Mais contaminato da diossina: latte, uova, polli e carne di maiale e di bovini provenienti da allevamenti coinvolti non sono commercializzabili. Silenzio assordante del Ministro Beatrice Lorenzin
Mais contaminato da diossina: latte, uova, polli e carne di maiale e di bovini provenienti da allevamenti coinvolti non sono commercializzabili. Silenzio assordante del Ministro Beatrice Lorenzin
Roberto La Pira 24 Giugno 2014L’Italia è un paese strano, pronto a mobilitarsi per un lotto di falso Parmigiano, ma indifferente quando arrivano 26 mila tonnellate di mais contaminato da diossine distribuito in centinaia di allevamenti sparsi in tutte le regioni (tranne Sicilia, Basilicata e Sardegna). Il Ministero della salute, che ogni giorno diffonde 3-4 comunicati su svariati argomenti, ha dedicato a questa vicenda un annuncio molto sintetico giunto con nove giorni di ritardo. Anche Coldiretti, abituata a diffondere 3-4 annunci stampa al giorno, ha ignorato il problema, anche se migliaia di allevatori sono coinvolti. In fondo alla lista ci sono i giornali a diffusione nazionale, troppo distratti dai Mondiali e dalla politica per interessarsi del problema. Ma la diossina c’è, e il blocco di latte e uova proveniente da allevamenti di animali alimentati con questo mangime è in corso da venerdì 20 giugno. Più concretamente vuol dire che il latte deve essere trasformato in latte in polvere e le uova in derivati, in attesa di analisi che determinano la concentrazione di diossina.
L’altro aspetto poco conosciuto è che da due mesi ci sono migliaia di animali cresciuti con mangime alla diossina. Per questo motivo il Ministero della salute ha deciso cinque giorni fa che polli, maiali e bovini alimentati con razioni contenenti mais contaminato in misura superiore al 32% possono essere macellati, ma le carcasse devono essere sottoposte a vincolo sanitario. In altre parole la carne deve essere stoccata in celle frigorifero oppure congelata in attesa di analisi per verificare la quantità di diossina presente.
La questione non è proprio banale. Da un punto di vista istituzionale le autorità sanitarie stanno verificando l’entità della contaminazione e sono in corso analisi su 12 campioni di mais, per valutare la diffusione della diossina. È però inutile negare che il 70-80% del lotto di mais contaminato scaricato nel porto di Ravenna il 6 marzo 2014 è stato dato agli animali. Una parte della diossina è quindi filtrata sicuramente nel cibo che poi è stato venduto nei supermercati e consumato dai cittadini. Stiamo parlando di latte e uova, insieme a carne di pollo, di maiale e di bovini nutriti con questo mangime.
La situazione è cambiata da quando il sistema di allerta è stato attivato e tutte le regioni sono state informate. Il piano di emergenza messo a punto dal Ministero che Il Fatto Alimentare ha visionato prevede un primo esame di 12 campioni di materia prima contaminata per fare le prime valutazioni. La seconda fase prevede l’esame di 150 campioni di latte, uova e carne reperiti sul mercato per valutare la presenza di diossina sul prodotto al dettaglio.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Egregio Dott. La Pira,
prima di diffamare l’operato del Ministero della Salute,
La inviterei a consultare le “Linee guida operative sui criteri per i controlli dei prodotti provenienti da Paesi Terzi commercializzati sul territorio nazionale”.
Che nascono dall’esigenza di elaborare procedure univoche ed omogenee da mettere a disposizione di tutti i PIF al fine di una loro uniforme applicazione a livello internazionale.
http://www.salute.gov.it/portale/ministero/file/archivio%202013/nlinee%20guida%20procedure%20pif/NUOVOPROCEDURE2013.pdf
Non le conosoco, ma le può riassumere e spiegarci perché Pif e UVAC funzionano poco !
Di seguito Le riporto brevemente la procedura di un controllo analitico su merce non sottoposta a vincolo.
… Nel momento in cui il controllo analitico viene effettuato su una partita che rientra nel piano di monitoraggio (casuale), la merce può essere rilasciata senza che siano noti gli esiti delle analisi.
Nel caso che, il risultato sia sfavorevole, il veterinario dopo aver completato la procedura di inserimento ed invio dei risultati analitici nel sistema TRACES, deve contattare con la massima urgenza la UVL di destino ed il nodo regionale coinvolto informandoli dell’accaduto ed invitandoli ad attivarsi per rintracciare la partita ancora eventualmente sul mercato; analoga comunicazione deve essere immediatamente fatta all’importatore che è responsabile di ritirare dal commercio le merci, informato della loro pericolosità o non conformità. ….
caro antonio, difendendo il ministero della salute difende i politici, non certo la scienza!
piuttosto, mi risponda lei ad una mia (che poi è di tutti) domanda: perchè i controlli non vengono fatti preventivamente PRIMA della messa in commercio dei mangimi (magari subito dopo lo sbarco o anche prima)?