
L’ultimo bollettino dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta segna il ritrovamento di 53 carcasse di cinghiali positivi alla peste suina africana (PSA) nelle ultime due settimane per lo più nel comune di Cerano nel novarese che ha registrato 51 casi di cinghiali positivi; e quest’area sembra avere molte criticità che difficilmente potranno essere risolte nel breve tempo.
Peste suina: l’esperto
“Il dato è poco rassicurante – precisa Alberto Laddomada*, un esperto della malattia – vuol dire che la PSA nei cinghiali non è affatto sotto controllo almeno nelle cinque regioni del nord-ovest interessate (Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana). L’epidemia continua a diffondersi gradualmente e non dà alcun segno di “scomparire” dalle zone in cui si è diffusa oltre tre anni fa. In Emilia-Romagna e Toscana si è presentata negli ultimi mesi anche a est dell’autostrada della Cisa, e nell’Appennino tosco-emiliano sarà molto difficile fermarla. Le poche barriere che si sono erette non coprono in modo adeguato viadotti e gallerie. Così come non si riesce a fermarla in altre zone collinari e montuose in tutto il nord-ovest e in pianura, nel parco del Ticino e nelle zone limitrofe. Le autorità svizzere temono che prima o poi arrivi persino in Canton Ticino”.
In effetti, il virus continua a diffondersi: l’ultimo ritrovamento di pochi giorni fa è stato fatto a Salsomaggiore a pochi chilometri da Langhirano in provincia di Parma, la zona vocata alla stagionatura del prosciutto. C’è di più: anche a gennaio di quest’anno, in provincia di Piacenza, sono stati abbattuti qualche centinaio di maiali in un allevamento di suini colpito dal virus.
Biosicurezza
“Siamo in presenza del picco primaverile di focolai nei cinghiali – continua Laddomada – già osservato negli anni passati. I numeri diffusi dall’IZS di Torino sono solo una conferma dell’andamento stagionale della peste suina. Ormai, si sa, la malattia fra i cinghiali si propaga nel territorio spostandosi di 20-30 km l’anno. Ma l’uomo può complicare la situazione, trasportando il virus a distanza, anche negli allevamenti suinicoli che non adottano le adeguate misure di biosicurezza.” Ormai il territorio interessato dalla PSA spazia da Novara, Vercelli, Milano, Alessandria, Genova, La Spezia, Pavia, Lodi fino a Piacenza, Parma e Massa Carrara; i maiali abbattuti negli oltre 40 allevamenti colpiti sono quasi 130 mila (fonte: Bollettino epidemiologico nazionale).

Quest’estate ci saranno nuovi focolai nei suini domestici e la situazione sarà peggiore dell’anno scorso? “Difficile dirlo – risponde Laddomada – purtroppo questi focolai estivi nei domestici si verificano già da molti anni in molti Paesi europei e le cause di questo fenomeno non sono ancora chiare”.
Ordinanze
E intanto la convivenza con la PSA diventa sempre più difficile in quanto le aree geografiche interessate dalla malattia (e dalle conseguenti misure restrittive, in particolare per gli allevamenti suinicoli, i macelli, gli stabilimenti di lavorazione delle carni, etc. ) continuano a espandersi. In risposta a questa situazione, il Ministero della Salute italiano ha emanato l’Ordinanza n. 6/2025 il 31 marzo 2025, prorogando le misure di eradicazione e sorveglianza della PSA precedentemente stabilite. L’efficacia dell’ordinanza è però limitata, lo dimostra il fatto che la malattia continua a diffondersi. E adesso la situazione è tale che un controllo adeguato del virus sembra un obiettivo irraggiungibile.
* Alberto Laddomada: ex dirigente della Commissione Europea per la salute animale ed ex direttore generale dell’Istituto Zootecnico Sperimentale della Sardegna, esperto virologo ed epidemiologo di lungo corso.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24