totalmente dipendente e assuefatta da questo stile di vita dipendente dalla plastica? Per me ci sono due vie: una sono le leggi dello stato severe in materia per tutelare la salute pubblica, l’altra via siamo noi consumatori, la massa. Purtroppo gli stati non emanano leggi in materia per questioni varie, politiche, economiche, di interesse ecc..a meno che non si arrivi ad una emergenza sanitaria conclamata come una pandemia ma sarebbe troppo tardi. Rimaniamo noi, massa di consumatori l’unica via per cambiare le cose, noi con il nostro comportamento, le nostre scelte quotidiane, di consumare di fare la spesa di acquistare prodotti per la casa, la mobilità, l’uso dei mezzi per spostarci ecc. Per questo va è fondamentale la sensibilizzazione a tutti i livelli, scuola inclusa. Ti sei chiesto se è normale in un supermercato su un carrello di spesa portarsi a casa mezzo carrello di plastica. Bè non è normale, questo la gente deve capire, ma al momento non se lo chiede ed è totalmente inconscia di ciò che sta facendo, è in invischiata in un sistema senza apparente via di uscita. Se la gente se lo chiedesse, e iniziasse a scegliere prodotti plastic free senza imballaggi le cose cambierebbero costringendo i produttori a cambiare parking altrimenti le cose rimarrebbero sugli scaffali. Ma non basta una persona me o te deve essere la massa a cambiare altrimenti è una goccia nel mare. Tutti insieme possiamo cambiare il futuro, solo tutti insieme. Io cerco di sensibilizzare e spero le faccia na anche tu. Ciao e buona spesa.
Ottimo articolo grazie di tutto lo
Buongiorno e grazie innanzitutto per queste informazioni scientifiche che gettano purtroppo una luce inquietante sulle nostre vite e sul nostro futuro. La dipendenza dagli idrocarburi ci sta uccidendo lentamente e sta uccidendo l’ambiente in cui viviamo. Avevo già letto in merito a questo argomento che ormai è un vero allarme sociale anche se la divulgazione in merito a ciò si limita a riviste scientifiche o qualche piccolo spazio di trasmissione televisiva sempre piuttosto defilato quasi fosse un tabù da evitare. Mi scusi ma penso che non potremmo affrontare questo problema enorme se non con una presa di coscienza collettiva che spinga la società verso un radicale cambiamento di vita nei consumi e nelle abitudini quotidiane evitando il consumo e l’acquisto di plastica e derivati da idrocarburi spingendo così il sistema produttivo verso una nuova era green nel packing e nei settori industriali della costituzione e della mobilità. Sarebbero i governi a dover emanare le leggi a doc in materia ma come vediamo non vi è nulla di concreto, troppe divergenze politiche e interessi economici relativi alle industrie e al mondo del lavoro. Voi come divulgatori fate un buon servizio ma dovreste spingere sulle istituzioni e su chi si occupa della salute pubblica. Comunque solo noi massa di consumatori possiamo cambiare il nostro futuro e io nel mio piccolo cerco di sensibilizzare chi mi sta vicino o chi incontro.